Esiste confine più sottile dell'esistere contro il resistere? Esiste un giocatore che sappia stare e restare così, fermo eppure in movimento, in entrambi i lati come Gigi Buffon? Ci vuole del talento, lui ne ha sempre avuto più degli altri.
Era a metà tra il bianco e il nero, nel privato una via di mezzo tra yin e yang. In campo, saltella ancora tra un palo e l'altro, difendendosi dagli attaccanti così come dal tempo che avanza. Inesorabile.
Nell'ultimo uno contro uno, Buffon ha provato a coprire lo specchio dall'inevitabile passaggio di consegne. Ancora e di più, il più possibile. La notizia del rinnovo di contratto con il Parma, con il quale giocherà fino al 2024 e dunque (almeno) a 46 anni, ha fatto sorridere e un po' ci ha tranquillizzato, una tisana a fine giornata.
Da un lato c'è il fascino straordinario di chi prova a piegare le leggi del campo, e quindi della vita; dall'altro c'è un'intima rassicurazione, un punto di riferimento che non svanisce. Che proprio non sa farlo.
Il nostro e il suo punto fermo
Guardare Buffon impolverarsi sui campi di mezz'Italia, in una stagione che a Parma definiscono interlocutoria e perciò deludente, è stato ed è ancora oggi un piccolo miracolo sportivo. Non perché sia qualcosa di sbalorditivo o di sovrannaturale - per quanto, ancora oggi, certe parate... -, semplicemente perché è una storia che non racconti ogni giorno, ogni mese, ogni anno.
E' un unicum ed è fatto di sentimenti, è la cronaca opposta ai procuratori e milioni di commissioni, è un atto di fede e forse d'incoscienza, ma di buona incoscienza. Senza secondi fini, c'è lo scopo della vittoria e soprattutto la necessità di continuare a sentirsi così come ci si è sentiti per tutta la vita. Un calciatore. Di livello. Restando Buffon, lo stesso di Berlino e nulla in meno a Pordenone.
Gigi ha raccontato di non voler lasciare per strada alcun rimpianto, di non aggiungere qualche rimorso a una lista che - per quanto tu possa essere un vincente - va a riempirsi comunque da sola.
Buffon dice di voler continuare senza porsi freni, limiti, all'ambizione e alle sensazioni. La verità è che ha riscoperto un tesoro e l'ha fatto solo poco tempo fa, quando proprio con quel tempo si è costruito proprio quel tesoro.
Come tutti, ha compreso il valore di sé e delle sue azioni davanti al countdown più naturale. Come pochissimi, si è estraniato da impegni, allenamenti, partite, giorni: ha parato convenzioni e convenevoli. Ha avuto il coraggio di fare di testa sua. E la testa sua gli ha detto di godersela, e di restare lì, ancora in campo. Giocandoci pure, sulla paura di voltare pagina.
Oltre ogni obiettivo
Non vale la pena chiedergli dei prossimi obiettivi, di come si sente, di come potrà andare avanti e, se lo farà, allora per quanto lo farà.
Non vale la pena ricevere una risposta che in cuor suo, in questo momento, non ha e non ha intenzione di avere. Buffon, se proprio doveva porselo, il suo traguardo l'ha già raggiunto: è tornato a sentirsi un calciatore di domenica in domenica dopo stagioni in cui era sì presente, eppure già dimenticato.
Del resto, una volta spenti i riflettori, è difficile tornare a risplendere di luce propria, figuriamoci illuminare una squadra giovane e troppo spesso impacciata. Oltre ogni obiettivo, il motore che ha spinto Buffon a rinnovare e Gigi a riprovarci, è stato esattamente il groviglio di sensazioni provate in questa stagione di alti, bassi, gol presi ed evitati. Comunque vera, umana in ogni contesto; estremamente genuina, completamente diversa dagli scudetti patinati.
Indiscutibilmente in grado di ridargli fuoco, passione, un motivo vero e valido per provare a lanciarsi sull'angolo estremo, incrociando ancora una volta il peso di essere Buffon con la necessità di doverlo dimostrare ogni domenica. A pensarci, è una fortuna inquantificabile: tutte le volte a chiedersi i "perché", ogni volta a darsi la risposta giusta.