“Da ieri non ho più un fratello", comincia così la dedica di Roberto Mancini a Sinisa Mihajlovic, pubblicata su La Gazzetta dello Sport. Il serbo si è spento ieri, all'eta di 53 anni, dopo aver battagliato per tre anni la leucemia. Il Mancio e Sinisa erano amici stretti, per via del destino: si sono incontrati da calciatori, tra le fila della Sampdoria e della Lazio, poi da allenatori all'Inter. Lì, Sinisa era il vice alle spalle di Roberto. "E anche se di questo legame di sangue a volte ormai si abusa", prosegue Mancini, "non mi sento di esagerare nel definirlo così: per me Sinisa lo era davvero, perché è stata la vita a renderci tali. Prima il calcio, e poi la vita".
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La lettera di Mancini
Un lutto pesante per Mancini, che con Sinisa ha condiviso quasi 30 anni della sua vita , tra campo e famiglia. " Questo è un giorno che non avrei mai voluto vivere . Penso solo a quanto sia ingiusto che una malattia così atroce si sia portata via un ragazzo di 53 anni, un uomo buono, una persona perbene. È difficile trovare altre parole quando è passato così poco tempo dall’attimo in cui mi sono detto: “Roberto, stavolta davvero non potrai più vederlo”. Ieri non c’era già più: l’ultima volta che mi ha parlato non solo con quegli occhi che sapevano dire più delle parole, occhi che a volte ti costringevano ad abbassare i tuoi, è stato martedì mattina. Me la porterò dentro per sempre quella chiacchierata: cose nostre come ce ne siamo dette tante, in quasi trent’anni".
"28 anni di calcio e vita"
"Sono stati ventotto, per la precisione. Compagni di squadra e di panchina, sempre di spogliatoio perché anche, forse soprattutto, lì dentro ci siamo conosciuti fino a piacerci, a capirci, a litigare, comunque a diventare spalla uno per l’altro, quando per l’uno o per l’altro diventava necessario. Ventotto anni di calcio e di vita : ho visto crescere il calciatore e il leader che chiunque sa di calcio avrebbe voluto nella sua squadra. Ho visto come punizioni straordinarie possono diventare perfette, “impossibili”, perché davvero io non ho mai visto nessuno calciarle come lui, per me era senza dubbio il migliore del mondo. Ho visto nascere l’allenatore che sarebbe diventato e anche i suoi figli, la gioia nel diventare padre e l’orgoglio, anche la paura, di guardarli crescere, perché certe nostre strade si sono intrecciate sempre di più. Quasi fosse inevitabile, ad un certo punto".
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"Un leone nella battaglia con la malattia"
"Credo di avergli insegnato qualcosa anche io: lo spero, perlomeno. Sicuramente lui mi ha insegnato quanta forza si può avere dentro e quanta se ne può dare a chi ti sta vicino, se ha voglia di capirlo. Sinisa era un guerriero, non per modo di dire: la sua guerra era dimostrarsi più forte di chi lo sfidava . Per se stesso, non per far sentire deboli gli altri. Lo faceva con gli avversari, lo ha fatto con la leucemia. Per lui era sempre troppo presto per smettere di combattere e non era mai tardi per incoraggiare qualcuno, un amico, un compagno o un suo giocatore, a non mollare. E come si fa, lo ha fatto vedere da quando si è ammalato anche a chi non lo aveva mai conosciuto, a chi ne aveva solo sentito parlare, a chi non sapeva neanche chi era ma aveva voluto scoprirlo. Perché Sinisa ha lottato fino all’ultimo istante come un leone , esattamente come era abituato a fare in campo"
"Quell'assist a Parma..."
" È proprio così che Sinisa resterà per sempre al mio fianco , anche se non c’è più, come ha fatto a Genova, a Roma, a Milano, e successivamente anche quando abbiamo preso strade diverse. Per questo, ora che l’ho salutato per sempre, mi piace pensare che in realtà non è vero che non ho più un fratello: semplicemente, è andato da un’altra parte, ovunque sia, e da lì continuerà a farmi sentire la sua forza come faceva con quelle mani d’acciaio. E a darmi assist come quel giorno a Parma: da anni si parla di quel mio gol di tacco, ma il corner che aveva battuto Sinisa era disegnato, e in campo ci conoscevamo ormai così bene che sapevo perfettamente dove e come quel cross sarebbe arrivato. Quel corner era un regalo per sempre, perché mi ispirò il gol più bello che abbia mai segnato nella mia vita. Anche lui ne ha segnati di bellissimi, mai quanto l’ultimo: l’energia che ci ha trasmesso in questi tre anni, l’amore per la vita al quale ci ha educato. Per questo lo sento ancora al mio fianco, e lì sarà per sempre”.