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Serie A Enilive

Matteo Pessina a DAZN Talks

Redazione
Matteo Pessina, centrocampista dell'Atalanta, si confida a DAZN Talks con Barbara Cirillo e Tommaso Turci

A DAZN Talks, super ospite di giornata: c'è Matteo Pessina.

La pizza preferita

"Patatine! E basta. Alcuni mettono wurstel, maionese... no, no, a me solo patatine!"

Come sta andando il 2022

"Io sto bene, fisicamente sto bene. Sotto gli occhi di tutti, l'Atalanta ha avuto un leggero calo, mentre altre hanno avuto un'ascesa visibile. Chi non ha fatto così bene, quest'anno si è attrezzato e ha fatto i campionati che avete visto. A partire da Milan e Inter, Fiorentina, Lazio, Roma... merito anche a loro, non solo demerito a noi. Come spesso succede, s'incontrano difficoltà nei percorsi e abbiamo avuto un leggero calo. Non siamo riusciti a scoprire il perché, ma fino a settimana scorsa abbiamo avuto 2 partite a settimana. Non è facile programmare gli allenamenti così, è stato un insieme di cose. Ma io sto bene!". 

"Avendo avuto questo calo non siamo riusciti a ribaltare il trend, a far vedere ciò che si vede sempre dell'Atalanta. Ossia una seconda parte di stagione in ascesa. Ci siamo focalizzati su cosa migliorare, vincere e poi andare avanti".

La gavetta e la crescita

"I piedi per terra? Sono fatto così, ma c'è chi mi ha guidato. Da quando ho 16 anni, al settore giovanile al Monza, poi sono andato in prima squadra. Ho deciso con i miei genitori e il ds di provare a fare una prima squadra. Con gente più grande, così inizi a crescere. A 18 anni, quando mi comprò il Milan, ho iniziato a girare l'Italia. Lo Spezia in B ed è arrivata la Serie A. E' stata un'ascesa: ma perché ho lavorato con questo spirito, sperando che le cose belle sarebbero arrivate. Penso di essere nato per fare il calciatore. Vedevo la Champions e dicevo: io le devo giocare quelle partite. Tanti mi prendevano per presuntuoso, ma era il mio sogno e ho dato tutto per raggiungerlo. Ora non voglio smettere. Ho fatto 4 di Serie C, l'anno a Verona, l'Atalanta, ce ne vuole per arrivare a fare quelle partite. E' un lavoro di 10 anni, se non prima. Se hai in testa di diventare di calciatore... ce l'avevo a 5 anni". 

"Il diario di bordo? Mi sentivo di dover trasmettere qualcosa a tutti gli italiani che ci trasmettevano qualcosa a loro volta. Mi sembrava un buon metodo per renderli partecipi della bolla di Coverciano. Alla gente piacevano questi pensieri, di un ragazzo di 24 anni. I compagni? Erano entusiasti. Bonucci non vedeva l'ora che uscisse la nuova puntata. Di solito lo facevo un paio di giorni dopo le partite. Magari tornavamo da Monaco e mi chiedeva notizia. Col sorriso gli chiedevo di darmi tempo, di elaborare un attimo... Perché ho smesso di scrivere? Un po' mi è piaciuto che sia rimasto all'interno dell'Europeo, lo sapete poi tutti come sono andate avanti le cose. Ho accantonato un po'. Magari torna quando meno ve l'aspettate, mi piacerebbe un altro metodo. Ma non posso spoilerare tutto... a me piace molto disegnare, al liceo facevo disegno tecnico e mi piaceva. Ma anche arte mi piaceva volto. In seconda liceo dovevamo fare la carta delle costruzioni che fossero delle cattedrali italiane. Feci talmente bene che il prof mi diede 11. 'Non ho mai visto una cosa così bella'". 

La facoltà di Economia

"L'Università? Ho un esame a fine giugno, ho sentito il professore insieme a Bryan Cristante. Abbiamo fatto 1 ora e mezza col prof che ci ha spiegato tutto. Mi sto ritagliando spazi. Me ne mancheranno una decina. Si finisce, certo. Sennò cosa la faccio a fare. Tesi? Ci penserò. Perché mi laureo? Anche qui penso sia per il post calcio, sia per arricchimento personale: lo studio è sempre stato importante oltre a ciò che facevo. La nostra carriera dura poco. A 35-36 anni finisce, o resti nel mondo del calcio o ti trovi a quell'età a non aver mai fatto niente per lavoro al di fuori del calcio. Mi piacerebbe restare nel mondo del calcio con una laurea in economia, il panorama si ingrandisce un po'. Si possono ricoprire più ruoli. Ce ne sono pochi con esperienza da calciatore con ruolo del genere". 

"L'esame più difficile? Non ce ne sono stati di durissimi. Durante la quarantena, la prima, avevo studiato diritto e poi non l'avevo dato perché studiarlo da solo era tostissimo. Ora l'ho ripreso e mi stanno aiutando. Sulle materie in cui c'è tanto da studiare, faccio fatica. Vado più sugli esercizi". 

"Con Cristante? A volte ci sentiamo, ci diamo consigli. Mi porta sulla cattiva strada? No, no. Lui è più bravo di me"

La persona che ha avuto maggiore influenza

"Sono convinto che tutti i mister che ho avuto, dai miei 16 anni, sono stati importanti per qualche motivo. Anche quelli che non mi facevano giocare, come a Lecce o Catania. Mi hanno fatto capire tante cose. La persona che ha influito di più è il direttore Andrissi, a Monza. Vide delle potenzialità e a 16 anni mi portò in prima squadra, facendo dimenticare i grandi club e le richieste. Mi portò in prima squadra per crescere tantissimo. Poi l'ho avuto anche a Como e a La Spezia. Mi ha accompagnato nella mia carriera, più volte. E ci sentiamo spesso".

L'idolo da piccolo

"Kakà. Simpatizzavo per il Milan da bambino. Kakà era indubbiamente il mio idolo, per come giocava e come si comportava. Non si può dire tanto, era il mio idolo. Punto. Nello spogliatoio? Ci sono bei personaggi: Muriel tiene su lo spogliatoio, ci fa divertire, gioca a biliardo, bravissimo ragazzo. Lo stesso De Roon, per la testa che ha, dev'essere un idolo per tutti. Non molla un centimetro. Allenamento o partita che gli ho visto fare. Mi ispiro molto a giocatori come lui magari che a qualcuno con talento che si vedeva e non vedeva. Riuscire a lavorare così tutti i giorni ti dà molto da imparare".

"De Roon sui social è un idolo, strappa sempre una risata. Ricordiamoci che è un gioco, che porta dietro tanti lavori e tante cose. Ma lo facciamo per far divertire la gente"

Il tipo di giocatore

"Sono abbastanza duttile, preferisco il centrocampo, magari mezzala. Gioco a 2, trequartista, imposto e mi butto dentro. Come play basso ho sempre giocato da ragazzino, ora è un po' di anni che non ci gioco. Mi piace tutto del centrocampo". 

"L'esultanza? Non so come mi sia venuta in mente. Tutti scivolano sulle ginocchia, io me l'aspettavo comunque, mi sono piantato nel terreno. Pensavo di planare di più. Non stavo capendo niente in quel momento. Male? No, ovviamente no, non mi potevo fare male dopo un gol agli ottavi!". 

Il Monza

"Certo, sto tifando. Ho fatto 10 anni, sono monzese, posso dirlo. E' la squadra della mia città, i miei amici stanno organizzando la trasferta a Perugia. Lo spero proprio, se lo merita come società. Mi ricordo in C2: facevano il coro dei tifosi, che non parlavano di Serie A. Adesso... sarebbe la prima volta, mi fa piacere"

Il ricordo più bello

"Il primo tra i professionisti è stata una bella emozione, ne ho fatti un po' ed è sempre bello. Ti senti molto bene, l'adrenalina è potente. Primo gol sicuramente, la doppietta con cui ci siamo salvati, sempre quell'anno. I gol dell'Europeo sono stati tutti emozionanti e quest'anno il primo in Champions. Poter giocare gare così e poi far gol e vincere 1-0 una partita di Champions, non c'è cosa migliore".

Nel tempo libero

"Sto un po' con la mia ragazza, un po' studio. Siamo sempre in giro tra partite e allenamenti. La mia ragazza vive a Londra, quando c'è, un po' avanti e indietro. Cerco di vedere i miei amici. Ma non gioco alla Play: ci giocavo da bambino, ero molto più irascibile. Mi arrabbiavo tantissimo quando perdevo. E' capita che spaccassi la tv". 

Il più forte mai affrontato

"Modric e Kroos sono stati alieni. Poterli affrontare... il mio modello è Kroos, vederli giocare con una facilità tutti i palloni, senza sbagliarne mezzo, sono stati incredibili. Vincono ciò che vincono per un motivo. E' giusto ambire a quello. Era un altro sport, il loro. Dovevo allenarmi tanto per raggiungerli. Loro 2".