Trentun anni d’età, dieci da professionista di un ciclismo molto evolutosi da quando, nel 2013, ha vinto la prima delle sue 9 tappe ai Grandi Giri, 3 alla Vuelta, 2 del Giro, 4 al Tour. In Spagna ha portato la maglia rossa e in Italia per otto giorni la rosa, a Parigi nel 2017 ha vinto la maglia verde della classifica a punti. Iridato da Under 23, Michael Matthews si batteva sui traguardi più veloci con gli sprinter puri e un po’ dappertutto con Sagan, suo coetaneo e più grande rivale.
Trentanove successi in carriera, 5 volte in top-ten alla Milano-Sanremo, poteva vincere di più ma anche molto meno il ragazzo di Canberra che per molti è Bling: sgargiante, appariscente.
Come il suo successo di ieri sul traguardo occitano di Mende, quando tutto sembrava deciso a favore di Bettiol. Ma come il nostro ha detto, «Ogni chilometro di questo Tour è una battaglia» e Matthews è uno che tiene duro: «Avevo in testa l’immagine di mia figlia che è arrivata ieri qui - commenta l’australiano - e volevo dimostrarle il senso di tutti i sacrifici che fa su padre, lontano da lei per mesi interi».
Così Matthews ha fatto il vuoto negli ultimi duemila metri pedalando raso su una strada alla Sagan, ieri giunto a 25 minuti in rimpatriata coi loro vecchi rivali, Kristoff e Boasson Hagen.
Evaso da una fuga di lunga gittata, passato a “troppa” velocità da Bettiol sulla Cote de la Croix Neuve (un po’ distante per decidere la corsa), Matthews s’è imposto in rimonta su uno dei traguardi più classici di questo Tour de France e via da Rodez verso Carcassonne, in bici a quaranta gradi tra raffiche bollenti, aspettando i Pirenei.
È lì che si deciderà il destino della maglia gialla fra Col d’Aspin, Col de Val Louron-Azet e Peyragudes; Col d’Aubisque, Hautacam, scendendo verso Parigi con una lunga crono di 40 chilometri. Sarà una settimana intensissima per Tadej Pogacar che anche ieri ha sprintato invano sulla Cote de la Croix Neuve, eppure non sembra più quel vecna capace di mettere Jonas Vingegaard sottosopra.