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La Giornata Mondiale della Disabilità per un modello di sport integrato

La Giornata Mondiale della Disabilità per un modello di sport integratoDAZN
I campioni del nuoto paralimpico Giulia Terzi e Stefano Raimondi (intervistati in esclusiva), l'anno zero di Bebe Vio e Alex Zanardi: una giornata mondiale della disabilità, oggi 3 dicembre, per urlare che lo sport è integrato. A partire dalle loro storie, così diverse e sempre più in-clusive.

Il 3 dicembre è la giornata mondiale della disabilità, International Day of Persons with Disabilities, dedicata in Italia a oltre 3 milioni di persone che rappresentano il 5,2% della nostra società.

Disabile è però una parola contro cui lo sport combatte. Combatte per cancellare un prefisso (dis-) che ha significato peggiorativo e indica una disfunzione, un’anomalia, un’alterazione, un difetto, una malformazione. 

Lo sport, quello essenziale, ha invece un tessuto inclusivo, integrato, indistinto. Ecco, il prefisso in- è bello quando viene da dentro per incorporare, unire, associare, ma per farlo ha proprio bisogno di un termine parasintetico che superi il preconcetto, altrimenti anche l’in- ci priverebbe di qualcosa.

Meno in-abile, più para-limpico e saremo pronti a parlare di sport integrato, anzi di vita integrata con Giulia Terzi e Stefano Raimondi.

Intervista a Giulia Terzi e Stefano Raimondi

Loro perché sono due campioni dello sport italiano. Lei oro di Tokyo 2020 nei 100 metri stile libero S7 in 1:09.21 (record paralimpico) e della staffetta 4x100, nata il 14 agosto 1995 a Melzo (Milano) e affetta a cinque anni da scoliosi congenita, che l’ha costretta presto in sedia a rotelle.

Lui è nato il primo giorno del 1998 a Soave (Verona), campione paralimpico dei 100 metri rana SB9, a quindici anni ha subito danni permanenti alla gamba sinistra per un incidente in scooter. E nel 2021 è stato l’atleta più medagliato di Tokyo 2020 con 7 titoli nel nuoto.

Loro perché sono fidanzati, ovvero si sono inclusi. Innamorati di un noi, dello sport e della vita, cancellando le differenze.

Giulia Terzi: «Quando sono in piscina, sono un’atleta. Fuori dalla vasca, sono una persona che studia e lavora, trasmettendo il calibro dell’atleta e i valori che lo sport mi ha insegnato anche nella vita privata. E viceversa, porto in acqua tutta la mia esperienza, trasferendo ciò che ho imparato e vissuto nella “parentesi atleta”».

Stefano Raimondi: «Sì, siamo testimoni nello sport e nella vita. Siamo un noi con storie e sensibilità diverse e grazie allo sport possiamo arrivare a diversi pubblici».

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Certo che ci sono diversità e differenze e se si parla di sport integrato, l’Italia è un’eccellenza grazie allo sforzo, la bravura e l’investimento del Comitato Italiano Paralimpico, solo non si potrà dirsi ugualmente del sociale.

Giulia Terzi: «Da un punto di vista prettamente sportivo, l’Italia è un paese cardine per la tecnica dello sport paralimpico, un punto di riferimento che a Tokyo 2020 ha portato atleti di ogni classe di disabilità fisiche, visive, uomini e donne indistintamente. Se passiamo al sociale, però, c’è ancora tanto tanto tanto da fare. A partire dalle strutture, perché ¾ delle strutture in Italia non sono accessibili ai disabili e non parlo solo a livello sportivo, ma di uffici, negozi, strade. E va cambiata la percezione, che non è più quella del “Poverino in carrozzina”, ma ha ancora del compassionevole e direi che “A una certa anche basta” (ride, ndr). Bisogna andare oltre le apparenze per guardarsi dentro».

Stefano Raimondi: «Sì, il nuoto paralimpico italiano è motivo di vanto. Ai Mondiali del 2019 abbiamo vinto il medagliare, solo io e Giulia insieme siamo tornati da Tokyo 2020 con 12 medaglie, eppure abbiamo problemi di accessibilità che si riflettono dal nostro sport alle nostre vite. Riguardano le piscine, ma anche per esempio le piste di atletica e i poligoni di tiro per i normo. Da questo punto di vista, abbiamo tutti gli stessi problemi».

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Strade nuove, diverse, olimpiche

Giulia e Stefano sono esempi e modelli. Portatori san(issim)i di valori spessi e vincenti, sportivi ed esistenziali. Per esempio, Stefano era un calciatore prima d'un incidente fatale, ma anche di un nuovo punto d’inizio verso la grandezza sportiva. Per esempio, Giulia ha avuto un trascorso da ginnasta che ha dovuto lasciare anche per via della scoliosi, ma figlia d’arte di mamma ex-agonista, è ripartita dal nuoto. Anzi, è tornata alle origini per riscattare il suo destino:

Giulia Terzi: «Ho iniziato con il nuoto, lo odiavo, piangevo e non volevo nemmeno entrare in acqua. Poi sono tornata su quella strada, o meglio in vasca, quand’ero in carrozzina. In ginnastica non sarei diventata una campionessa e non solo per il mio problema fisico, anzi senza problemi a dirlo... Però ho sempre continuato a fare sport con dedizione e volontà. Per l’amore dello sport e finalmente nel posto giusto. Non succede niente se bisogna cambiare rotta, non è mai una sconfitta, anzi che diventi motivo d’arricchimento».

Tokyo 2020, Stefano Raimondi vincitore di 7 medaglie nel nuoto paralimpico

I loro valori sono olimpici con o senza para e con un messaggio olimpico ci parlano, ammirati da loro e dal loro "noi".

Giulia Terzi: «Quando sono partita per Tokyo mi sono detta: "Goditela al massimo", dopo molti sacrifici fisici e anche psicologici. Il mio messaggio olimpico è “Ringrazia le TUE persone, famiglia, amici e staff tecnico, affidati e chiedi aiuto alle tue persone, che stanno facendo i tuoi stessi sacrifici con il tuo stesso obiettivo».

Stefano Raimondi: «Circondati di persone che ti vogliono bene. Dopo il mio incidente s’è aperto un ciclo che è finito, per il momento, sul podio di Tokyo tra le lacrime (di gioia! Ndr.). Avevo bisogno di persone che mi aiutassero a superare le difficoltà per arrivare fin lì, sia come uomo che come sportivo».

Tokyo 2020, Giulia Terzi vincitrice della medaglia d'oro dei 100m stile libero paralimpici

Bebe Vio e Alex Zanardi anno zero

La percezione diffusasi in Italia è che nello sport integrato esiste un prima e dopo Bebe Vio e Alex Zanardi con le loro storie diversissime.

A undici anni, Bebe Vio è stata colpita da una meningite fulminante. Prima schermitrice, e doppia campionessa paralimpica di fioretto a Rio 2016 e Tokyo 2020, ad aver gareggiato con quattro protesi artificiali, simbolo di resistenza, icona di un vigore instancabile che dallo sport investe il tessuto sociale con forza d’urto. Testimonial d'istituzione della rinascita umana, influencer onnipervasiva - dalle celebri foto di Anne Geddes per la campagna "Win for Meningitis" alla cena della Casa Bianca con Barack Obama, fino al recente incontro in Parlamento Europeo con Ursula Von del Leyen - a ventiquattro anni Bebe è un brand vivente, ovvero l’associazione art4sport che combatte di sciabola e fioretto contro ogni forma di pregiudizio.

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WEmbrace: sfida alla pari

Ultima missione compiuta da Bebe Vio, l’evento inclusivo che lo scorso 25 ottobre, all’Allianz Cloud di Milano, ha coinvolto atleti olimpici, paralimpici e campioni di ogni disciplina con fitta rappresentanza calcistica - Roberto Mancini, Andrea Pirlo, Javier Zanetti, Claudio Marchisio, - per dimostrare che esiste un normo, nel senso di normale paragone sportivo. WEmbrace, una sfida alla pari fra due delegazioni olimpiche e paralimpiche, composte da 40 atleti ciascuna in quattro squadre miste di calcio, pallavolo, scherma e basket, praticati in versione paralimpica.

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Mi chiamo Alex e sono un pilota

Alex Zanardi, ex-pilota di Formula 1 e Champ Car, ha visto le fiamme dell’inferno vent’anni fa, perdendo il controllo della sua vettura sul circuito del Lausitzring, in Germania. Investito da un’altra monoposto, dopo 16 operazioni chirurgiche e 7 arresti cardiaci, Zanardi sopravvive allo spaventoso incidente con le gambe amputate.

La sua seconda vita diventa incredibile. Nell’anno dell’incidente, alla premiazione dei Caschi d’oro, Zanardi si solleva dalla sedia a rotelle e promette che sarà per sempre un pilota. E che, dovesse rompersi ancora le gambe, gli basterebbe una chiave a brugola per rimettersi in piedi. Si lega alla BMW, che per lui non è solo una scuderia, ma una macchina per la sua sempre più veloce missione. Vince un Campionato Italiano Superturismo, partecipa al Campionato Europeo, gira con una F1 BMW-Sauber sul circuito di Valencia, gareggia nelle 24 Ore di Spa e Daytona, vince al Mugello una prova del Campionato Italiano GT.

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La grande sfida della vita

Non ha mai smesso di fare il pilota e ha scelto il paraciclismo per eccellere in handbike: vince 4 medaglie d’oro e 2 argenti olimpici fra Londra 2012 e Rio 2016, 12 titoli mondiali, perfino l'Ironman di Cervia finché la sua irripetibile vita non gli presenta un’altra sfida, un’altra tragica, la più difficile. Nell’estate del 2020, durante la sua staffetta di beneficenza in handbike, si scontra con un camion sulla Statale 146 all’altezza di Pienza, nel senese. Un altro incidente, altri durissimi giorni di interventi neurochirurgici e maxillo-facciali, settimane di terapia intensiva e coma farmacologici, mesi di stimoli multimodali sotto il controllo di medici, fisioterapisti, neuropsicologi, logopedisti. Su Rai3, Alex Zanardi ha condotto Sfide. Della vita, ne è attore protagonista.

«Alex Zanardi è un grande - dice Giulia Terzi. Ha avuto una carriera eccezionale dopo il suo incidente, e ha continuato ad averla dopo, portatore di messaggi positivi e "ben visibili" per le caratteristiche e la gestione del movimento paralimpico».

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Sempre in-tegrato, mai più dis-abile

Giulia Terzi affida quindi all’International Day of Persons with Disabilities la sua ricetta di sport integrato per una vita mai più “diversa”, mai più “divisiva”, mai più “disabile”:

«I nostri “problemi” vanno affrontati con una certa delicatezza e molta sensibilità, perché noi atletici paralimpici siamo un punto di riferimento per così tante persone. La mia più grande vittoria è quando vengo contattata dai bambini che mi chiedono “come funziona”, perché anche a loro è successo “qualcosa” e per loro vorrei essere fonte d’ispirazione, essergli d’aiuto, con una certa emotività e i giusti mezzi per affrontare le sfide».

Perché sia così, il movimento paralimpico non dev’essere minimizzato né forse soprattutto massimizzato. Parole diverse e normali, in-spirate, specialmente dis-umane. Semplicemente squisite.

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