Per capire l’amore di Massimo Moratti nei confronti dell’Inter, sarebbe necessario guardarla con i suoi occhi. Nessuno, più di lui, può dire di averne un pezzo incastonato nel cuore. Nessuno, più di lui, può dire di aver vissuto le fatiche di una costruzione e di una ricostruzione. Lui che l’ha amata da figlio – sognatore - di Angelo. Da semplice tifoso. Da papà affettuoso.
Moratti ha fatto e disfatto l’Inter in 18 anni di presidenza, può vantarsi di non averla mai lasciata incustodita. Ancor prima di vincere e di cedere, al centro di ogni aspetto razionale del suo lavoro c’è stata la protezione dell’ambiente. L’impegno non è mai stato verso creditori o sponsor: era forte e sincero nei confronti della gente, la sua gente. Alfa e omega di un percorso straordinario, ripagato da un amore incondizionato anche quando, in sette anni e oltre cinquecento milioni investiti, era arrivata soltanto la Coppa Uefa del 1998.
Nel nuovo DAZN Originals a lui dedicato, “Simpatico – L’Ultimo dei romantici” (disponibile sulla nostra piattaforma dal 20 agosto per tutti gli abbonati DAZN), emerge proprio quest’aspetto del Presidente più vincente della storia dell’Inter: il ritratto è quello di un uomo “semplicemente” innamorato, per quanto semplice possa definirsi un amore.
Un uomo in grado di dare non solo una dimensione enorme a un club storico e affascinante, ma che l’ha avvicinato a un senso profondo di famiglia, alimentato da un affetto sincero, onesto, alle volte anche faticoso. E dalle visioni di qualche vincente e fortunato allenatore.
Non è facile ridurre un’epopea come quella “morattiana” in poche parole. Ma nel nostro DAZN Originals, dove passato e presente si mischiano, dove Moratti sa raccontare e raccontarsi l’onore di esser stato il presidente della sua squadra del cuore, potrete trovare alcuni istanti di lucida poesia, visionarie parole d’amore. A partire proprio dalla dedizione nei confronti dei suoi tifosi, dei suoi giocatori, di una vittoria festeggiata riuscendo a immaginare cosa volesse dire essere suo padre.
L’impegno verso i tifosi
"Più romantico e meno razionale? Sì, se chiamiamo romantico il fatto che il sentimento abbia un'importanza notevole nelle decisioni, allora sì. Uso anche del sentimento nelle decisioni”.
Molto spesso, nel raccontare Massimo Moratti si cade in due cliché: il primo, parlarne come uno zio Paperone con l’ossessione della vittoria; il secondo, aver contribuito con acquisti di qualità e poca sostanza a un’assenza di gravità permanente all’interno della squadra, poi sfociata nella narrazione della “Pazza Inter”. E’ stato il tempo a a rendere giustizia degli sforzi e persino della sofferenza. Emblematica, quella del 5 maggio.
“Questo mi ha aiutato a essere non umile, ma quasi. Non avevo tante difese, dovevo solo chiedere scusa. Così ho fatto. E così abbiamo fatto tutti della squadra. Quando tocchi il fondo, c'è qualcosa che ti spinge e ti dice: da adesso in poi andrà certamente bene".
Ancora una volta, con quel celebre “sono stufo”, Moratti si poneva al centro di tutto e tutti: era il più arrabbiato e, anche se in campo non aveva messo piede, si sentiva il primo responsabile. Ciò che fece più male fu l'assenza totale di una risposta valida: non ne esistevano.
"La preoccupazione è lenita dal fatto che c'è la passione. La passione ti mette in condizione di dire: va bene, facciamo qualcosa di nuovo, tiriamo avanti. Ma ti senti sempre in dovere ed è importante sentire questo senso del dovere. Ti fa stare sul pezzo. Anche se vivi con la consapevolezza di dover rispondere all'aspettativa di altri. Dei tuoi tifosi".
Un senso di responsabilità, profondissimo, l’ha sempre accompagnato nelle sue scelte, anche in quelle in cui s’intravedeva la sua visione calcistica: tecnica, emozioni, la gioia nel sentire gli olé del pubblico e nel vederli sobbalzare per una giocata. Ronaldo è il suo masterpiece. Recoba ai limiti del feticcio. Eto’o l’acquisto costruito con la consapevolezza di poter fare cose enormi. Tipo la finale di Champions League, al Bernabeu di Madrid.
“Il giorno prima vivevo davvero con il terrore! Pensavo: mi sta venendo questa colica renale, sono rovinato e domani non vedo la partita. Ero già lì che stavo facendo il sacrificio classico: non partecipo alla partita, l'importante è vincere la Coppa dei Campioni. Me ne sto pure in albergo. Per fortuna non mi venne del tutto e andai alla partita".
Ci andò, alla partita. Eccome. E la definizione più bella di quella felicità al triplice fischio è firmata José Mourinho: “Ricordo come se fosse ieri. Lui, con la Champions tra le mani, mi sembrava un bambino”.
I grandi amori
Ecco, Mourinho è stato un sentimento fortissimo, breve e per questo con meno possibilità di essere diluito dal tempo. Ancora oggi provoca battiti irregolari, reciproci e ricambiati, per due che saranno “amici per la vita”. Mou, protagonista indiscusso dell’epilogo di “Simpatico”, prova a raccontare così il peso specifico del Presidente nell’impresa chiamata Triplete .
“Lo Special One era Moratti. Io sono arrivato lì con questa roba che veniva dagli anni al Chelsea. Ma lo Special One era lui: era l’uomo chiave”.
Un passepartout per rompere i classici schemi e dare all’Inter un obbligo morale nei confronti del primo di milioni di tifosi. Ma l’amore di Moratti non è stato solo dare: ha saputo chiedere, spesso ad allenatori finiti al posto giusto e al momento sbagliato, non certamente in grado di assemblare una macchina da guerra. Il primo a riuscirci con continuità è stato il tecnico verso il quale il Presidente ha provato un affetto superiore. Roberto Mancini. Così rappresentato proprio da Moratti.
“Perdemmo una partita con la Lazio, me lo ritrovai negli spogliatoi che piangeva in un angolo e faceva capire l'orgoglio, quanto ci teneva tremendamente a far bene. Ho seguito la sua storia all'Inter con affetto. Ci tenevo che avesse successo”.
E di successo n’è arrivato, una promessa fatta agli albori del rapporto e mantenuta dopo la tempesta Calciopoli. Lì si è costruita una grande Inter, lì ha iniziato davvero a coltivare il sogno di diventare come suo padre: unire la storia nerazzurra a quella dei Moratti, annodandola con un fiocco a forma di Champions League. Dopo un anno di transizione, Mourinho colse l’essenza della volontà morattiana.
“La storia con suo padre, il suo sogno di fare qualcosa di storico. Quella era l'ambizione che ha condiviso con tutti noi e penso che abbia fatto di tutti noi persone più appassionate al nostro lavoro".
Papà Moratti
Samuel Eto’o, ancora oggi, dopo anni di lontananza fisica dall’Inter, prova un affetto enorme per Massimo Moratti. Lo chiama “papà” e quel termine non lo sciupa neanche per un istante, è incastrato nei ricordi di ciò che è stato e che in fondo sarà per sempre.
“E' stato il mio presidente, ma non ho mai avuto l'impressione che fosse davvero il mio presidente. Piuttosto che fosse un papà, che veniva a consigliarmi, che mi aiutava nei momenti difficili. E la stessa sensazione era condivisa da tutti i giocatori".
Con i giocatori, tecnici o guerrieri, Moratti ha cercato di ridurre le distanze burocratiche e di andare al nocciolo dell’umanità. Anche per questo i calciatori hanno saputo apprezzarlo in tutto, per tutto. Poiché tra il nero e l’azzurro, il Presidente faceva fluire un corso di sfumature che riusciva a tratteggiare un quadro completo. Senza il “non detto”, lindo e pinto. Diretto nella richiesta di divertire e di farlo per gli ottantamila di San Siro e per i milioni al di là dello stadio.
“Quando fai una partita brutta, in mente mi viene subito lui. Perché prima di ogni altro, ho deluso il mio Presidente, poi l’allenatore e poi ho deluso me stesso. Per me Massimo Moratti rimarrà l’unico presidente”.
Citazione di Dejan Stankovic, uno dei suoi lottatori preferiti. L’ha comprato dalla Lazio che gli costò la delusione più forte, ne ha fatto un perno dell’interismo. E a lui si deve una delle frasi più emblematiche di ciò che Massimo Moratti ha saputo trasmettere ai propri giocatori.
“Se ci sono ottantamila fischi, dovete capire che c'è una persona tra quegli ottantamila che vi applaude e che vi ama. E sono io".
Questo, e ancora tanto altro, più di quanto potremo sentire, guardare, immaginare, è stato Massimo Moratti da presidente dell’Inter. Un uomo, ancora oggi, alla ricerca del senso totale delle cose. Con un picco di nostalgia, di tanto in tanto, per quando riusciva a ritrovarlo nel gol di un ragazzo, di un suo ragazzo.