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Parigi 2024

Luigi Busà, il ragazzo dal kimono d'oro

Fabio Disingrini
Luigi Busà, il ragazzo dal kimono d'oroDAZN
Nel Budokan di Tokyo, il tempio delle arti marziali, Luigi Busà ha vinto la prima medaglia d'oro del karate olimpico eccellendo nella tecnica del kumite: un match che ha trasformato l’arte del tatami in un atto di forza.

Il ragazzo dal kimono d’oro , interpretato da Kim Rossi Stuart in un minuscolo cult vietato ai maggiori di tredici anni, fu iniziato al karate col corpo e con la mente. Il karate, anzi karaté, come lo si chiamava molto erroneamente nel pieno degli anni Ottanta, era l’arte marziale del basso impero.

Nel tempio del Karate

Il karate era l’unica arte marziale diffusa in Italia come attività sportiva di base prima che il judo uscisse dalle palestre militari o che Mesagne, nel cuore del Salento barocco, diventasse capitale mondiale del Taekwondo. La Mesagne di Carlo Molfetta campione di Londra 2012 e di Vito Dell’Aquila primo oro italiano a Tokyo 2020, che è solo l’ultima delle splendide stranezze d’una globalizzazione delle arti marziali.

Il Giappone le ha riportate a casa due volte, ma a Tokyo 1964 la Budokan Hall di Tokyo fu violata da Anton Geesink, un gigante olandese prima medaglia d’oro del judo olimpico. E oggi nel tempio, un cuore ottagonale avvolto di ciliegi in fiore e Cinque Cerchi, Luigi Busà ha vinto la prima medaglia d’oro dell’Italia nel karate alla sua prima partecipazione.

La Finale del Kumite olimpico fra Luigi Busà e Rafael Aghayev

Cintura nera d’Avola

Luigi Busà, karateka siciliano nato il 9 ottobre 1987, cintura nera d’Avola, vincitore di 7 titoli mondiali, era il favorito della categoria 75 chili e non ha tradito le attese, vincendo una sfida estrema e seducente. Ha battuto nell’ennesima finale della loro carriera l’azero Rafael Aghayev, il rivale di sempre, mito irruento del kumite. L’ha fatto eccellendo nella tecnica di combattimento, in un match che ha trasformato l’arte del tatami in atto di forza.

Dalla purezza d’oro del kata di Ryo Kiyuna, giovane maestro giapponese della tecnica fondante, allo yuko d’oro di Luigi Busà che ha fatto una dedica italianissima, alla mamma, prima di porgere al karate il suo segno spirituale: «Parlavo con Lui, non so chi sia, ma solo Lui sa quanto ho sofferto e i discorsi che ho fatto rivolto alla luna e al sole».

 

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Da ragazzo obeso a uomo d’oro

Per Busà è stato «un anno folle, difficilissimo, fatto di cose personali che un giorno vi racconterò, ma oggi no, oggi voglio solo godermela». Una sua cosa personale la conoscevamo fin dal giorno in cui ci disse, con la giusta presunzione che si specchia nel coraggio, che sarebbe andato a Tokyo per vincere la medaglia d’oro del karate.

Ci disse che è stato un bambino complesso, un adolescente obeso con tutto ciò che ne deriva, prima d’affidarsi al padre sensei che l’ha trasformato in un uomo d’oro. Pardon, un ragazzo dal kimono d’oro che risale le correnti come una carpa Koi. E supera i suoi limiti solo grazie a una dieta che si chiama forza di volontà.