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Cannavaro: "Piansi quando lasciai Napoli, il 9 luglio 2006 mi ha cambiato la vita. In Serie A il mio erede"

Redazione
Cannavaro: "Piansi quando lasciai Napoli, il 9 luglio 2006 mi ha cambiato la vita. In Serie A il mio erede"Fabio Cannavaro DAZN

In tanti ricorderanno perfettamente dov'erano, e con chi, sedici anni fa. Il 9 luglio del 2006 è una data scolpita nel cuore di chi segue il calcio in Italia: in Germania, Marcello Lippi e i suoi ragazzi ci resero dannatamente orgogliosi sfoderando una cavalcata che culminò proprio quel giorno con la vittoria del quarto mondiale. L'Italia salì sul tetto del mondo grazie ad un gruppo unico, capitanato da quello che per molti è il difensore più forte di tutti i tempi. Da quel momento, il 'nuovo' Muro di Berlino.


Fabio Cannavaro, pallone d'oro grazie a quell'impresa, è l'orgoglio di un Paese intero e della sua Napoli, che lo ha coccolato e preparato al grande salto. Per questo, l'azzurro è il colore che più lo descrive. Della sua infanzia, del rapporto con la città, ma anche dei ricordi più belli della carriera da professionista e perfino dei progetti da allenatore, ha parlato con grande sincerità e simpatia da protagonista dell'ultima puntata di 'Linea Diletta' disponibile da oggi su DAZN.


Partendo da Fuorigrotta, quartiere popolare in cui è nato a pochi passi dallo stadio, Cannavaro ha raccontato il suo percorso da scugnizzo a campione del mondo, passeggiando nei luoghi della sua infanzia, fino ad arrivare ad una terrazza che regala un panorama mozzafiato. Dal punto più alto della sua città a quello della sua carriera: "Il 9 luglio ha cambiato la vita a tutti. Da giocatori normali, siamo diventati leggende. Quando vinci un mondiale è così. E' successo nel 1982, nel 2006 e speriamo di tornarci presto. Abbiamo una responsabilità, perché un mondiale senza Italia non è la stessa cosa". Come dargli torto.

Fabio Cannavaro DAZN
Le radiciFabio Cannavaro DAZN

Il legame con Napoli è viscerale, destinato ad accompagnarlo per sempre, nonostante Cannavaro abbia girato il mondo da giocatore e allenatore: "Sono stato molto lontano da Napoli, ma ho sempre cercato di mantenere un legame forte. Le mie radici sono qui, è un legame difficile da spiegare a chi non è napoletano. Questa città ti entra dentro e ci rimane". 

Andar via fu proprio una scelta d'amore: "Piansi tanto quando andai via. Ferlaino mi chiamò e disse 'o vai al Parma o la società fallisce, dopo è colpa tua', allora decisi di andare. Giocare a casa, vincere a casa è il sogno di tutti i calciatori. Totti ha avuto la fortuna di giocare tutta la sua carriera a Roma, ma è un'eccezione come Maldini a Milano. Il calcio ti porta a fare altre esperienze, ma è stato importante per me mantenere un legame forte con questa città".
 

Maradona

Inevitabile un passaggio su Diego: "Con lui a Napoli ci sentivamo invincibili. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e non ho mai sentito parlar male di lui. Era un leader in campo, trasmetteva sicurezza e voglia di vincere. Una volta in un'amichevole tra la prima squadra e la Primavera entrai in scivolata su di lui. Un dirigente mi urlo 'Fabio, vai piano!", Diego invece mi tranquillizzò. Entrai in confidenza con lui e mi regalò le scarpe. Quando si riscaldava allo stadio prima delle partite veniva a palleggiare con noi".


Carriera da allenatore 


Il curriculum da calciatore avrebbe potuto aprirgli da subito qualsiasi porta nella sua nuova vita da allenatore, ma a Cannavaro nessuno ha mai regalato nulla e per questo ha deciso di ricominciare dal basso. Volando lontano, tra sacrifici e l'ambizione di stupire tutti ancora una volta: "Allenare in Asia è stata una scelta. Ho fatto la prima esperienza in una squadra di seconda serie cinese, portandola nel massimo campionato e in Champions League asiatica. La seconda, invece, con l'Evergrande e mi ha permesso di crescere tanto. Ho avuto la possibilità di sbagliare e decidere da solo, facendo cose positive e negative". 


Il Covid ha cambiato un po' i suoi piani, senza alterare la voglia di affermarsi: "Sono rientrato da agosto dell'anno scorso, Gli ultimi due anni sono stati molto duri. Scoppiata la pandemia, la mia famiglia è dovuta rientrare a Napoli e io sono rimasto senza vederla per undici mesi. E' stata molto dura. Finito questo ciclo, ho deciso di rientrare, nonostante avessi ancora due anni di contratto". 


E per questo motivo, Fabio pensa già alla prossima esperienza: "Ho parlato con un bel po' di squadre tra Serie A e Serie B, ma anche all'estero. Sono esigente e se non sento che c'è ambizione e voglia di crescere, preferisco dire no. Polonia? Confermo. Parlai col presidente, chiesi fino alla partita con la Russia quante volte avrei visto la squadra e lui mi disse 'nessuna'. Ero nuovo, non conoscevo la squadra al 100% e decisi di dire no. La Fiorentina? Ci sono stati contatti qualche tempo fa, ero in Cina e non mi lasciarono venire in Italia. Comunque è un progetto molto valido, si è visto anche quello che hanno fatto lo scorso anno. Vlahovic? E' un giocatore moderno, ma ha anche qualcosa dei giocatori del passato. Gli piace il contatto col difensore". 


Serie A TIM


In attesa della prossima avventura, Cannavaro ovviamente non perde una partita di Serie A TIM: "Per nove anni il Milan è sempre stato dietro al Napoli, ma guardate cosa ha fatto quest'anno. La mentalità di Maldini ha fatto la differenza. A Paolo ho fatto i complimenti perché ha avuto la pazienza di aspettare, trovare il momento giusto. E' una persona straordinaria, con la sua semplicità ha portato a vincere un campionato al Milan. I rossoneri e l'Inter erano molto più attrezzati del Napoli: capisco l'amarezza dei tifosi azzurri, ma sono mancati tanti giocatori e per un allenatore è difficile mantenere una striscia di risultati. Con Sarri credo ci fossero più possibilità di vincere. Il mio erede? Non è un difensore, ma mi piace molto Tonali. Per me ha capito la differenza tra giocare a calcio e vincere, nei prossimi anni sentiremo parlare tanto di lui".