Allyson Felix
L’icona di Tokyo 2020 è Allyson Michelle Felix perché, chiudendo la sua storia olimpica a 35 anni con un bronzo nei 400 metri e l’oro USA della 4x400, ha tagliato il traguardo di un tempo infinito. Cinque olimpiadi, 11 medaglie, 7 ori e un capolavoro: la piccola Cammy che a Los Angeles aspetta la sua mamma leggenda.
Armand Duplantis
Vero, non è riuscito a migliorare per la terza volta il suo record del mondo di salto in alto, tirando giù l’asta per un micrometro di cute a 6,19 metri. Però, per intenderci, l’argento Chris Nilsen s’è fermato a 5.97. Si chiama Armand Duplantis e a ventun anni s’è preso il mondo. Prima o poi salterà nello spazio.
Elaine Thompson-Herah
È la Bolt dell’atletica: si chiama Elaine Thompson-Herah e niente: a Tokyo ha confermato i titoli dei 100 e 200 metri piani di Rio 2016, vincendo stavolta anche il terzo oro 4x100 con le sue saette (Shelly-Ann Fraser-Pryce, Shericka Jackson e Brianna Williams), che delle 9 medaglie giamaicane su pista ne hanno vinte 5. Eroina caraibica che, dalla parrocchia giamaicana di Manchester, sta già sprintando verso Parigi.
Caeleb Dressel
Il suo mito nel mirino è Michael Phelps, The Greatest Olympian of all time, che ai Giochi ha vinto 23 medaglie d’oro. Prossimo ai 25 anni, Caeleb Dressel si prende tutto nella vasca di Tokyo: 50 e 100 metri stile libero con record olimpico, 100 farfalla con primato mondiale, 4x100 stile libero e 4x100 misti. Rispetto ai Djokovic e le Simone Biles che, si fa per dire, hanno deluso certe attese trionfali, Dressel ha nuotato una cronaca di dominio annunciato.
Emma McKeon e Ariarne Titmus
Al femminile, le Dressel di Tokyo è stata Emma McKeon, simbolo di un’Australia nazione continente e vincente: medaglia d’oro dei 50m, 100m, 4x100m stile libero e dei 4x100m misti, bronzo nei 100m farfalla, nella 4x200m stile e nella 4x100m misti. Con la connazionale Ariarne Titmus, oro dei 200m e 400m (argento negli 800m), la McKeon ha dominato il nuoto femminile prendendosi molte copertine che alla vigilia parevano riservate alla Ledecky.
Jason Kenny
Nel Regno Unito, dove la pista è sacra per i meriti sportivi dei due baronetti Chris Hoy e Bradley Wiggins, c’è un nuovo Sir in bicicletta alla corte di sua maestà: si chiama Jason Kenny e, titolato da Pechino 2008, a Tokyo ha vinto la sua settima medaglia d’oro. Difendendo il suo primato nel keirin e quello della Gran Bretagna (6-4-2) nel medagliere del velodromo.
Sydney McLaughlin & Karsten Warholm
Nel mondo dell’atletica, i 400m ostacoli vengono chiamati The Man Killer e non è mai parsa cosa esagerata. Richiedono notevoli qualità aerobiche combinate a tecnica, velocità, gestione strategica, precisione, grande padronanza di sé e comprensione dello spazio, distribuendo fra i dieci ostacoli reattività e resistenza. I 400 ostacoli vanno vinti con il corpo e con la mente, come l’americana Sydney McLaughlin in 51’46 e il norvegese Karsten Warholm in 45"94. Ecco, loro ci hanno aggiunto uno sprint che negli ultimi 100 metri è valso i primati mondiali.
Quan Hongchan & Tom Daley
Con il suo 10 perfetto dalla piattaforma di Tokyo, Quan Hongchan è stata l’ultima e più giovane dei 7 ori dell’impero cinese dei tuffi. A quattordici anni, ha chiuso la sua prova con un triplo salto mortale e mezzo indietro raggruppato che ha commosso, perché Quan Hongchan si tuffa per pagare le cure alla madre gravemente malata.
È ciò che hanno in comune lei e Tom Daley che, unico oro non cinese dei tuffi olimpici (sincronizzato con Matty Lee), ha fatto l’uncinetto sugli spalti per devolvere il ricavato delle sue maglie al Brain Tumour Charity, che si occupa di raccolta fondi per la cura dei tumori celebrali: male per cui suo padre è morto dieci anni fa.
Sifan Hassan & Eliud Kipchoge
Dalle sprinter del mito alla mezzofondista olandese Sifan Hassan, che dopo aver vinto 1500 e 10000 metri ai Mondiali di Doha, s’è consacrata a Tokyo trionfando nei 5000 e 10000 olimpici.
Erano le distanze del keniano Eliud Kipchoge, che ad Atene 2004 fu bronzo dei 5000 e da allora di strada ne ha fatta, diventando il maratoneta d’oro di Rio 2016 e Tokyo 2020. Nera stella d’Africa che ha piedi per correre e ali per volare.
Le medaglie degli altri
Dedicato alle storie olimpiche che più vi son piaciute per trame inclusive, geopolitiche, solidali o solo empatiche. Per esempio Eduardo Alvarez, primo portabandiera USA di genitori cubani, che è diventato il sesto atleta a vincere una medaglia sia ai Giochi invernali, argento nello Short Track di Sochi 2014, che a quelli estivi con un argento nel baseball di Tokyo 2020. A Jessica Springsteen figlia del Boss, sempre americana e sempre argento nell’equitazione.
Gli USA (113, 39-41-33) sono i primi del medagliere al fotofinish sulla Cina, mentre Bermuda ha vinto il suo primo oro con Flora Duffy nel triathlon e San Marino le sue prime medaglie fra Alessandra Perilli nella fossa olimpica (argento e bronzo) e Myles Amine bronzo della lotta libera.
Lotte di resistenza e speranza
Ecco, parlando di lotta, l'oro della massima categoria greco romana (130 kg) non cambia da Pechino 2008 perché El Terible cubano Mijaín López è un mito invincibile della rivoluzione olimpica, il gigante di Herradura che ha voluto dedicare la sua vittoria a Fidel Castro "Nostro comandante imbattuto".
Lotte libere di speranza e bronzi (categoria 86kg), Artur Naifonov aveva sette anni quando, nel 2004, un commando di terroristi fece irruzione nella scuola di Beslan, in Ossezia del Nord. Naifonov fu per tre giorni ostaggio e fra le 300 vittime del massacro ci fu sua madre. Storia nella storia, Zaurbek Sidakov era un suo compagno di classe che quel maledetto giorno a Beslan rimase assente: non come sul tappeto di Tokyo, vincitore dell’oro nella categoria 74 kg.