Dal 19 luglio del 1919, l’enciclopedia della maglia gialla contiene storie gloriose. Da quando Eugène Christophe coi baffi colti, la faccia sporca e due tubolari legati alla schiena, ha indossato la prima al Café de l’Ascenseur di Grenoble. La via italiana alla maglia gialla inizia nel 1923 ed è già un’impresa magnifica perché Ottavio Bottecchia è anche il primo nostro a vincere il Tour de France, un anno dopo, e il primo dei soli tre che in oltre cent’anni di corsa han vestito le maillot jaune per tutta la corsa.
La via italiana alla maglia gialla
Anche Gino Bartali conquista la prima maglia gialla a Briançon, nel 1937, e vince il suo primo Tour un anno dopo. Ne passeranno dieci per il secondo trionfo, una guerra dopo e scongiurandone un’altra perché nel 1948, dopo l’attentato a Togliatti, un carro blindato dell’Armata Rossa è finito chissà come davanti al Duomo di Milano e il presidente De Gasperi, coppiano, chiede a Bartali di vincere il Tour per salvare l'Italia dalle sue ombre rosse. Nel western crepuscolare, quando la cronaca incontra la leggenda, diventa un mito.
Come quando nel 1952 Coppi e Bartali si scambiano la borraccia sul Galibier, invero una bottiglia d’acqua Perrier nel gesto immortalato dal reporter Carlo Martini, diventando uno dei simboli del ventesimo secolo. Storie d’altri tempi, come di Fiorenzo Magni costretto a ritirarsi dal Tour in maglia gialla per il blocco italiano: tutti a casa, Bartali è stato insultato, minacciato e aggredito dai francesi sul Col d’Aspin.
Come ai giorni tristi e felici di Gastone Nencini, che vince il Tour de France del 1960 da corridore passionario votato all’eroismo, come Felice Gimondi campione nel 1965. Da eroe tragico come Marco Pantani, che nel 1998 semina Ulrich sul Galibier in piedi sui pedali, abbassando le mani sul manubrio. E sul traguardo delle Deux Alpes solleva il busto, schiude le labbra, alza lo sguardo, chiude gli occhi.
Nel 2014, Vincenzo Nibali domina il Tour e France ed è l’ultimo italiano sotto l’Arco del Trionfo, decollando sul pavé d'una Piccola Roubaix per non fermarsi più. Le nostre ultime maglie gialle sono state invece di Fabio Aru (2017) e Giulio Ciccone (2019), sbocciate sul traguardo in salita della Planche Des Belles Filles, mito moderno del Tour de France.
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Ganna e la crono del Tour de France
Una salita dei Vosgi che si farà anche quest’anno e che decreterà la prima storica vincitrice del Tour Femminile. Ma quante chance avrà Filippo Ganna, alla settima tappa dell’8 luglio, di essere in maglia gialla? Alcune. E quante di vestirla sul primo podio della Grande Boucle a Copenhagen? Molte.
L'abbiamo intervistato dopo la crono dei Campionati Italiani, vinta sulle strade udinesi di San Giovanni al Natisone: «Dalla prova Tricolore ho ricevuto le giuste impressioni, solo dovrò aspettare l’ultimo tampone che ci permetterà di andare al Tour, ma "penso positivo nel senso di negativo" (ride, ndr) perché abbiam lavorato bene in funzione di un grande appuntamento. E giunti in Danimarca, studieremo i dettagli del percorso per costruire qualcosa di bello, dividendo la crono in tre parti: velocità, passo gara e dati di potenza media. Capendo i punti dove si può fare la differenza».
La crono della Grand Départ è di 13 chilometri e imporrà distacchi. Chi vuol vincere il Tour, Roglic e Pogacar (e Geraint Thomas) non forzerà dal primo giorno. Wout van Aert deve smaltire una caduta e degli altri specialisti il più temibile, Stefan Küng che ha battuto Ganna agli Europei, non ha più vinto quest’anno.
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L'esplorazione della Grande Boucle
«Il mio primo Tour sarà una scoperta e dovrò viverlo senza pressioni, con o senza, prima o dopo la maglia gialla. Com’è stato al mio primo Giro d’Italia nel 2020 (vinse 4 tappe di cui 3 a cronometro, indossando la maglia rosa per i primi due giorni, ndr), se corro sereno, posso incidere, perché la ricerca della tranquillità fa parte dell’obiettivo finale. E sarà anche l’esplorazione di una corsa speciale che, ammetto, non ho mai seguito come il Giro».
Miti contro il tempo come Francesco Moser (nel 1975 ha vinto il prologo nella Charleroi di Merckx, restando in maglia gialla per una settimana da debuttante al Tour) e Sir Bradley Wiggins hanno coronato Ganna come il miglior cronoman. Di fatto, Filippo ha vinto 5 di 6 time trial disputate quest’anno, 19 in carriera, 16 su 24 dal 2020. Una scienza quasi esatta di bici futuriste e posture aerodinamiche.
«Per la mia squadra, la Ineos Grenadiers, il Tour è una corsa basilare, vinta da grandi campioni come Wiggins, Froome, Thomas e Bernal. La responsabilità è molta e anche per chi come me deve fare il passo, ma sono certo che a nostro modo ci divertiremo e faremo divertire».
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«Starebbe bene in giallo»... Sul pavé
E se davvero Filippo Ganna fosse il ventinovesimo corridore italiano a indossare la maglia gialla in 109 edizioni di Tour? Bene, sul livello del mare danese, saprebbe difenderla coma van der Poel al Giro d’Italia, e poi alla quinta tappa c’è un nome, Arenberg, che schiude il mito della Parigi-Roubaix. C’è quella cosa che non gli piace proprio, pedalare sul pavé, e che eppure gli riesce così bene. Ci sono 11 settori, quasi venti chilometri di sassi che potranno ancora essere di un Ganna leader del Tour.
«È troppo presto per pensare a quella tappa, anche se il pavé è sempre una sfida molto affascinante. Anche per gli uomini di classifica, quei settori posson fare più danni di una frazione di montagna; se ripenso alla Parigi-Roubaix, il gruppo s’è frastagliato molto presto e di certo saranno chilometri molto insidiosi, tant’è che a pochi giorni dal Tour hanno cambiato il senso di un settore per il rischio di una discesa in sassi a velocità molto elevata (il primo, o il numero 11, tra Fressain e Villers-au-Tertre, ndr)».
«Ha una classe permanente e starebbe benissimo in giallo», dice di Filippo Sir Bradley Wiggins, che il Tour l’ha vinto dieci anni fa, trasformando il suo corpo da pistard dorato a scalatore di sogni. «Mi sentivo molto bello con la maglia gialla. Ero portato a indossarla», sospira invece Eddy Merckx scoprendo che la moglie Claudine di quelle 111 divise ne ha tenute forse un paio, regalate ai bambini e agli enti di beneficenza. Così, per esagerare lo splendore di un abito di luce che brilla al sole dell’estate francese.