Con la promozione del Monza in Serie A TIM è tornato a circolare anche sui media italiani e tra i tifosi un nome che nel nostro calcio è durato troppo poco: Alexandre Pato. Un fuoriclasse annunciato, ma anche un Pallone d'Oro mancato e uno dei più grandi "What If" degli ultimi anni.
Oggi Pato gioca in MLS, lo potete ammirare nelle gare trasmesse in esclusiva da DAZN, ma soprattutto è un uomo nuovo. Dopo anni di voci - spesso maligne, tra festini, alcool e belle donne - lo stesso brasiliano ha scritto una lettera a cuore aperto attraverso The Players Tribune, raccontando i motivi del suo declino dai fasti della giovane età alle difficoltà tra un infortunio e l'altro.
"L'ho sentito dire per 10 anni, so cosa state pensando. Cosa è successo a Pato? Ora ve lo spiego".
Il tumore e il Mondiale per club
"Da piccolo inciampai su una catena in un parcheggio cadendo sul braccio e giocai un torneo in quel modo. Quando tolsi il gesso ebbi un altro problema ricadendo nello stesso punto e il dottore mi fece una radiografia trovando un grande tumore. Disse che dovevo operarmi subito, altrimenti sarebbe stato costretto ad amputarmi l'arto. Rimasi scioccato: ero a 24 ore dal perdere il mio braccio sinistro".
"Fu un grandissimo dottore. I miei genitori non potevano permettersi l'operazione e non so per quale motivo decise di operarmi gratis: Paulo Roberto Mussi, non lo scorderò mai. Mi tolsero un osso dall'anca per mettermelo nel braccio".
Il grande salto in Europa
A 14 anni tanto mi trasferii da solo a Porto Alegre per giocare nell'Internacional. C'erano episodi di nonnismo, piangevo molto ma non potevo dirlo ai miei genitori lontani che non avrebbero capito. La mia ascesa fu rapida, mi trovai presto in prima squadra e a 17 anni già giocai il Mondiale per Club contro il mio idolo Ronaldinho. Vincemmo.
Il Milan come la Playstation
"Dopo aver vinto il Mondiale per Club a 17 anni, mi volevano tutti. Sarei potuto andare al Barcellona, all'Ajax, al Real Madrid. Ho scelto il Milan.
Perché? Avete mai giocato con quel Milan alla Playstation? Kakà, Seedorf, Pirlo, Maldini, Nesta, Gattuso, Shevchenko... Sheva era inarrestabile. Poi il Fenomeno, il vero Ronaldo. Avrei potuto giocare con lui e avevano appena vinto la Champions League. Non ci pensai due volte".
L'incontro con Ancelotti
"Quando atterrai a Milano una parte delle visite consisteva nell'analisi della vista. Premei troppo forte il palmo della mano contro l'occhio e quando lo aprii non vedevo più. Il dottore mi dilatò le pupille, ma uscendo dalla stanza vedevo pochissimo. Lì incontrai Ancelotti... ma riuscivo a malapena a vederlo! Nella foto insieme ho praticamente gli occhi chiusi. Poi mi presentò al resto della squadra, la Playstation era diventata realtà".
Il cane Pato e l'elicottero
"Ancelotti diventò come un padre per me, addirittura chiamò il suo cane Pato. Avete visto i festeggiamenti dopo la conquista de LaLiga con il sigaro in bocca, beh Carlo è uno che sa come si vive con stile. Al Milan certe volte arrivava all'allenamento in elicottero perché viveva a Parma e sua moglie lo sapeva guidare. Sembrava James Bond".
Il gol al Camp Nou
"Il miò gol più bello è stato quello al Barcellona dopo 24 secondi. Ancora oggi qualcuno quando mi incontra me lo ricorda. Ho visto uno spazio al centro e l'ho attaccato, poi sono stato fortunato a battere Valdes sotto le gambe. Seguii il consiglio di Berlusconi che mi diceva di non dribblare sempre verso l'esterno, ma di accentrarmi. Speravo Guardiola mi stesse guardando perché lo ammiravo tanto. Anche la telecronaca fu meravigliosa e in quei giorni pensai veramente che sarei arrivato al top".
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Il declino
"Amavo le attenzioni, volevo che si parlasse di me. Poi sapete cosa è successo? Ho iniziato a sognare troppo, pur continuando a lavorare duro la fantasia mi portava sempre troppo avanti e nella mia testa avevo già il Pallone d'Oro in mano. Non sono riuscito a non farmi travolgere. Quando vivevo nel presente ero inarrestabile, ma la mia testa era rimasta incastrata nel futuro. Poi dal 2010 ho iniziato a essere sempre infortunato".
Il trasferimento saltato al PSG
"Ricordate la storia del PSG? Avrei dovuto dire a tutti la verità. Galliani era in Inghilterra per prendere Tevez e il PSG mi fece un'offerta incredibile. Io volevo andare perché lì c'era Ancelotti, ma Silvio Berlusconi mi disse di restare. Ero infortunato e i tifosi hanno pensato che fossi stato io a volere restare, iniziando a dire che con Tevez al mio posto avrebbero vinto. Anche la stampa. Ma io volevo andare a Parigi... Dopo aver saltato il Mondiale 2010 e questa storia nel 2012 ero mentalmente a terra, ero diventato il grande flop".
La svolta nella Chiesa
"Fu una rivelazione, la Bibbia aveva tutte le risposte che stavo cercando. Ho rivolto la mia testa verso il cielo e ho detto “Signore, non voglio più questa vita”. Quel giorno la mia vita è cambiata per sempre.
Da quel momento ho vissuto in una maniera differente. Quando sono andato a Orlando e ho subito quell’infortunio al ginocchio l’anno scorso, sarei potuto crollare. Il giorno dopo ho deciso che sarei tornato più forte di prima e adesso so tutto sul ginocchio. Hai un infortunio? Chiama il Dottor Pato.
La mia carriera sarebbe potuta andare diversamente? Sicuro. Ma è facile guardare indietro e dire cosa avrei dovuto fare. Quando sei lì certe cose non riesci a vederle. Quindi nessun rimpianto. Guardo il lato positivo. Sono in forma. Mentalmente sto alla grande. Amo ancora il calcio."