Ci è voluto un po'. Per sciogliersi, certo, forse persino per realizzare. Che quanto accumulato in cinque anni, tra vittorie e successi, tra sconfitte dolorose e percorsi da colline scoscese, non era finito in una banca dal prelievo immediato ma era stato già sepolto dall'ingombrante storia della Juventus (prima) e dal discorso di Andrea Agnelli (poi).
Quando Allegri ha parlato da nuovo allenatore della Juventus, nella conferenza stampa più gonfia d’attesa – per le tempistiche, ma non solo -, il livornese ha dimostrato d’aver colto e messo in cascina il primo obiettivo stagionale: lasciarsi alle spalle quel pezzo di carriera - e di vita - il prima possibile. Cominciare e non ricominciare dai cinque anni di successi. Allenare e provare a farlo in un ambiente, per lui, tornato stimolante.
Due anni fa, complicato immaginare la ripartenza lì dove c’era stato burrascoso addio. Poi è subentrato l’amore : e cosa vuoi dire all’amore?
Affetto e riconoscenza: Allegri, la scelta Juve
Tra i mille aspetti da chiarire, il primo ha sfiorato proprio l’area dei sentimenti: Agnelli ha ribadito il grado della sua scelta, aumentandolo a “sfida” ed eliminando chiacchiericci e riferimenti alle amicizie, che pure esistono. Allegri è lì perché è la sicurezza nella tempesta, sa essere faro e sa diventare nocchiere, specie per i più giovani. Nessuno come lui è vicino alla linea di pensiero della società, anche perché sono in pochi ad amare la definizione di “aziendalista” mentre Allegri la fa sua appena ha l’occasione. “Vincere e creare valore”, fa Max. Come una mission aziendale, appunto. Tutto il resto sarà tendenzialmente tattica, voglia di far bene, uomini .
Ecco, a proposito di uomini: l’entusiasmo , contagioso, è aumentato quando il discorso si è focalizzato sui calciatori. Oltre i totem, di Allegri colpisce la curiosità con cui sta approcciando le “ prime visioni ”. Parla di Rabiot come di un potenziale offensivo aggiunto – e quanti hanno fatto bene in quel ruolo, sotto la sua ala protettrice? -, di McKennie come un istintivo e con fiuto d’area. Nomina Chiesa prima di Dybala e Ronaldo e fissa l’obiettivo: bisogna fare 75 gol. Che è la media di due reti a partita, dunque un tratto di bel gioco. Attenzione, però. Prima d’infilarsi in strade già percorse e senza destinazioni, Allegri chiarisce subito: senza vittorie, conta tutto il giusto. E cioè niente.
Risate e scherzi, come ai vecchi tempi
Più che la teoria, conterà la pratica . Come sempre. E come recita la teoria del corto muso, citata da Agnelli, ribadita ancora una volta da Max: “L’importante è fare quel punticino, portare a casa lo scudetto”. Anche quest’anno - dice - ha vinto la miglior difesa; prima di pensare a come far giocare Ronaldo, Dybala, Morata e Chiesa insieme - fa capire - l’obiettivo sarà rimettere a posto i cocci di un reparto che può contare ancora su uomini e talenti. L'ha dimostrato anche negli ultimi Europei. Da martedì ritrova i nazionali, tutti. Anche il suo Chiellini e quel Leonardo Bonucci un po’ scalato in gradi e gerarchie: “I capitani li ho scelti in base agli anni di presenza. Bonucci se n’è andato e ha perso, si azzera”. La stoccata è nel finale: “La fascia? Se la vuole, la compra. Ma Leo lo sa". Vedremo le reazioni .
Dalla prossima settimana, la Juventus tornerà ad essere Juventus e si aprirà il periodo più delicato. Allegri avrà appena venti giorni per rimettersi in pista e ricominciare a costruire i propri muri cercando di abbattere quelli degli avversari. “Dal 22 agosto bisogna iniziare a vincere”, fa in tono sbrigativo e livornesissimo. Perché qui di tempo non ne perderà nessuno. Ancor meno i suoi colleghi, citati a uno a uno da Allegri. Che sembra lo studente più impaziente, con i compiti per le vacanze ormai finiti da un pezzo. E che teme il Milan di Pioli, cresciuto, oltre all’Inter di Inzaghi e il Napoli di Spalletti. Non sottovaluta la Roma , poi. Mentre Sarri non trova continuità nei suoi timori. Per il momento.
Gli uomini di Allegri
“Cercherò di non fare danni”, ha sorriso poi Max alla domanda sui cinque cambi. Ha lasciato un calcio profondamente diverso da quello che ha iniziato a vivere in questi primi giorni alla Continassa: due anni sono uno schiocco di dita nella storia, ma il calcio è un frullatore e chi resta ai margini fatica sempre a capire cos’accade nel recipiente. Ovviamente, servirà del tempo, anche e in particolare all’allenatore, apparso comunque consapevole di non poter perdere alcun treno. L’obiettivo è arrivare vivo ovunque, a marzo. Eventualmente provare a vincere tutto. Pure la Champions? Max lo chiama "desiderio" e sembra ben riposto nell'angolo del cassetto a cui non osi lanciare uno sguardo. Se si troverà, capiterà di lucidare persino quella parte.
Certo, gli servirà una grande prova di forza e di crescita dei suoi nuovi ragazzi, magari un paio di centrocampisti – la battuta sul “calciante destro” sembra vada in direzione Pjanic, su Locatelli un gentile “no comment” – e di sicuro il miglior Cristiano Ronaldo. I due si sono visti e naturalmente parlati e se “tre anni fa aveva una squadra esperta”, oggi CR7 ha una responsabilità maggiore. Allegri si aspetta che la prenda tutta in carico. E che illumini senza pretendere di essere costantemente illuminato.
Al suo fianco, Dybala dovrà garantire gol, giocate e il brivido in grado di cambiare le partite. Max l'ha visto carico e voglioso, già in forma dopo gli allenamenti a Miami e i primi al JTC. Soprattutto, gli ha riservato una carezza paterna, ricordando di averlo "lasciato ragazzo" e di averlo "ritrovato uomo". Dai più forti pretenderà tutto: Paulo è in quella cerchia lì. A giudicare dal sorriso di Allegri, stavolta sono entrambi ad averlo inteso per bene.
"Parla Allegri" è su DAZN
"Parla Allegri" è lo speciale disponibile sulla nostra piattaforma: Tommaso Turci ci racconta emozioni, parole e tutti i retroscena sulla conferenza stampa di presentazione del nuovo allenatore della Juventus.