Doveva essere una tappa provvisoria o giù di lì, tracciata con qualche côte a connettere i pavé di Arenberg alla Planche des Belles Filles, che oggi inaugura il Tour in alta quota. Doveva essere una piccola classica con qualche specialista a fiutare l’aria fresca delle Ardenne, solo che qui alla Grande Boucle ci sono due fenomeni che si chiamano Wout van Aert e Tadej Pogacar.
Wout s’è messo in fuga in maglia gialla, celebrando la sua ultima leadership per 140 chilometri: un maestro fiammingo che aveva già iniziato il suo capolavoro a Calais.
Pogacar fa il cannibale, non nel senso di Merckx che cercheremo di resistere, ma a modo di Pogacar per il Tour de France, che ormai questa corsa l’ha magnetizzata pedalando sogni dolci e meravigliosi.
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«Quando vinco, penso sempre che sia meglio dell’ultima volta». Queste sono le parole manifesto che ieri il fuoriclasse sloveno ha detto sorridente al traguardo di Longwy, rasoiando in volo l’ultima salita. L’aveva iniziata Roglic e la vince ancora il re, che oggi si ritrova in maglia gialla sulla Planche des Belles Filles e del suo primo Tour de France, strappato qui al connazionale sloveno.
E abbiamo come la sensazione che la leadership di un’altra Grande Boucle non cambierà più, solo che questi non sono i Tour studiati, testati, difesi e vinti dai neri imperiali, quelli della maglia gialla che non scatta mai, scortata fino a Parigi dai suoi scalatori pretoriani.
No, Pogacar è un re principe che ama l’arte della guerra sui pedali e si cimenta per il suo pubblico. E vestito di luce darà spettacolo ogni volta che la strada porterà a una sacra vetta, leone, volpe e centauro, emulando i grandi potenti del passato. No che non stiamo pensando a Merck e che ancora, ma chissà se per quanto resisteremo.