Un ruolo che negli anni è cambiato. E sta cambiando. Si sta evolvendo, perfezionandosi e completandosi. Nel calcio di oggi, ormai, al portiere viene chiesto di tutto: di uscire con coraggio e rimanere altissimo, di giocare (bene) con i piedi e ragionare come una sorta di play basso. E fino a prova contraria, soprattutto di parare. Tutto ciò, però, quanto è positivo? Quando, al contrario, certe richieste rischiano di essere controproducenti?
Domande a cui risponde Sébastien Frey, uno che non ha bisogno di presentazioni. Perché si parla di uno dei portieri più forti che il nostro campionato abbia conosciuto tra la fine degli anni ’90 (nel 1998 arrivò all’Inter dal Cannes) e il 2013, quando salutò il Genoa e l’Italia per chiudere la carriera al Bursaspor (Turchia) dopo 446 presenze in Serie A. In mezzo, le grandi esperienze con Verona, Parma e la "sua" Fiorentina, dove mostrò il meglio. “Il ruolo è cambiato parecchio, l’evoluzione c’è stata ed è evidente. Il fatto di essere maggiormente coinvolto nella costruzione rende il portiere più partecipe nella fase di gioco di tutta la squadra: oggi, al portiere, viene sempre chiesto un qualcosa in più”.
A proposito di costruzione dal basso: la direzione, ormai, è questa oppure rischia di essere una forzatura, correndo anche il rischio di farsi del male da soli?
”Oggi il portiere non può essere considerato come un semplice, ultimo difensore. Al contrario, può essere il primo attaccante. Per rispondere alla domanda, dico che questo tipo di soluzione può essere interessante a patto che non venga estremizzata. Mi spiego meglio: se ci fossero i movimenti giusti da parte dei compagni e il passaggio del portiere fosse veloce e preciso, ecco che tutto diventerebbe efficace. Se tutto venisse fatto in modo lento, ecco che diventerebbe tutto più complicato. Con il rischio di commettere degli errori importanti, che portano anche a subire gol”.
Getty Images
Domanda provocatoria: un portiere “normale” a parare e bravo con i piedi viene maggiormente considerato rispetto a uno con qualità strepitose tra i pali, ma mediocre nel gioco palla a terra?
”Purtroppo l’opinione pubblica esalta maggiormente la prima situazione. Non nego che in parte possa anche essere giusto, ma non dobbiamo dimenticarci che un portiere, prima di tutto, deve parare. Così diventa determinante. Se poi fosse bravo anche con i piedi, beh… sarebbe sicuramente un valore aggiunto importante. Ma ripeto: il portiere non deve concedere il gol, il resto viene dopo”.
Meglio la “scuola” precedente o quella attuale?
”Con la vecchia 'scuola' italiana, che ho sempre considerato la migliore in assoluto, si lavorava tantissimo sulla tecnica e su ogni tipo di dettaglio: aspetti fondamentali per avere un atteggiamento, come dire, vincente in porta. E comunque, pure la mia generazione si concentrava sui piedi. In ogni caso, mi auguro che queste e le prossime non dimentichino che la priorità deve rimanere il lavoro specifico, a cui si deve aggiungere la tecnica con i piedi. Non deve essere il contrario”.
Ora qualche singolo: Onana, considerando il suo rendimento al Manchester United, rappresenta un affare per l'Inter avendolo ceduto per 57,5 milioni di euro? Corretta la scelta di andare poi su Sommer?
“Dal punto di vista aziendale, l’Inter ha fatto un capolavoro: preso a zero, venduto a certe cifre dopo un solo anno… Sportivamente a Milano ha fatto bene, anche se in Premier League sta incontrando più difficoltà. E per quanto riguarda Sommer, parliamo di un portiere esperto e di qualità: credo sia stata presa la decisione più logica”.
Maignan è completo o gli manca ancora qualcosa?
“Ha tutto, è l’esempio del portiere moderno: carismatico e bravo con i piedi, imponente in porta e spesso decisivo”.
Getty
I cinque più forti al mondo?
“Il top è Courtois. A seguire, nell’ordine, Ter Stegen, Oblak, lo stesso Maignan e Donnarumma”.
Del quale si continua a parlare: il suo passaggio al Psg nel 2021 fu un azzardo? Avrebbe fatto meglio a continuare con il Milan?
”La gente si è dimenticata del grande percorso fatto da Gigio finora. La decisione di andare a Parigi forse sì, fu un azzardo, ma alla fine ha rappresentato e rappresenta una grande sfida avendo avuto la chance di imporsi in un campionato straniero in cui nulla viene perdonato. Ci sentiamo spesso: una volta mi sono permesso di dirgli che al Psg, secondo me, non stava lavorando con la giusta serenità per poter esprimere al 100% il proprio potenziale, che è altissimo. Un giorno lo rivedrei bene in Italia”.
Restando in Serie A, tra i meno noti chi va seguito con particolare attenzione?
“Parto da Carnesecchi dell’Atalanta, poi Di Gregorio del Monza e Falcone del Lecce che hanno fatto e stanno facendo cose interessanti. Provedel e Meret, invece, sono meritatamente in Nazionale. E non posso non citare Vicario: si sta imponendo velocemente in un torneo difficile come la Premier League, il suo percorso è simile al mio. In futuro potrà fare benissimo”.