Accettare, metabolizzare e sperare. Sono stati, e saranno, tre passaggi mentali difficilissimi da affrontare per i tifosi del Napoli in quest’estate, a dir poco, rivoluzionaria. Tre, come i gropponi in gola da lasciare alle spalle pronti-via: Insigne, Koulibaly e Mertens. Tra i ritiri di Dimaro e Castel di Sangro, i tifosi si consolavano a vicenda, raccontandosi per quale partenza avessero pianto di più. Al di là però del sentimento (guai mai, ma s'è già detto di tutto), razionalmente parlando, Luciano Spalletti quest'estate ha perso tutti, ma veramente tutti, i senatori dello spogliatoio. Con l'imminente partenza di Fabian Ruiz, anche il centrocampo non è stato risparmiato e ad oggi prevedere che campionato potrà fare il Napoli appare praticamente impossibile.
Chi sarà il nuovo "comandante" di Castel Volturno? Chi porterà la napoletanità nello spogliatoio? Chi riuscirà a caricarsi sulle spalle la squadra nei momenti complicati? Perché alla fine di questo si tratta.
La crescita di Rrahmani
E' vero: freschezza, talento e sana incoscienza sono il pane del calcio d'oggi ma a questo è necessario associare l'esperienza e il carisma. Concetto che conosce benissimo Luciano Spalletti e che ama applicare nelle micro-dinamiche della sua squadra, esempio lampante: Amir Rrahmani. Nessuno è cresciuto più del kosovaro, grazie soprattutto ai consigli di Kalidou. Osservando “KK” da bordocampo la cosa che stupiva era quanto fosse chiacchierone. Tono sempre basso e mai fuori dagli schemi, ma costante. Dopo ogni azione correggeva Amir, gli dava consigli su come mettersi col corpo nelle marcature e gli suggeriva i tempi di uscita negli anticipi. Ed oggi, beh, Rrahmani sarà tra i difensori più cari alle aste del fantacalcio. Discorso analogo per gli attaccanti. Insigne e Mertens hanno insegnato i principi della furbizia calcistica, della scaltrezza, di quando aumentare o abbassare il ritmo ai giovani compagni di reparto.
(Getty Images)
L'assenza di leader
Durante Napoli-Udinese dello scorso campionato gli azzurri vanno sotto nel primo tempo, per l'ennesima volta in casa. All'intervallo il Maradona spinge Spalletti a inserire Mertens, così farà. All'ingresso prima della ripresa, Ciro parla con tutti e undici gli altri compagni. La partita la vince Osimhen con due gol, ma c’è tantissimo di non visto portato da Dries. Parallelamente, quando Inisigne viene sostituito, dalla panchina diventa il vice allenatore, con lui Faouzi Ghoulam, un altro silenzioso protagonista della diaspora napoletana.
Nuovo corso
Dunque oggi si riparte senza tutto questo, e gli interrogativi sono tanti. L'unica certezza è Spalletti, amante delle sfide e preparato ad affrontare mari in tempesta e rivoluzioni. Dal recupero di Lobotka (quando non c'era Anguissa) al lancio di Zanoli, anche in questa prima stagione napoletana ha dimostrato di riuscire a prendere decisioni (anche estreme) per rimettere sulla retta via la barca. Il trucco? La fiducia che infonde nei suoi ragazzi. "Vai Zano, sei all'altezza" disse a Zanoli alla seconda presenza in A, poco prima di entrare in campo. Se riuscirà ad entrare allo stesso modo nella testa di Kvaratskhelia (21 anni), Kim (25) e chissà (?) Raspadori (22), allora anche quest'anno il Napoli potrà divertirsi.
Geometrie reinventate
Perché sulla carta in più ci sono gamba e fame. Già dalle prime amichevoli si è intravisto un aspetto che forse è mancato nella passata stagione: l'imprevedibilità. Manovre d'attacco spesso stagnanti e inconcludenti, in quelle serate di nervoso a Fuorigrotta il Napoli non faceva paura. Oggi invece potrebbe sfruttare meglio gli strappi di Osimhen, Kvara e Lozano, per un Napoli veloce e piu' europeo. La difesa invece è tutta da valutare, da capire se Rrahmani sarà lo stesso anche senza Koulibaly, se Kim è il vero "mostro" che tutti si aspettano e se Di Lorenzo vestirà ancora i panni del "Robocop" onnipresente. Ecco, tra le novità c'è anche Dilo, il nuovo capitano. Meno egocentrico, più riflessivo ed equilibrato. Il ritorno a una fascia non anagraficamente napoletana. A qualcuno questo pesa, perche' Inisgne, era figlio di tutti, era Napoli in campo.
Ma, la napoletanità non è un concetto esclusivo, la napoletanità è di tutti, non solo di chi nasce sotto il Vesuvio. Basta saperla cercare e coltivare, farne un punto di forza, una ragione di vita. D'altronde se ci sono riusciti un senegalese e un belga, perché non dovrebbero riuscirci un coreano e un georgiano?