La terra dei miei padri (Hen wlad fy Nhadau): il titolo dell'inno nazionale del Galles dice già tutto di una nazione e di un popolo dal passato antico e mistico. Una nazione che la terra dei padri non la chiama Galles o Wales, ma Cymru (pronunciato "kəmri" e non "cimru", come l'italiano imporrebbe). E che dopo i Mondiali in Qatar potrebbe decidere di cambiare definitivamente il nome alla Federazione calcistica nazionale. Da Wales a Cymru, appunto.
Non solo il calcio: i fratelli di Cymru (parafrasando il nostro inno, stavolta) vedono e concepiscono anche il mondo in maniera diversa. Tra le Home Nations (le quattro nazioni del Regno Unito) forse sono i meno blasonati, ma in quanto a orgoglio non sono secondi a nessuno. E se c'è un'occasione sportiva che prevede l'esecuzione dell'inno nazionale o del canto patriottico "Yma o Hyd" ("Ancora qui"), che sia rugby o calcio, amichevole o partita della Coppa del Mondo, non cantano, ma urlano il loro orgoglio. Rossi come le loro maglie e i loro occhi al suono roboante delle loro note. Come si è chiaramente visto nel loro match d'esordio in Qatar contro gli Stati Uniti.
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Cymru, il nome (e il destino) di un popolo
"Pensiamo che il 2023 possa essere l'anno buono", ha annunciato il direttore generale della Federcalcio gallese Noel Mooney nelle ultime settimane. "A casa è questa la parola che utilizziamo. È così che ci sentiamo. C'è un ulteriore sforzo da fare a livello internazionale, ma la rinascita della nostra lingua e della nostra identità culturale è sotto gli occhi di tutti". Cymru è già abitualmente usato nelle comunicazioni ufficiali della federazione da diversi anni, sia interne che esterne. E anche in altri ambiti per così dire ufficiali: la divisione gallese della BBC, ad esempio, si chiama BBC Cymru Wales. Non soltanto un nome, quindi, ma un messaggio culturale e politico potente che vuole espandersi su tutte le frequenze del globo.
Gli esperti ritengono che Cymru derivi dall'antica parola celtica "combroges", traducibile con "compatrioti", in una lingua che probabilmente fu quella del mitologico Re Artù. Un altro tassello di questa semantica del sentimento che esalta l'unione e l'appartenenza di un popolo, forgiate in maniera indimenticata all'epoca della lotta tra celti e anglosassoni per il controllo dell'isola di Gran Bretagna. Nell'inno ufficioso citato prima "Yma o Hyd", nella prima strofa si cita il 383 dopo Cristo, anno in cui i Romani di Magno Massimo (generale dell'Impero, citato anche lui) abbandonarono le terre occidentali della Britannia "consegnandoci un'intera nazione". I Dragoni, insomma, non dimenticano.
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Orgoglio rosso
La denominazione Cymru come il canto "Yma o Hyd" "per noi sono carichi di significato", ha spiegato il CT Robert Page a qualificazione acquisita. Più di una maglia e di una manciata di note: una testimonianza. Nel pieno dei festeggiamenti per la qualificazione a Qatar 2022, capita dunque di vedere un mito vivente come Gareth Bale improvvisare un duetto con un commosso signore anziano. Si tratta di Dafydd Iwan, 79enne autore del brano nazionalista e presidente del Plaid Cymru fino al 2010, il principale partito indipendentista gallese. Perché politica, valori e sport corrono all'unisono in terra di Galles.
La questione linguistica in Galles riflette questa realtà. Nel 1981, proprio quando venne composta "Yma o Hyd", le persone in grado di parlare gallese in patria erano circa mezzo milione: il 19% del totale, il dato più basso mai registrato. Le cose erano però destinate a cambiare. Il revival nazionalista, che si registrò anche in Scozia negli stessi anni, portò al Welsh Language Act del 1993 e all'introduzione del sistema bilingue e, dieci anni più tardi, al riconoscimento del gallese come lingua ufficiale de iure. Oggi a parlare questo idioma millenario è quasi un milione di persone, il 30% dei gallesi.
La questione del cambio nome è tutt'altro che secondaria anche per altri motivi. Secondo il Collins Dictionary, la parola "wales" indica, al plurale, "i segni lasciati sulla pelle da una frustata". Una ragione in più per non sentirsi rappresentati da quella dicitura come Paese. Non solo: "Quella W ci pone in fondo all'elenco in ordine alfabetico della UEFA ai sorteggi e alle assemblee", sottolinea Mooney. "Ormai siamo abituati a sederci accanto ai nostri amici ucraini, ma ci piacerebbe avvicinarci ai cechi e ai croati".
Il passato e il presente celtico del Galles cercano dunque il giusto riconoscimento internazionale grazie al calcio e alla seconda partecipazione di sempre al Mondiale dal 1958. All'epoca il Cymru dell'ex Juventus John Charles fu protagonista di un cammino assurdo e formidabile che si interruppe solo ai quarti di finale, contro il Brasile futuro campione del Mondo di un 17enne sconosciuto che giocava a passo di ginga, come mai nessuno prima e dopo di lui: Pelé.
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Il Galles ai Mondiali del 1958
Grazie a una nuova generazione di buoni giocatori, e qualche stella come Aaron Ramsey e Daniel James e la più luminosa di tutte Gareth Bale, negli ultimi anni la Nazionale gallese ha ottenuto i migliori risultati della sua lunga storia. Una storia cominciata nel 1876, anno in cui fondò la terza federcalcio più antica al mondo dopo quelle "sorelle" inglese e scozzese. Al di là della memoria, che pure ha il suo peso, il Wales del pallone taglia il primo traguardo degno di questo nome qualificandosi per il campionato mondiale di calcio del 1958.
In Svezia il Galles ci arriva però in modo assurdo. Perché, come la Danimarca all'Europeo del 1992, neanche doveva arrivarci, nonostante avesse in squadra fior fior di calciatori. A partire dal centravanti pugile, e gloria della Juventus, John Charles all'attaccante ex Tottenham (con cui vinse la Premier nel '61) Cliff Jones, passando per i vari Jack Kelsey, Ivor Allchurch e Terry Medwin, autore quest'ultimo del gol decisivo nel 2-1 contro l'Ungheria agli ottavi di finale.
I Dreigiau ("Dragoni" in gaelico gallese) avevano chiuso il girone preliminare al secondo posto, dietro alla Cecoslovacchia. Il Mondiale lo avrebbero visto dal divano di casa, se nel Medio Oriente non fosse scoppiata la Crisi di Suez. L'Egitto e il Sudan si rifiutarono di giocare il match di qualificazione contro Israele, nonostante l'impegno della FIFA a garantire lo svolgimento in campo neutro. Il Novecento è stato il secolo del calcio anche per questi episodi che appaiono "al limite" agli occhi di noi spettatori contemporanei: gli israeliani si ritrovarono a un passo da Svezia '58 grazie alla vittoria a tavolino, ma anche le autorità decisero che sarebbe stato tutto troppo facile così, senza giocare neanche un minuto. La qualificazione al Mondiale si sarebbe decisa con uno spareggio col "nostro" Galles, che vinse 2-0 sia all'andata che al ritorno.
In Svezia il Wales fu inserito nel Gruppo C proprio con i padroni di casa, l'Ungheria e il Messico. E sovvertì ogni pronostico, riuscendo perfino a passare il turno come secondi. Ai quarti, però, contro quel Brasile, non c'era davvero niente da fare. Se si aggiunge l'assenza di John Charles, sembra quasi un miracolo che i brasiliani vinsero la partita soltanto per 1-0. Un gol che però ha fatto la Storia, perché siglato da un 17enne Pelé, alla sua prima marcatura con la casacca verdeoro.
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Gli anni d'oro: dal 2016 al 2022
Per mezzo secolo, il Wales non ha conseguito più traguardi simili, tornando a recitare la parte del parente povero delle Home Nations e delle nazionali europee in generale. Fino alla Renaissance gallese firmata da una nuova generazione di campioni, su tutti l'ex Tottenham e Real Madrid Gareth Bale, miglior marcatore di sempre della sua Nazionale con 41 reti e primatista anche di presenze.
L'attaccante ex terzino è stato uno dei trascinatori con gol e giocate in tutte e tre le competizioni internazionali che negli ultimi sei anni ha visto il Galles protagonista. Nel 2016 e nel 2020, quando Cymru ha raggiunto le fasi finale degli Europei - un risultato mai raggiunto prima - e nel 2022 qualificandosi al Mondiale per la seconda volta nella sua storia, battendo l'Ucraina nel match decisivo per staccare il pass per il Qatar. Nel 2016 il Wales è stato eliminato in semifinale dal Portogallo, che poi vinse il torneo, mentre quattro anni più tardi la squadra è uscita agli ottavi dopo aver incontrato nel girone l'Italia (che poi si laureò campione d'Europa).
Ora, in Qatar, l'orgoglioso Cymru è pronto a gridare al mondo quanto è fiera la terra dei suoi padri. Con il canto del popolo gallese "Yma o Hyd" urlato a squarciagola: "Siamo ancora qui, siamo ancora qui, nonostante tutto e tutti, nonostante tutto e tutti, nonostante tutto e tutti". E con l'inno nazionale che guida i cori da stadio prima di ogni partita. "Patria, patria, sono fedele alla mia patria! Purché il mare faccia muro per l'amato e puro nostro Paese. Che sopravviva la vecchia lingua! Saremo qui fino alla fine dei tempi, e la lingua gallese resterà viva". Firmato: Cymru.