La finale di Champions, il Super Bowl, le World Series. Il mondiale dei pesi massimi è esattamente questo. È l’evento della boxe. Dai tempi di Ali, Frazier e Foreman sono cambiate tante cose, ma non questa: quando tocca ai colossi, il mondo si ferma per scoprire chi è l’uomo più forte del pianeta.
A distanza di un anno, i protagonisti sono ancora loro: la superstar inglese Anthony Joshua e il fenomeno ucraino Oleksandr Usyk.
L’anno scorso Joshua era il campione in carica e Usyk lo sfidante temerario, salito dai massimi leggeri per affrontare il Colosso; che fosse un fuoriclasse lo sapevamo, ma il vantaggio fisico di Joshua lo aveva relegato al ruolo di heavy underdog, come dicono in America. E invece, in dodici round sublimi, Usyk riuscì a scrivere l’ennesimo capolavoro.
Per questo, oggi, la situazione di partenza è ribaltata.
“Joshua può vincere solo con il colpo della domenica!” è la frase che si legge più spesso sui social in questi giorni.
Stabilire quanto sia vicina alla realtà non è così semplice. È vero, AJ ha dei limiti – perde sicurezza quando viene attaccato e fatica nei cambi di ritmo – ma è un pugile fisicamente spaventoso. Uno dei pochi che, quando riesce a scaricare la sua potenza, diventa devastante.
Lo scorso novembre, però, non ha trovato la strada giusta per farlo. “Troppo inferiore tecnicamente”, dicono in tanti; “strategia sbagliata”, risponde lui. Che infatti ha abbandonato il suo storico allenatore McCraken per ingaggiare Robert Garcia, sangue messicano e visione tattica iper-aggressiva. Lo scopo è chiaro: puntare tutto sul dono che madre natura gli ha dato. Spingere e caricare i colpi per fare danni. Mettere la tecnica – più buona di quanto gli viene riconosciuto – a servizio esclusivo della forza. Con tutti i rischi che ne derivano.
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E poi c’è il fattore mentale: in caso di vittoria, l’unificazione assoluta con Tyson Fury è possibilissima, nonostante le ultime malizie del “Gipsy King” sul tema ritiro/ritorno. Si tratterebbe di un derby da centinaia di milioni, oltre che di uno dei match più attesi dell’era moderna. Se però subisse la terza sconfitta – vi ricordate il disastro con Ruiz? – le conseguenze sarebbero pesantissime: tre indizi fanno una prova, e il ruolo di Joshua nella boxe perderebbe la sua centralità. La mia sensazione è che, se userà la pressione a suo favore, trasformandola in stimoli positivi, sarà un Joshua molto pericoloso. Se invece si farà schiacciare, rischia il crollo definitivo.
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E Usyk?
Classe e testa non si discutono. Così come le motivazioni, oggi più forti che mai. L’incognita, per lui, è il fisico: sembra molto più grosso rispetto alla prima sfida. L’impressione è che abbia costruito armi e armatura per archiviare la pratica prima del limite. Se la bilancia lo dovesse confermare, il fattore determinante diventerà la velocità: un Usyk più potente e ugualmente veloce, per Joshua, sarebbe un incubo. Se però Usyk sarà più lento, le dinamiche sul ring potrebbero essere molto diverse.
Stile, fisico, tecnica, potenza, strategia, punti di forza e di debolezza: nella Grande Boxe, le variabili sono tante. Tutto è analizzabile ma nulla è completamente decifrabile, fino a che non suona la campana e comincia la danza. Un solo colpo può cambiare la Storia!
Io e Alessandro Duran vi aspettiamo sabato sera: sarà un match imperdibile e abbiamo voglia di viverlo insieme a voi!