Siamo troppo abituati ad etichettare qualunque figura graviti nel mondo del calcio: timbriamo tutti, come pacchi postali, perché alla fine schematizzare fa parte della mente umana alla costante ricerca di ordine. Quante volte viviamo di paragoni, di frasi come “il nuovo X” oppure “l’anti Y”. Raffaele Palladino, prima ancora che si sedesse sulla panchina del Monza per iniziare la sua carriera tra i professionisti, era già stato etichettato come: “il nuovo Gasperini”. Ma facciamo un passo indietro.
La genesi del percorso di Raffaele Palladino
Quando Palladino arriva al Genoa nel 2017 ritrova un allenatore che 15 anni prima lo aveva formato mentalmente e tecnicamente nella primavera della Juventus, ovviamente stiamo parlando di Gian Piero Gasperini. Con lui segna 41 gol in bianconero prima di esordire in prima squadra nel 2004, promosso da Lippi, in una sfida di Coppa Italia, prendendo il posto di Di Vaio. Dall’anno successivo i percorsi di Palladino e Gasperini si allontanano per poi incrociarsi nuovamente in Liguria, dove nel 2017 disegnano un campionato clamoroso che porta il Genoa a piazzarsi quinto in classifica. Palladino gioca quella stagione come esterno del 3-4-3 di Gasperini, che aveva già fatto intravedere la pozione magica della sua idea di calcio, un manifesto che oggi all’Atalanta è qualcosa di sacro. In quel Genoa, non per caso, si formerà nei concetti di gioco anche Ivan Juric, un altro che ha assorbito tantissimo da Gasperini.
L’evoluzione in panchina
Quando a fine carriera Palladino decide di accettare il Monza, lo fa senza avere idea che la sua vita da lì a poco cambierà drasticamente. I troppi infortuni lo tengono ai box cronicamente e allora Galliani gli cuce addosso l’ennesima intuizione della sua carriera: “perché non alleni i ragazzi del Monza?”. Comincia dall’Under 15 e in 2 anni si prende la Primavera dove comincia a mostrare grandi qualità umane e manageriali. I ragazzi a Monza stravedono per lui, che intanto studia a Coverciano e ogni volta che può segue gli allenamenti della prima squadra per cercare di calarsi il prima possibile in dinamiche ancora più maniacali. Il lavoro con la Primavera che trascina ai playoff per la promozione in Primavera 1 comincia a luccicare anche agli occhi di Galliani che il 13 settembre, in accordo con il Presidente Berlusconi, lo promuove come allenatore della prima squadra.
Le qualità da allenatore di Palladino
Il 3-4-2-1 con cui si presenta contro la Juventus all’esordio assoluto profumano di ideologia gasperiniana ma, come detto, il vizio di etichettare tutto spesso ci depista. Il suo Monza fin da subito miscela dei tratti distintivi dell’allenatore nerazzuro, come il recupero palla alto e la difesa a 3, ma mostra tanti aspetti diversi che oggi sono solidi principi: prima di tutto, un aspetto molto caro a Berlusconi è sempre stato il possesso palla. La capacità di Palladino è quella di far alternare verticalità e pazienza, i numeri sono eclatanti: il Monza è tra le 5 squadre con più possesso palla in Serie A TIM, gli piace gestire il gioco, a volte dominare i ritmi. Non c’è esasperazione, ma equilibrio nel trovare le linee verticali per far male e al tempo stesso nel gestire il pallone per creare gli spazi. Il lavoro dei due braccetti difensivi ricorda molto quello di Gasperini, spesso si sganciano andando a proporsi addirittura in area di rigore, ma gli esterni che non sono dei quinti, bensì dei quarti, fanno un lavoro diverso: gli chiede spesso di venire dentro al campo, lasciando che l’ampiezza la prendano i due sulla trequarti.
AC Monza
Le intuizioni di Palladino
Tra i meriti di Palladino ci sono sicuramente le intuizioni che ha avuto: su tutte non si può non citare Patrick Ciurria. Tra i migliori lo scorso anno, si è calato perfettamente nel ruolo che gli ha cucito addosso Palladino di esterno a destra, con licenza di venire dentro al campo per calciare, imbucare, crossare. Ben diverso dal classico esterno a 5 di gasperiniana fibra che scava la fascia per andare sul fondo o chiudere l’azione. L’altra grande intuizione è l’arretramento di Pessina davanti alla difesa, nonostante a Verona giocasse proprio nei due dietro la punta. In quel ruolo il capitano del Monza riesce a dare equilibrio, a ricamare con il pallone dettando i tempi di gioco e anche in fase di interdizione ha delle qualità importanti. L’infortunio di Sensi dello scorso anno è stata la miccia, da lì non si è più tolto nemmeno quando il numero 12 è rientrato. L’altra grande intuizione è stata sicuramente Carlos Augusto come quarto a sinistra, mentre con Stroppa giocava come braccetto di difesa a 3. Il lavoro fatto da Palladino è sotto gli occhi di tutti, l’Inter è passata in cassa quest’estate e se l’è portato alla Pinetina.
La gestione dello spogliatoio
L’ultima voce a curriculum che sta rimarcando Palladino, giornata dopo giornata, è sicuramente la capacità di gestione del gruppo. La foto della locandina in questione è il gol di Giulio Donati a Bologna, lo scorso anno, che è valso 3 punti. Totalmente ai margini con Stroppa, Palladino ha saputo coinvolgerlo di nuovo così come ogni singolo elemento della rosa ed è stato ripagato. Quest’anno sta riuscendo ancora una volta a sfruttare la rosa al 100%, ha coinvolto Samuele Vignato che ha anche trovato il primo gol in Serie A, sta lavorando sui fratelli Carboni per farli crescere, resta il centro aggregatore di una rosa che può stupire ancora, puntando alla parte sinistra della classifica.
Insomma, a volte è troppo comodo etichettare e schematizzare, ma nel caso di Raffaele Palladino sarebbe un errore di approssimazione. Lui è un miscelatore di nozioni apprese negli anni e intuizioni personali, il Monza se lo è tenuto stretto quest’anno, ma dovesse ripetere la scorsa stagione, nonostante le pesanti partenze di Carlos Augusto, Sensi e Rovella, difficilmente non entrerà nel giro degli allenatori più ambiti in Serie A.