Bisognerebbe fare come nel film Ritorno al Futuro. Andare indietro nel tempo di 18 anni, arrivare fino all’agosto 2003 con un almanacco sportivo, e aggirarci per la Spagna preannunciando che, di lì a poco, il Barcellona grazie a un certo Leo Messi sarebbe entrato in una dimensione nuova. Il problema è che non ci avrebbe creduto nessuno.
Da Laporta a Laporta
Non ci avrebbe creduto nessuno perché nel 2003 il Barcellona è in piena rifondazione. La Pulga è ancora nelle giovanili del Barcellona e fa già parlare di sé, ma per il debutto in prima squadra è ancora troppo presto. Quel Barça è in mano a Joan Laporta, esattamente come oggi, salito al potere dopo le dimissioni di Joan Gaspart, proprio come nel 2020 ma dopo quelle di Bartomeu.
Arrivato con grandi promesse, Laporta compie la sua rivoluzione dopo un campionato iniziato con Van Gaal e finito da Antic, chiuso al sesto posto in classifica, dopo aver toccato anche la 15esima posizione. Arrivano Quaresma, Rafa Marquez e, soprattutto, Ronaldinho, mentre in panchina si siede Frank Riijkard, reduce da un anno sabbatico dopo l’addio allo Sparta Rotterdam.
Dopo un avvio complicato, i catalani svoltano da gennaio in poi, grazie anche all’arrivo di Edgar Davids, ottenendo 13 vittorie in 15 partite, tra cui quelle in casa di Valencia, Deportivo e Real Madrid e arrivando fino al secondo posto, miglior piazzamento in 4 anni.
Un samurai inglese a Madrid
Il favorito per la vittoria finale è, tanto per cambiare, il Real Madrid. È l’era dei Galacticos, ma anche l’estate in cui salutano Del Bosque, Hierro, Makelele e Morientes. Queste partenze vengono colmate dall’arrivo di David Beckham che, nel giorno della presentazione, sfoggia un’acconciatura da samurai e l’inedita maglia 23, visto che la 7 è già sulle spalle di Luis Figo.
Sulla panchina del Bernabeu c’è Carlos Queiroz. Il portoghese lotta per il titolo fino a marzo, ma dopo un pareggio pieno di polemiche in casa contro il Valencia, i blancos vanno in tilt. Perdono la finale di Copa del Rey contro il Real Saragozza, vengono eliminati in Champions dal Monaco dell’ex Morientes e perdono 6 delle ultime 7 partite in Liga, scivolando fino al quarto posto e chiudendo il campionato con un tremendo 4-1 in casa contro la Real Sociedad.
Il volo dei Pipistrelli
Il vuoto di potere portato dalle difficoltà del Real Madrid viene colmato dal Valencia. I murcielagos (i pipistrelli) conquistano il secondo titolo in tre anni grazie al calcio organizzato di Rafa Benitez che sigilla la difesa grazie a Cañizares in porta, Ayala e Carboni in difesa e Albelda a centrocampo e conquista anche la Coppa Uefa in finale contro il Marsiglia.
Quella squadra però non è solo la miglior difesa del campionato, perché Mista è il capocannoniere, ma i protagonisti sono Ruben Baraja, fantastico interprete di un ruolo che verrà poi cucito addosso a Gerrard quando Benitez andrà al Liverpool, e Pablo Aimar, il Pajaso argentino da cui partono le principali azioni offensive.
Ronaldo, Pichichi 7 anni dopo
Nonostante le difficoltà del Real Madrid, è Ronaldo il Fenomeno a vincere la classifica cannonieri e il Trofeo Pichichi con 24 gol segnati, uno solo su rigore. Per il brasiliano, quando ancora non era necessario specificare la nazionalità di un Ronaldo, è la seconda volta in cui è il miglior marcatore del campionato spagnolo, 7 anni dopo la sua unica stagione a Barcellona, prima di arrivare all’Inter.
Ronaldo avrebbe poi ceduto il ruolo di simbolo della Liga a Ronaldinho che, a sua volta, in un passaggio di testimone avvenuto ufficialmente l’1 maggio 2005, avrebbe servito l’assist a Messi per il primo gol in Liga. Da quel giorno, ne sarebbero stati segnati altri 669 con la maglia del Barcellona, con 35 titoli vinti. Effettivamente, anche senza viaggio nel tempo, facciamo fatica anche noi, nel 2021, a credere a questi numeri.