Tema sempre attuale, di dibattito, di controversie, in diverse situazioni anche fonte di polemiche. Nemmeno l’avvento della tecnologia ha del tutto placato le discussioni riguardanti l’applicazione di una delle regole più importanti di questo sport.
Il fuorigioco è disciplinato al punto 11 del regolamento del gioco del calcio, è la base di diverse disposizioni tattiche, ha una tradizione centenaria e nel corso del tempo ha subito diverse modifiche normative. Considerando che alcuni giocatori, su tutti ad esempio Filippo Inzaghi, rimanendo sul famoso filo del fuorigioco ci hanno costruito una carriera, è importante chiarirne storia, cambiamenti e attuale definizione.
Quando è fuorigioco: come funziona, le regole base
Quando un giocatore è in fuorigioco
Partiamo dalle basi. Un calciatore si trova in posizione di fuorigioco se sul lancio di un compagno di squadra:
- una qualsiasi parte della testa, del corpo o dei piedi, della spalla (o di qualsiasi parte del corpo valida per segnare un gol) è nella metà avversaria del terreno di gioco (esclusa la linea mediana)
- una qualsiasi parte della testa, del corpo o dei piedi, della spalla (o di qualsiasi parte del corpo valida per segnare un gol) è più vicina alla linea di porta avversaria rispetto sia al pallone, sia al penultimo avversario.
IMPORTANTE: Le mani e le braccia di tutti i calciatori, compresi i portieri, non sono da considerare. Al fine di determinare una posizione di fuorigioco, il limite superiore del braccio coincide con la parte inferiore dell’ascella. Questo appunto perché non vengono prese in considerazione le parti del corpo con cui non è possibile segnare un gol.
Quando un giocatore non è in fuorigioco
Un calciatore non si trova in posizione di fuorigioco se si trova in linea con:
- il penultimo avversario
oppure
- gli ultimi due avversari
Questa specifica ovviamente riguarda il caso del portiere uscito dalla propria porta. Quindi non è necessario ci sia per forza il portiere e l’ultimo difensore dietro la linea dell’ultimo attaccante, ma bastano anche due difensori.
Le eccezioni
Un calciatore, benché situato in posizione di fuorigioco, non commette infrazione se riceve il pallone da un compagno direttamente:
- Da una rimessa dalla linea laterale.
- Da un calcio di rinvio.
- Da un calcio d'angolo.
- Oppure se parte prima della linea di metà campo.
La regola specifica dice espressamente che la posizione si determina nella metà campo avversaria “esclusa la linea mediana”: pertanto il calciatore che con una parte del corpo si trovi esattamente sopra la linea mediana del terreno di gioco è considerato come situato nella propria metà campo, ossia ai fini del fuorigioco in posizione regolare anche qualora sussistano tutte le altre condizioni.
- Oppure se una giocata o un tentativo di giocata del difensore avversario intervengono nel pallone diretto all’attaccante, rimettendolo di fatto in gioco.
Un esempio di applicazione rigidissima in questo senso riguarda il gol della Francia in finale della Nations League 2021 contro la Spagna a San Siro. La motivazione data in campo dall’arbitro inglese Taylor ai giocatori è stata perentoria, ovvero il direttore di gara ha spiegato come il tocco del difensore Garcia fosse considerato una "giocata deliberata" avvenuta con Mbappé sufficientemente lontano da esserne rimesso in gioco.
Specifica importante: ovviamente è in fuorigioco anche chi, pur non ricevendo la palla in posizione irregolare, disturba la visuale del portiere su un tiro o disturba l’intervento di un difensore.
Chi segnala il fuorigioco?
La figura preposta alla segnalazione del fuorigioco resta il guardalinee. Se per tanti anni l’ufficiale di gara sulla linea laterale ha avuto un potere enorme nell’indirizzare l’arbitro a fischiare un fuorigioco (con il semplice sbandieramento a braccio alzato), dall’avvento della tecnologia ovviamente questo ruolo è stato un po’ delegittimato.
Il guardalinee ha ancora il compito di segnalare il fuorigioco, ma viene intimato (a meno di evidenti posizioni) ad aspettare la fine dell’azione, per permettere poi al VAR di verificare le corrette posizioni in campo al momento del lancio.
Che sanzione riceve chi commette un’infrazione di fuorigioco?
Quando l'arbitro sanziona un'infrazione di fuorigioco, interrompe il gioco ed assegna un calcio di punizione indiretto in favore della squadra avversaria; tale calcio di punizione dovrà essere battuto dal punto in cui il calciatore in posizione irregolare si trovava al momento del passaggio del compagno.
L'infrazione di fuorigioco non può comportare né ammonizione né espulsione per il calciatore che l'ha commessa a meno ovviamente che quest'ultimo, nella medesima fase di gioco, non abbia commesso anche un fallo o una scorrettezza passibile di ammonizione o espulsione in base alla Regola 12.
Quando fu introdotto il fuorigioco e perché se ne sentì l’esigenza
Come si legge in diversi libri storici sul calcio, la primissima definizione della regola del fuorigioco è datata addirittura 1859 e riportata nelle Sheffield Rules, ovvero la prima bozza di regolamento calcistico ideato da Nathaniel Creswick e William Prest e definito per normare le partite della regione inglese di Sheffield e delle Midlands. L’offside – termine inglese che indica il fuorigioco nelle competizioni internazionali – è stato per la prima volta disciplinato nel “Regolamento del gioco del calcio” di Football Association Board (IFAB) l’8 dicembre 1863. Originariamente elencato come regola 6 di tale codice, il suo testo recitava:
“Quando un giocatore ha calciato il pallone, ogni giocatore della sua squadra che si trovi più vicino di lui alla porta avversaria è fuorigioco e non può né toccare la palla né impedire agli avversari di toccarla fino a quando uno di essi non lo abbia fatto: nessun giocatore è in fuorigioco se la palla viene calciata da un punto posto dietro la linea di porta”. Questa regola, però, è una delle più modificate e rimescolate della storia.
Modifiche al regolamento del fuorigioco nel corso del tempo
Il fuorigioco fu successivamente codificato nel 1864 al momento della stesura del primo regolamento ufficiale della storia del calcio. Inizialmente si prevedeva che fra il giocatore che riceveva un passaggio e la porta avversaria vi fossero perlomeno quattro giocatori avversari. L'origine della regola sta nel fatto che si voleva evitare che uno o più attaccanti attaccassero da dietro il difensore che giocava la palla. Nel 1866 il fuorigioco passò da quattro a tre uomini e dal 1907 si iniziò a sanzionare questa infrazione solo se il giocatore si trovava nella metà campo avversaria.
Nel 1924 e nel 1926 due modifiche chiave
Nel 1924, venne introdotto il concetto di fuorigioco passivo (“Non è in fuorigioco il giocatore che non interferisce con un avversario o con il gioco”). Scagionando quindi un attaccante di fatto “disinteressato” all’esito dell’azione o lontano dalla ricezione del pallone.
La modifica che più ha influenzato la storia del calcio è senz'altro quella del 1926, con la quale si passò dal fuorigioco a tre a quello a due giocatori. Con il nuovo scenario, dunque, non c’erano più tre avversari: dovevano essere meno di due i difensori tra il giocatore che portava la palla e la linea dell’area. Far scattare il fuorigioco diventava più rischioso.
1990, si cambia ancora, in linea viene favorito l’attaccante
Fino al 1990 pertanto non si arrivò a ritoccare minimamente la norma. Solo dopo i pochi gol segnati nel Mondiale in Italia, il governo del calcio internazionale decise di intervenire ancora: in caso di attaccante perfettamente in linea col penultimo difensore, il vantaggio viene stavolta dato all’attaccante. In precedenza la posizione in linea era considerata in fuorigioco. Per andare in fuorigioco, invece, dal 1990 deve esserci “luce” o distanza evidente tra il corpo dell’attaccante e quello dell’ultimo difensore.
Nel 2004 abolito il concetto di “luce” tra due corpi
La formulazione della regola secondo cui un calciatore si trova in posizione di fuorigioco se una parte qualsiasi del suo corpo, escluse le braccia e le mani, è più vicina alla linea di porta avversaria rispetto al penultimo difendente, è recente e risale al 2005. Prima di quel momento era necessario che passasse una "luce" fra i due corpi, ovvero un calciatore si trovava in posizione di fuorigioco solamente se fra lui e il penultimo difendente passasse della luce, e quindi ci fosse dello spazio vuoto. Dal 2005, invece, si stabilisce che un giocatore si trova in offside se una parte del corpo con cui può segnare un gol è oltre l’ultimo difensore.
Nel 2013 la svolta: trarre vantaggio dalla posizione
L’IFAB cambia ancora l’interpretazione nel 2013. Un calciatore in posizione di fuorigioco deve essere punito solo se, a giudizio dell’arbitro, nel momento in cui un suo compagno gioca il pallone o è da questo toccato, egli prende parte attiva al gioco:
– intervenendo nel gioco;
oppure
– influenzando un avversario;
oppure
– traendo vantaggio da tale posizione.
La soggettività sul “trarre vantaggio” ha ovviamente scatenato vespai, polemiche e tantissimi casi diversi di applicazione del regolamento.
Cosa è cambiato con l’avvento della tecnologia
Dal 2017, l’avvento della VAR (Video Assistant Referee) ha di fatto rimescolato ogni tipo di certezza sull’applicazione della regola del fuorigioco. Lo ha sicuramente reso più sicuro, stringente e più oggettivo, probabilmente forzando un pelo troppo la rigidità del giudizio. Ora infatti la tecnologia permette, grazie alla proiezione di righe sul campo dopo aver visionato l’instantanea al momento del lancio del pallone, di verificare anche il centimetro di fuorigioco, cancellando qualsiasi soggettività nel giudizio.
Il guardalinee è tenuto ad aspettare la fine dell’azione prima di alzare la bandierina, per permettere a chi siede in sala VAR di rivedere le esatte posizioni e verificare se l’attaccante è o meno in fuorigioco. In parte le polemiche si sono placate, pur con qualche dubbio riguardante la reale coerenza della regola: il fuorigioco storicamente era stato pensato per non dare un vantaggio all’attaccante che partiva prima, ma se la questione riguarda uno o due centimetri, questo vantaggio di fatto non esiste. E quindi il rischio rimane lo stesso: penalizzare chi attacca, senza che questi abbia ottenuto un reale vantaggio dalla sua posizione.
Qui il nostro approfondimento sulla VAR
Come usare il fuorigioco a proprio vantaggio, come ci si allena
Negli anni diversi allenatori hanno impostato le proprie tattiche proprio sfruttando la regola del fuorigioco. I famosi e storici metodi WM (introdotto dal britannico Chapman negli anni ’30) e WW (Carcano e Pozzo, sempre negli anni ’30) sfruttavano l’abbassamento di un mediano proprio per evitare di lasciare l’attaccante avversario da solo in profondità, una volta che aveva eluso la linea del fuorigioco.
Uno dei primi ad applicarsi nel calcio moderno e recente su come mettere costantemente in fuorigioco gli avversari, è stato Arrigo Sacchi nel suo Milan tra gli anni ’80 e ’90. Linea di difesa a quattro altissima, sempre ordinata e pronta a mettere in fuorigioco gli avversari. Il proverbiale braccio alzato di Franco Baresi a richiamare l’attenzione di arbitro e guardalinee ha fatto scuola.
In generale anche oggi tantissime squadre preparano i loro allenamenti difensivi per favorire gli offsides avversari. Al tempo stesso vengono studiati metodi offensivi per permettere inserimenti da dietro ed evitare di ricadere nella trappola del fuorigioco. Gli elementi base restano due: tempismo e coordinazione. Sono movimenti che vengono provati e riprovati, sia per chi difende che per chi attacca.
I fuorigioco più eclatanti della storia del calcio
Due dei casi di fuorigioco più famosi e discussi della storia, riguardano proprio due squadre italiane: la Juventus e la Fiorentina. Entrambi gli episodi sono avvenuti in Champions League, nella competizione più seguita al mondo e quindi prima dell’avvento della tecnologia.
Predrag Mijatovic
(Juventus-Real Madrid 0-1, finale di Champions League 1997/98)
Eclatante perché fu un gol decisivo. Alla metà del secondo tempo la squadra spagnola passa in vantaggio grazie alla rete in evidente posizione di fuorigioco di Predrag Mijatovic. La rete del montenegrino oggi sarebbe stata considerata valida, a causa di una deviazione di Tacchinardi che lo avrebbe rimesso in gioco; ma il regolamento all’epoca non contemplava questa possibilità e quindi, la posizione di Mijatovic, ben al di là della linea difensiva della Juve, era da considerarsi in fuorigioco.
Miroslav Klose
(Bayern Monaco-Fiorentina 2-1, andata degli ottavi di finale di Champions League 2009/10)
All’89’ Robben calcia dalla distanza, Frey respinge lateralmente sulla testa di Olic, che rimette in mezzo. Klose, almeno un metro oltre la linea del fuorigioco, riceve e incorna in rete senza problemi. Per la terna arbitrale è tutto regolare, il Bayern vince nell’incredulità generale. Al Franchi la Fiorentina vince 3-2, ma non basta. Diventa decisivo proprio quel gol, e il Bayern (che poi arriverà in finale) passa in virtù di una delle sviste arbitrali più clamorose della storia.