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Parigi 2024

Furlani dopo Ceccon, D'Amato, Musetti& co.: l'Italia dei giovani alla conquista dei Giochi

Giorgio Specchia
Furlani dopo Ceccon, D'Amato, Musetti& co.: l'Italia dei giovani alla conquista dei GiochiN/A

Arriva Mattia Furlani in pedana con la spensieratezza dei suoi 19 anni e, davanti agli ottantamila dello Stade de France, stacca con un botto che si sente anche in tribuna. E il boato diventa un oh di meraviglia quando il ragazzo vestito di azzurro si catapulta verso l’alto per atterrare dopo 8 metri e 34 centimetri. In due secondi la vita di Mattia è cambiata. Perché è andato lontano, nel pianeta dei fenomeni, ed è diventato improvvisamente grande con il bronzo olimpico nel lungo. Nella gara dei miti come lo statunitense Jesse Owens, vincitore a Berlino 1936 sotto lo sguardo esterrefatto di Adolf Hitler, o come Bob Beamon e il suo “salto nel futuro” a 8.90 a Città del Messico nel 1968, battuto solo nel 1991 dall’8.95 di Mike Powell.

E di Carl Lewis, il figlio del vento oro in quattro Olimpiadi consecutive dal 1984 al 1996. Ecco perché, se formano questo tipo di persone, sono ben spesi i soldi investiti sullo sport e sull’educazione fisica. Il medagliere olimpico è lì a dimostrarlo, siamo ottavi in un mondo che corre velocemente. La proiezione è che, a fine Giochi, sarà migliorato il record di Paesi con almeno una medaglia vinta. Nel 2021 a Tokyo furono 93. A Parigi, a 5 giornate di gare dal termine, siamo già arrivati a 76. La cosa bella è che, in mezzo alla globalizzazione, spicchiamo per talenti. Mattia è forse quello che all’estero ci invidiano di più. Per la bellezza dei gesti in pista e fuori, per l’educazione, per la semplicità con la quale sa fare cose straordinarie. E per il futuro che lo aspetta, con la fortuna di poter fare questo calcolo: a Los Angeles 2028 avrà 23 anni, a Brisbane 2032 ne avrà 27 e ne avrà 31 all’Olimpiade 2036, senza “etichetta” perché deve essere ancora assegnata…

La certezza, data dai numeri con i quali convive, è che alla sua età nemmeno Carl Lewis era così forte nel lungo. Mattia resterà nell’atletica a lungo. Gli piace e lì ha trovato anche l’amore per Giulia, velocista romana. E allenato dalla mamma ha costruito l’impresa parigina a Rieti, in una pista che ha fatto la storia. Mattia ci è entrato ieri saltando a 19 anni sui gradini del podio di Olimpia. Quella di Mattia arriva un giorno dopo gli storici oro e bronzo conquistati lunedì nella ginnastica artistica, alla trave, da Alice D’Amato, 21 anni, e Manila Esposito, 17, la più giovane azzurra ai Giochi. Con Thomas Ceccon, oro a 23 anni nei 100 dorso, Filippo Macchi, argento a 22 anni nel fioretto, e Lorenzo Musetti, bronzo a 22 anni nel singolare di tennis, sono loro il presente e il futuro, talenti fortunatamente non in fuga perché – almeno nello sport – restiamo all’avanguardia. Orgogliosi di Macchi che perde all’ultima stoccata l’oro e non dà la colpa all’arbitro: "Sono proprio un ragazzo fortunato. Sono arrivato secondo alla gara più importante e ho imparato che le decisioni arbitrali vanno rispettate, sempre".

Con le prime parole di Alice D’Amato da olimpionica per il padre: "Il pensiero più grande è per lui che mi ha aiutato da lassù". L’Italia va e non spezza la serie di 31 giorni consecutivi con almeno una medaglia olimpica dal 18 agosto 2016, quartultima giornata dei Giochi di Rio de Janeiro. Mattia aveva 11 anni ed era ancora diviso tra l’atletica, passione di famiglia, e il basket. Poi ha deciso di seguire l’esempio di papà Marcello e mamma Khaty Seck, uno altista e l’altra velocista. Faceva tutto: 100, salto in alto e ovviamente il lungo che è poi diventata la sua gara. Il bronzo olimpico è ancora under 20 (tra l’altro primatista del mondo con 8.38) ma è già da tempo nel mondo dei grandi. Rispetta tutti, a cominciare dal greco Miltiadis Tentoglou, il lunghista che lascia agli altri solo argenti: a Mattia quest’anno è successo ai Mondiali indoor e agli Europei. Se Tentoglou è l’esempio, Tamberi è l’idolo, il capitano azzurro che “mi fa impazzire e voglio sfidarlo in un 1 contro 1 a basket”. L’unica paura, da studente, era per la matematica anche se “con i numeri ci convivo”. Così dopo l’argento agli Europei di Roma e la maturità al liceo scientifico sportivo, si è presentato all’Olimpiade con la mente sgombra. Il risultato è che dopo 40 anni, dal bronzo di Giovanni Evangelisti a Los Angeles 1984, un italiano torna sul podio olimpico del lungo. E in questi Giochi di Parigi cominciano a diventare tante le imprese dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze.

Fonte: gazzetta.it