Metà capelli viola e metà verdi, occhiali da sole con le lenti gialle e una maschera nera, stile passamontagna, a coprirle completamente il volto. Non è passata di certo inosservata la lanciatrice americana Raven Saunders, protagonista in mattinata allo Stade de France e qualificata alla finale del getto del peso. Ma non è soltanto il look di questa atleta a stelle e strisce a colpire. Già argento a Tokyo 2020, la sua storia tra un tentato suicidio e la rivendicazione dei diritti civili aveva fatto il giro del mondo...
Nata nel 1996 a Charleston, nella Carolina del Sud, debutta ai Giochi a Rio 2016 e ottiene un ottimo quinto posto, che le vale, al rientro in città, addirittura l'istituzione del "Raven Saunders Day" e una parata dalla "Burke High School", il suo liceo, al centro. Sembra l'inizio di una storia felice, ma è, invece, l'inizio della crisi. Raven si trasferisce in Missisipi e si iscrive alla "Ole Miss University" di Oxford, ma non ripete l'exploit olimpico, patisce i primi infortuni e inizia ad avere qualche problema di soldi. E così, piano piano, sprofonda. La mattina del 26 gennaio 2018 si ferma sull'orlo di un viadotto sull'autostrada con la propria auto, a un solo passo dal burrone dal quale stava per buttarsi. "Sapevo che avrei dovuto fermarmi in università - ha raccontato poi -. Ma ero in confusione, annebbiata. Sono passata davanti al cancello del campus e ho tirato dritto". "Nella mia vita non avevo più nessuna motivazione per fare niente", spiegava, ma all'improvviso era stata un'azione semplice a salvarle la vita: il messaggio inviato a una psicoterapista dell'università. "Volevo che sapesse quello che mi stava succedendo in testa - ha ricordato Saunders - Le ho scritto che avevo paura e che non sapevo quello che stavo per fare a me stessa". E così, in pochi secondi, la sua vita cambia: la dottoressa la chiama, la invita con calma a tornare a casa e a farsi visitare. Lei si lascia convincere e la diagnosi è impietosa: "Depressione, ansia grave e sindrome da stress post-traumatico". Inevitabile il ricovero in un centro specializzato per pazienti con problemi mentali.
Raven Saunders risale a fatica dall'inferno, si cura con la meditazione e la terapia di gruppo e risorge fino all'argento olimpico. E adesso dedica la sua vita alla sensibilizzazione sulla giustizia razziale e sulla salute mentale. Ha accettato di girare un documentario ("Fuori dal buio") sulla sua storia e a Tokyo, durante la cerimonia di premiazione, sul podio ha alzato le braccia formando una X in segno di solidarietà verso il movimento LGBT (lei è lesbica dichiarata) e verso gli oppressi. "Volevo dare visibilità alle persone in tutto il mondo che stanno lottando e non hanno la possibilità di parlare", ha chiarito. Ma resta una domanda in sospeso: perché Raven Saunders indossa le maschere in pedana, come quelle da Hulk (il suo soprannome) o da Joker viste a Tokyo o quella completamente nera di Parigi? Le motivazioni sono molteplici: in primis, è un modo per far parlare di sé e, di conseguenza, veicolare maggiormente i messaggi sociali che vuole diffondere. In seconda battuta, perché si era accorta, ai tempi del Covid, che con la mascherina si faceva distrarre meno dalle avversarie nel pre-gara. "Devo pensare solo a me stessa prima di una gara", spiegava. Tre anni fa c'è riuscita alla grande, chissà se domani sera riuscirà a ripetersi. E, nel caso, quale travestimento s'inventerà per festeggiare...
Fonte: Gazzetta.it