La tappa più lunga di questo Giro d’Italia, quella dei 209 chilometri da Parma a Genova, la vince Stefano Oldani, milanese classe 1998, coetaneo di Alberto Dainese, che ieri s’è preso la volata di Reggio Emilia.
Bissa la giovane Italia, sorride il gregario di Mathieu van der Poel che voleva la frazione, e così dopo una settantina di chilometri s’era messo in una maxi-fuga di 24 corridori con due compagni di squadra: il connazionale Riesebeek e proprio l’Oldani. C’era ancora tanta strada da fare e c’erano quelle tre salite prima di celebrare il Ponte Morandi e far festa in XX settembre.
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Lì nel mezzo van der Poel
Eran tre valici appenninici brevi ma intensi e la Colletta ha fatto selezione. Qui scatta l’Oldani e si porta via Lorenzo Rota e un olandese, che non è il suo capitano, bensì Gijs Leemreize. E van der Poel? Sta lì nel mezzo, due minuti per pensarci e il secondo è già tardi. Poi tira su un manipolo d’altri olandesi, Kelderman e Bauke Mollema, per contrattaccare sul Valico di Trensasco, ma accidenti che fatica: loro vanno su, MVDP capisce che non è giornata.
Almeno non ancora, perché la vittoria a Genova dell’Oldani suo gregario è un gran bel successo di squadra nonostante lui, capitan van der Poel, abbia fatto un po’ di casino. Diceva del resto d’essere al Giro per diventare un uomo migliore ed è sbagliando che s’impara.
W l'Oldani dell'Italia che resiste
Così per l’Oldani, che d’inverno s’è sparato un’altura da solo perché non poteva andare con la squadra in camera ipobarica (vietata ai corridori italiani), son proprio tutti contenti. Italiani tranne uno, Rota, olandesi tranne uno, Leemreize, marcati stretti al Porto Antico: il primo ha tirato uno sprint lunghissimo fingendo di sbagliar la curva; l’altro invece ha battezzato la ruota giusta, quella dell'Oldani, ma senza uscirgli davanti sul traguardo.
E allora viva l’Oldani che ha colto la sua occasione. Che questa sua prima vittoria da professionista se l’è costruita da lontano, in salita ben prima d’entrare in fuga, con la gavetta del gregario. Domani si fa tredici con la Sanremo-Cuneo, poi si scatena l’inferno.