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Tour de France

Cronache Gialle del Tour più bello, manifesto del nuovo ciclismo totale

Cronache Gialle del Tour più bello, manifesto del nuovo ciclismo totaleDAZN

Il Tour de France è finito e l’ha vinto Jonas Vingegaard, venticinquenne danese, scalatore puro, riportando Pogacar sul pianeta terra. Giovani e rampanti, hanno iniziato una lunga concorrenza di fatiche estive e contrasti stilistici.

Jonas è la maglia gialla “che non impegna”, gentile e dimesso. Tadej è quel sergentino impertinente che sorride sempre, suscitando fastidi e incitazioni. Lui ha provocato senza pace fin sugli Champs Elysées, il leader ha risposto certo dei suoi mezzi e della sua squadra, poi gran pacche sulle spalle e complimenti… E quella stretta di mano giù dai Pirenei che segnerà il corso d’una concorrenza leale.

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Possiamo fidarci di loro e di chi ha corso il Tour de France più bello degli ultimi decenni, il più veloce di sempre alla media di 42,03 km/h, elevato da tre interpreti stellari: Vingegaard, Pogacar e Wout van Aert che ha vinto tre tappe sfiorandone altre cinque, tra grandi scalate e fughe spettacolari. Una Grande Boucle memorabile che ha segnato come nessun’altra corsa il futuro prossimo d’un ciclismo modernissimo, scenografico, esponenziale.

Philippe Gilbert, maestro delle Classiche, ha salutato il Tour de France compiendo quarant’anni per strada, elegante e durevole, capace di vincere tutti i Monumenti del Nord, due Lombardia e un Mondiale sul suo Cauberg, unendo fiamminghi e valloni sui traguardi della chiesa del ciclismo. 

Tour de France 2022, Philippe Gilbert.Getty

Geraint Thomas, che nel 2018 vinse il primo Tour restyling del Team Sky da trentaduenne gregario a capitano sulle strade più famose del ciclismo, coronando a fari spenti un sogno più grande di lui, è salito sul podio finale di questa Grande Boucle a 7’22 minuti dal giovane Vingegaard.

I mattatori di quel Tour furono Peter Sagan, che in Francia ha vinto 12 tappe e 7 maglie verdi, e Julian Alaphilippe a pois fra salite alpine e discese pirenaiche. Cinque mondiali in due, infortunato il campione di casa, poco pervenuto lo slovacco senza podi di tappa: loro che sono stati i pionieri di questo nuovo stupendo ciclismo di van Aert al Tour e van der Poel al Giro d’Italia, di Thomas Pidcock che è sceso a cento all’ora dal Galibier, trionfando sull’Alpe d’Huez.

Tour de France 2022, Thomas Pidcock in discesa dal GalibierGetty

Imprese magnifiche di quelli a cui bastano due ruote su strada e pavé, fango e sterrato, per far cose davvero mirabili. Quelli che hanno estinto sprinter puri, perché Jakobsen e Groenewegen “si son fermati” in Danimarca, e specialisti a cronometro. Quelli che vanno in fuga anticipando ogni volata, Quelli alla Mads Pedersen o alla Jasper Philipsen, sprinter a-tipo sempre presenti quando la natura del percorso chiama all’esagerazione. E quando sugli Champs Elysées si vince sul traguardo più famoso del mondo.

Oggi, il giorno dopo la fine del Tour, da tradizione un po’ depuratorio e ugualmente malinconico, c’è chi in Olanda sta paragonando la Jumbo-Visma delle maglie gialla, verde e a pois al gioco della Nazionale di Cruyff e quello dell’Ajax degli anni Settanta. Attaccare all’olandese, con energia e muscoli, corsa, pressing e tattica. Ora il punto adesso non è questo, eppure la Jumbo Visma del Tour de France ha espresso un ciclismo totale di studio, lavoro, disciplina. E talenti immensi al servizio della fantasia.

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