Mattia c’è. Il Campione del Mondo ISKA c’è. È tutto pronto. Manca oramai pochissimo al match in cui Mattia Faraoni difenderà, per la prima volta, quel titolo mondiale conquistato il 26 novembre nella magica serata del Cinecittà World a Roma.
quattro mesi esatti fa era stato il gigante australiano Charles Joyner a crollare sotto i colpi di un ispiratissimo Mattia, caricato anche dall’ambiente di casa letteralmente on fire. All’evento di sabato 25 marzo, “The Arena”, che si terrà al Casinò di Campione d’Italia (uno dei casinò legali del nostro Paese) e ha già fatto registrare il sold out, il suo avversario sarà invece il portoghese Luis Morais.
Il campione azzurro ha parlato del suo momento top e di queste giornate dense, particolarmente cariche a livello emotivo non solo per via del match, ma anche per le terribili notizie che hanno sconvolto il mondo del fighting.
Sono passati già 4 mesi dalla magica notte del titolo ISKA. Sei pronto a difendere, letteralmente, il tuo sogno?
La preparazione ormai è finita, siamo in fase di scarico: in palestra faccio uno specifico lavoro di avvicinamento più leggero. Domani riposo, poi ci sarà il peso e sabato la battaglia. Mi sento carico e pronto per la sfida. Non vedo l'ora di combattere. Sto bene, abbiamo lavorato duramente per arrivare al meglio della condizione. Sono in forma peso perfetta e sento il corpo rispondere alla grande.
Sei concentratissimo e chi ti sta vicino in queste ore lo percepisce. Ma sono state giornate complesse…
Io ho in testa il mio obiettivo, sono super concentrato, so quanto ho e abbiamo lavorato e sabato voglio raccogliere i frutti di tutto questo duro lavoro. Però sono successe tante cose che ci hanno sconvolto. L’incidente di Lorenzo Castagna (scomparso pochi giorni fa a seguito di un incidente in strada, ndr) ci ha devastati. Lore era uno dei pilastri del nostro gruppo, della nostra squadra. Un compagno di avventure che, lo dico davvero, aveva un cuore immenso. Una persona straordinaria, elegante, buona. Sabato sarebbe stato come sempre lì a sostenerci, con quel suo modo unico di fare gruppo. È stata una tragedia, una notizia terribile. Un fulmine a ciel sereno che non vorresti mai affrontare. Tutto il team è sconvolto, ma ciò che vogliamo e possiamo fare è portare il suo pensiero sul ring, con me. Mi piacerebbe dedicargli la vittoria. Manca a tutti…
Tutto questo a pochi giorni di distanza dall’altra terribile notizia: il malore di Daniele Scardina.
Un’altra vera mazzata. Le condizioni di Dani non sono ancora chiarissime, è da un po’ di giorni in coma e finché non sapremo che sarà davvero fuori pericolo rimarrà questa ansia perenne. Speriamo si rimetta presto, siamo tutti con lui. Sono stati 20 giorni durissimi per il fighting in generale, per noi, che avevamo rapporti forti di amicizia con loro, ancora di più. Penso anche a Iuri Lapicus, scomparso a soli 27 anni, sempre per un incidente. Troppe brutte notizie tutte insieme: difficile non restare colpiti.
Resto su Daniele. Le cause del malore sono ancora da accertare. Vedere tutto questo, in chi come te vive i rischi di questo sport quotidianamente, genera maggior paura?
In molti hanno smentito che si tratti di una conseguenza di un colpo, però, mettendo per ipotesi che la causa sia quella, la situazione non cambierebbe. Il nostro è uno sport che può avere effetti collaterali, ma sono rari e difficili. Statisticamente corro più pericoli andando in macchina ad allenarmi. Quindi sì, ci si pensa, ma non c’è paura in quel senso...
Anche perché salire sul ring con la paura...
Assolutamente non da fare. Io credo che siano stati giorni davvero complessi, ma bisogna avere la lucidità di non farsi prendere dalle emozioni quando si sale sul ring. La concentrazione massima è la cosa più importante. Però ci si pensa. Il ricordo è per Lorenzo. Credo che la vera immortalità sia nel ricordo. Voglio e vogliamo ricordarlo, oggi e sempre. Sono cresciuto con i Queen, con la voce di Freddy Mercury, anche se lui già non c’era più. Per me è l’esempio lampante di come si possa influenzare comunque la vita di chi resta. Sarà un nostro onere e onore, da qui in avanti, portare il ricordo di Lorenzo con noi, parlarne, tenerlo accanto.
Torniamo sul match
Luis Morais è un atleta di indiscusso valore e qualità (già tre volte campione in Portogallo e campione d’Europa ISKA nel 2017, ndr). Sarà un match duro, con caratteristiche più “normali” rispetto alla sfida con Joyner. Luis è un avversario completo: lo sto studiando da tempo. Usa bene le ginocchiate, il low kick e ogni tanto i calci alti. È completo, un paio di cm piu alto di me, ma un omone. Sarà un match interessante e divertente. Dovrò cercare di portare il tutto subito sulla mia. Ma vediamo cosa succede nella prima ripresa, è lì che si capiscono tante cose.
L’hai già citato tu: cosa cambia rispetto al match con Joyner?
Col senno di poi dico che Joyner è stato scomodissimo, per caratteristiche fisiche. Era stato un duello davvero molto tattico, di studio. Con Morais si svilupperà una battaglia, molto più intensa a livello cardiaco e con molti più colpi. Joyner era altissimo, mancino, scomodo. Luis è simile a me, ci sarà più contatto inevitabilmente. Una dinamica più standard, diciamo così. E un ritmo più alto.
Come sta la costola?
Dopo il match con Joyner avevo avuto questo leggero rigonfiamento, ma per fortuna si era solo incrinata. Nessuna particolare complicanza. Psicologicamente ed emotivamente stavo e sto da paura, quindi quando mi hanno proposto di difendere il titolo mi sono messo subito in gioco.
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Beh, vedendolo dal vivo, non era tanto "leggero" quel colpo...
(ride, ndr) Sì, a vederlo faceva impressione. Ma per noi addetti ai lavori è normale amministrazione. L’importante era evitare la frattura: sarebbero stati due mesi di stop e molte più rogne per via della preparazione. È bastato un po’ di riposo, meglio così.
Sei stato anche questa volta in Olanda a prepararti?
No. Dopo aver perso il primo match con Joyner per via del problema che avevo avuto, sto molto attento. A circa 20 giorni dal match ho iniziato a usare corpetto, caschetto super, ecc. Da quando ho saltato quell’incontro a giugno sono rimasto traumatizzato dal senso di inadempimento: non voglio più perdere un match per infortunio. Quindi mi tutelo un po’ di più. Doppi paratibie, più protezioni, ecc… La preparazione in Olanda è più tosta e meno controllata, con meno protezioni. Non è la paura di farsi male, ma di infortunarmi e saltare il match. Ho bisogno di fare ancora un paio di incontri così, poi tornerò anche ad Amsterdam. La vedo come una forma di tutela per l’incontro.
Il tuo exploit sta dando tanto al mondo del fighting
Mi hanno detto che sono aumentati i ragazzi che provano questo sport. Sono davvero felice di questo. E si sente l’affetto della gente. So che sabato ci sarà tutta Italia a sostenermi. Spero di onorare al meglio la memoria di Lorenzo e di mantenere questa bellissima cintura a casa: darò l’anima.