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Parigi 2024

L'Atletica "leggerissima" italiana: siamo i più forti, lo dicono numeri e medaglie

L'Atletica "leggerissima" italiana: siamo i più forti, lo dicono numeri e medaglieGetty
Cinque ori, cinque storie incredibili. L'Atletica leggera azzurra ha vissuto "la migliore Olimpiade di sempre", come sostenuto dal Presidente Malagò

E’ da urlarlo a pieni polmoni, una volta calmato il fiatone. E’ da appuntarselo su un post-it e riguardarlo dieci, cento, mille volte, tutte con lo stesso sorriso. Nessun Paese al mondo è stato bravo quanto l’Italia nell’atletica leggera. Abbiamo superato gli Stati Uniti, per ben due volte battuto all’ultimo centimetro la Gran Bretagna, infilato più ori (al momento) di Francia e Germania, di Cina, Giappone e Canada. Gode il medagliere e gode l’Italia intera, che adesso ha nuovi eroi da seguire e un movimento che raccoglie tutta la semina di anni aridi e con folate di talento. Che ora ha il compito più difficile: finita la festa, tornare a coltivare tutti i talenti che abbiamo dimostrato di possedere.

L’ultimo scatto è stato della 4x100 e si è rivelato sovrumano: Tortu – per qualcuno già Tortu Muso ed evitiamo di spiegarla – ha spinto tutte le sue ambizioni dopo una staffetta in cui siamo partiti alla grande, ci siamo fatti guidare da Jacobs, abbiamo assorbito il ruolo di underdog e l’abbiamo coltivato fino allo svantaggio negli ultimi cento metri. Filippo è stato un’esplosione di passi dal ritmo spaventoso. Ha sbuffato tutta la rabbia accumulata per aver corso sempre sopra i 10’’10. Ha allungato la testa al momento del distacco, permettendo al photofinish di annunciare ancora il tricolore sul gradino più alto.

Velocissimi, verso le vittorie

Questo è Tokyo2020, verrebbe da dire. Il luogo in cui tutto è possibile e ogni speranza di spedizione azzurra si è fatta meravigliosa certezza. Siamo a quota 38 podi, quanto aveva previsto Malagò. Siamo arrivati alla doppia cifra solo di ori, e questo sembrava impronosticabile. Così come è oltre le leggi dell’umana speranza il risultato dell’atletica leggera: 5 vittorie, nessuna scontata o scritta in partenza. E allora anche cinque incredibili storie.

Il presidente Coni non ci è andato leggero e ha cavalcato l’entusiasmo. Per lui si tratta de “La più grande Olimpiade di sempre”. Qualche giorno fa contava i quarti posti e oggi inevitabilmente è finito a chiedersi dove, come, cosa sarebbe l’Italia se tutte le promesse fatte prima di arrivare in Giappone fossero state mantenute. Tokyo ha infatti sancito un passaggio di testimone – ed è il caso di dirlo – epocale, mai così marcato e mai così netto rispetto al passato. L’atletica è diventata la competizione regina e ha sollevato dal trono vere tradizioni azzurre, come nuoto (comunque ben medagliata) e scherma, dove ci aspettavamo di trionfare.

Invece è stato tutto un gioco di velocità. E di consapevolezze. Era stata la prassi a lasciare l’atletica italiana a fari spenti. In poco tempo i risultati hanno attirato riflettori, abbaglianti, e inserito la marcia giusta. Freccia a destra, quella di Tortu nella finale del 4x100, raccontando al mondo quanto valga un oro olimpico e cioè un centesimo di secondo, a patto che sia decisivo. Qualche giorno prima aveva visto con gli occhi di un bambino l’amico Jacobs correre in 9 secondi e 80 centesimi e diventare il re del mondo: ancora oggi, quella di Marcell resta la storia delle Olimpiadi e si farà per sempre simbolo generazionale. Un racconto da tramandare. Il ricordo cristallizzato nella memoria di un’estate che non tornerà più e difficilmente raggiungerà risultati simili.

Marcell Jacobs, medaglia d'oro nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo 2020

Gli ori della fatica

Sarà bello, ancor più bello, quando il tempo farà il suo corso e permetterà di sciogliere tutte le emozioni in un attimo di consapevolezza: come miele, addolcirà tutto, persino la stanchezza. Agli ultimi chilometri delle Olimpiadi (a questo punto) più belle di sempre rendiamo grazie alla velocità ma anche, soprattutto alla resistenza. A quella di Gimbo Tamberi: ha sofferto, ha lavorato, aveva messo queste Olimpiadi nel mirino e ha dovuto attendere persino un altro anno. Non ha scalfito il suo umore e la sua tenacia, e l’oro è stato un premio a tutto ciò. Solo dopo è arrivata l’altezza, il terzo tempo, il salto e l’abbraccio con Barshim.

Massimo Stano, due giorni dopo campione olimpico nella marcia maschile (20 chilometri) ha detto di essersi ispirato proprio alla storia di Gianmarco. Di aver applicato la sua tenacia in uno sport in cui resistere è tutto, la strategia fa tutto il resto. A tre chilometri dal traguardo ha staccato il gruppo e non si è guardato più indietro: aveva una spinta, forte, ed era l’esempio trainante di tutto il movimento dell’atletica leggera. Oggi Antonella Palmisano ha vinto nella stessa disciplina, chiaramente al femminile, mostrando la stessa grinta e uguale disposizione al sacrificio. Tutti segnali di forza, superiorità, ritrovata ambizione. E allora metti un po’ di atletica leggera, anzi leggerissima: non c’è più il silenzio assordante dello zero assoluto di Rio de Janeiro.

 

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