Ci sono gol dell’ex da libro cuore e altri che sfogano rancore.
Ci sono gol squisitamente malinconici. Come quello di Gabriel Batistuta che all’Olimpico batte la sua Fiorentina, sommerso dai nuovi compagni di squadra. Come quello di Frank Lampard, che dopo 648 volte di Chelsea, segna contro i Blues commovendosi. Lacrime da uomini veri.
Ci sono altri gol insolenti. Come quello di Emmanuel Adebayor, che corre per tutto il campo dell’Arsenal tra migliaia di ex-tifosi inferociti. Come nei derby di Ronaldo il Fenomeno o di Zlatan Ibrahimovic, passati al Milan, segnati contro l’Inter.
I RIGORI CHE DEVONO ESSERE TIRATI
Ci sono rigori che non possono essere tirati. Come quello rifiutato trent’anni fa da Roberto Baggio, a Firenze per la prima volta con la maglia del nemico dopo cinque anni d’amore carnale.
Ci sono rigori che eppure devono essere calciati. Come quello di Mattia Aramu che, nato a e cresciuto nel Torino, è diventato leader silenzioso del Venezia. Undici metri di danza macabra a cuore aperto per un gol che decide il risultato: 1-1, pari e sospiro di sollievo.
MATTIA ARAMU, RAGAZZO DEL FILADELFIA
Mattia Aramu, classe 1995 di Cirié, nonno sardo e papà torinese, è un ragazzo del Filadelfia. La sua anima è granata, come quella maglia vestita per una vita, dai primi calci fino debutto in Serie A TIM (Pescara-Torino nel 2016). In massima serie, dove non aveva mai segnato prima di tornarci, sei anni dopo, da mente del Venezia neopromosso. Prima che il destino, osceno e mirabile, gli riservasse un calcio di rigore contro il Toro.
«Non ci avrei mai nemmeno creduto di fare gol al Torino. È stata un’emozione doppia contro la squadra che mi ha cresciuto per sedici anni: un gol così difficile che, pur essendo il mio primo in Serie A, non ho esultato». Un gol che non è solo dell’ex, ma specialmente esistenziale. Ci sono rigori incancellabili, come certi mai tirati.