Vent’anni quasi giusti. Quasi, perché il Giappone da che F1 è F1 è stato sinonimo di inizio autunno. E quest’anno di colpo arriva basso quasi come la Pasqua. L’hanno spostato per ottimizzare, più verosimilmente per limitare i danni (economici, ambientali, di stress dei team) dell’andirivieni tra un continente e l’altro. Incastrato tra l’Australia e la Cina ritrovata. Vent’anni fa invece era la penultima di stagione e, in un certo senso, era stata la fine di un era. Al momento nessuno se ne rese conto, quel giorno qualcosa di meraviglioso andava a finire: Michael Schumacher, già campione da un bel po’ di settimane, portava idealmente per l’ultima volta la Ferrari in cima al podio di Suzuka. E cominciava un’attesa che dura ancora. Da allora per le rosse laggiù tre secondi e altrettanti terzi posti (più i due terzi di Raikkonen nelle edizioni 2007 e 2008 al Fuji). Vittorie zero. La storia insomma dà già qualche indizio per quanto riguarda i pronostici per la sfida che dovrebbe essere, si spera, solo con la Red Bull e solo per la leadership. Con un problema: che al contrario, nel ventennio di astinenza ferrarista, i produttori di lattine a Suzuka di vittorie ne hanno ottenute sei. Due nelle ultime due uscite (dopo che nel 2020 e 2021 in Giappone non s’era corso per la pandemia), entrambe, nemmeno a dirlo, con Max Verstappen. Che peraltro nel 2022 trionfando si era ritrovato campione del Mondo. Se i precedenti rivelano una certa predisposizione quasi genetica per determinati tracciati sarebbe da dire che la Red Bull parte con qualcosa di più. Ma non è solo questo, ovviamente: è che Melbourne per Verstappen è stato un intoppo. L’inconveniente tecnico, per quanto molto più raro che in passato, è sempre in agguato. Sarà casomai da capire se il guaio abbia a che fare con l’estremizzazione della monoposto. In ogni caso: già nel dopo gara in Australia l’eminenza grigia del box Red Bull, Helmut Marko, aveva parlato di rivincita sicura in Giappone. Domato il principio di incendio sull’impianto frenante posteriore della RB20 n.1, insomma, tutto ricomincia come prima. Suzuka, si sa, è la più completa e probante pista del campionato. Verstappen ha già detto più volte di amarla molto. E infatti da quando è in Red Bull ogni volta che ci è arrivato in fondo (nel 2019 si ritirò) è sempre andato sul podio. La stessa cosa la può dire solo del Montmelò e di Zeltweg. Sarà piuttosto da capire se, come era stato annunciato in sede di presentazione, il GP giapponese coinciderà con l’esordio delle nuove fiancate “zero pod”, sorta di versione Redbullista della filosofia adottata da Mercedes nel 2022 e prontamente abbandonata in avvio di 2023. Sussurri e logica suggeriscono non sarà così, se non forse in misura ridotta. Horner, Marko, Newey e Verstappen (Perez chissà) promettono comunque di ricominciare da dove avevano lasciato a Gedda. La Ferrari, al contrario, ci tiene a ricordare che in mezzo c’è stata Melbourne. Potrebbe in parte valere lo stesso discorso fatto per le Red Bull su Suzuka: l’Albert Park è sempre stato piuttosto benevolo con le varie rosse che via via si sono succedute a correrci. Ma stavolta c’è di più. E di meglio. Oggi come nel 2023 la Ferrari arriva a Suzuka reduce da un successo. Lo scorso anno da quello di Singapore. Aiutato da una specie di amnesia collettiva della Red Bull, come avrebbe poi tristemente confermato il perdurare del degrado gomme che ha flagellato la stagione ferrarista fino all’ultimo GP. La SF-24 ha altra tempra e diversa attitudine. È più bilanciata, più guidabile, più prevedibile. Non ha fame d’aria, come invece sembrano avere altre monoposto (la Mercedes su tutte), per quanto le previsioni per il fine settimana siano di temperature medio-basse e forse anche di pioggia. Ma soprattutto, finalmente, questa nuova Ferrari non mangia le gomme. In definitiva è ben più vicina alla Red Bull. Al netto della familiarità col tracciato, lo ha confermato a Melbourne, specie per quanto riguarda il passo gara, dunque più nelle libere del venerdì che in qualifica. Per questo Suzuka, a vent’anni dall’ultimo successo, dirà qualche verità in più sulle possibili ambizioni. Anche perché da Sakhir e Gedda e poi da lì a Melbourne s’è di volta in volta parlato di caratteristiche diverse. Suzuka riassume tutto. Solo che gli altri anni, a ottobre, i giochi quasi sempre erano fatti, era una specie di esame in tutte le materie, col voto finale. Quest’anno, GP 4 di 24, darà indicazioni e auspici preziosi. Speriamo buoni.
FIA F1 World Championship
La Suzuka del giudizio: la Ferrari a caccia di conferme dove non vince da 20 anni
N/A