Niente è come un’Olimpiade. Di Parigi conserveremo alcune immagini meravigliose, imprese che fanno già parte della storia dello sport, lezioni che serviranno a tutti per il futuro. Potevamo fare di più? Forse. Meglio certamente sarebbe stato non organizzare gli Europei di atletica a Roma a ridosso dei Giochi. Gli americani fanno i Trials, che sono un’altra cosa. Servono a selezionare, non a festeggiare. Gli Europei non valgono un’Olimpiade, ma nemmeno mezza, nemmeno un quarto. Molti atleti sono arrivati a Roma all’apice, qualcun altro si è creduto molto più forte di quanto sia in realtà, l’ambiente in generale ha vissuto in uno stato d’ebrezza che non è la condizione ideale in cui trovarsi alla vigilia dei Giochi. La scherma ha dato molto meno del previsto, non credo per colpa degli arbitraggi, che sono stati comunque modesti. L’unico che mi sento di definire vergognoso è stato quello che ha umiliato il nostro Settebello nella Pallanuoto. Hanno fatto bene a voltare le spalle agli arbitri durante gli inni.
Abbiamo un medagliere notevole: dodici ori, tutti bellissimi. Due storici: ginnastica e volley. Le medaglie della ginnastica mi hanno fatto in particolare un piacere enorme. La Gazzetta durante i mesi difficili delle accuse di violenze e peggio, non si è unita allo scandalismo generale. Innanzitutto perché siamo un giornale garantista nei fatti, non solo nelle affermazioni retoriche. Poi perché conosciamo la realtà dei rapporti tra un tecnico e un atleta. Ora al suono dell’Inno e sotto il tricolore tutto è cancellato. Molto italiano. In questo caso non è un complimento. Tecnicamente sono state Olimpiadi buone ma non straordinarie. Non si è visto l’erede di Bolt e nemmeno di Phelps. Il francese Marchand neanche può essere accostato al nuotatore americano. Forse Lyles avrebbe potuto avvicinarsi a una vera, grande impresa se non avesse avuto il Covid. Resta il fatto che i Paesi in grado di concorrere per un oro nell’atletica e nel nuoto sono enormemente aumentati. Lo sport è sempre più democratico. Ci sono state diverse imprese sorprendenti: scelgo Tebogo sui 200, di 21 anni dal Botswana. Un diamante. I piazzamenti, a cominciare dai quarti posti, sono importanti, non sono fallimenti. Capisco lo sfogo di Jacobs che resta un campione vero, un fenomeno per come ha saputo risalire in un anno a livelli olimpici. Ma sono d’accordo con la Pilato, che ha pianto di gioia per il suo quarto posto.
Se sei in grado di arrivare a sfiorare un podio olimpico sei un grandissimo atleta. Questo è sicuro. La medaglia è frutto di molti elementi, qualche volta contingenti. Non mi è piaciuto il ritiro della Carini. La boxe è uno sport di combattimento in cui c’è sempre uno più potente dell’altro. Si può perdere, ma dopo essersi battuti. La Khelif secondo il Cio poteva gareggiare, è una donna che iperproduce ormoni maschili. Si sapeva dall’inizio, è lecito non partecipare se si ritiene la decisione del Cio ingiusta. Ma se partecipi, combatti. Come hanno fatto le altre, fino alla cinese che ha perso in finale. La Francia ha organizzato bene l’Olimpiade. Sbagliata soltanto la scelta della Senna. I campi di gara devono aiutare gli atleti, non punirli. Quando una scelta anziché sportiva diventa politica c’è la certezza che sarà sbagliata. Per il resto impianti di livello, pubblico competente e cerimonia d’apertura innovativa. Poteva essere l’Olimpiade di Roma, ma anche lì la politica, il sindaco Raggi, scelse per il peggio. Le ragazze italiane hanno contribuito più dei ragazzi al nostro successo. La Gazzetta ha sempre sostenuto debba esserci un riflesso nella gestione del nostro sport. Non se ne vede traccia. Prima o poi avremo a capo del Coni una donna. Sarebbe meglio prima che poi. Sulla multietnicità della Nazionale di volley sorvolo tanto la notazione è banale. Il nostro sport è multietnico da anni, quanto a Paola Egonu, la più forte giocatrice del mondo, è nata a Cittadella, il che chiude il discorso.
Un oro in una disciplina di squadra ha un peso diverso da quelli individuali. Un fenomeno può nascere ovunque. Dieci che giocano insieme no. Prevede un’organizzazione. A volley giocano in Cina, negli Stati Uniti, in Brasile, Giappone, Russia. Vincere è difficilissimo. L’Italia non solo ha vinto, ma dominato. Julio Velasco ha vinto a 72 anni l’oro che ha sempre inseguito. Nessun altro tecnico, di qualsiasi parte del mondo presente a Parigi, lo meritava più di lui. Lo sport è paziente. E alla fine giusto. L’Italia ha atleti straordinari e tecnici bravissimi. Nello sport di vertice siamo in grado di competere in discipline che una volta ci vedevano solo spettatori. Poco meno di cinquant’anni fa a Montreal conquistammo appena due ori, nei tuffi e nella scherma. Alla crescita, alla trasformazione continua e tumultuosa hanno contribuito innanzi tutto la cultura sportiva del nostro Paese, la qualità delle nostre società di base, l’impegno dei nostri tecnici.
Fonte: Gazzetta.it