«Ho amato quegli ultimi metri in cui alzi le braccia al cielo e ti senti leggero».
Me l’ha detto Michele Bartoli chiacchierando del Giro delle Fiandre. Lui che l’ha vinto nel 1996, elegante e superbo, svelando tra Kapelmuur e Grammont quel talento purissimo del maestro classico, poi impostosi due volte alla Liegi-Bastogne-Liegi e al Giro di Lombardia oltre che alla Freccia Vallone, in Brabante e all’Amstel Gold Race: «Sì, ho vinto tanto al Nord, però come bellezza il Fiandre sarà sempre al primo posto per la magia dei muri e del pavé ».
Il Giro delle Fiandre è la corsa della settimana santa dei fiamminghi, che se si tratta di scendere in strada sono un pubblico senza eguali. È una corsa che conserva con delicata attenzione la leggenda di Fiorenzo Magni, che sfinito dai Muri viscosi e dal pavé delle infangate mulattiere, si ritirò al debutto perdendo lo sponsor della squadra.
Eppure un anno dopo si mise in spalla la sua Wilier Triestina, pagò il biglietto del treno al più fido gregario (Tino Ausenda) e divenne il “Leone delle Fiandre” vincendo tre edizioni consecutive (1949, 1950, 1951) della Ronde van Vlaanderen.
In ogni epoca, per vincere il Fiandre bisogna battersi con i maestri fiamminghi che ai tempi di Gianni Bugno (1994) e Bartoli, di Andrea Bortolami (2001) e Andrea Tafi (2002) eran capitanati dall’inossidabile Johan Museeuw e nei Duemila di Filippo Pozzato, secondo alla Roubaix e al Fiandre, dal mitico Tom Boonen.
Negli anni più recenti, ci sono state le tre magnifiche vittorie di Fabian Cancellara e quella di Peter Sagan da campione del mondo, nella centesima edizione, mentre Philippe Gilbert ha alzato la bici all'arrivo tra due ali di gente innamorata. Poi sono giunti il primo Monumento del predestinato Mathieu van der Poel e la prima corsa in carriera vinta da Alberto Bettiol sul traguardo più famoso del mondo.
La fuga di Bettiol, ultimo erede della scuola toscana laureatosi all’università del ciclismo, ha riempito la bellezza dell’impresa nei diciotto chilometri di passione che separano il pavé del vecchio Kwaremont dai leoni gialli di Oudenaarde.
E la storia si ripete oggi con Van der Poel, Wout van Aert, il campione uscente Kasper Asgreen, Tadej Pogacar e Mads Pedersen: idoli e maestri contro gli italiani Bettiol, Vincenzo Nibali, Matteo Trentin, Davide Ballerini e Gianni Moscon. Verso il mito e certe volte oltre.