11 luglio 1971, San Paolo.
10 luglio 2021, Rio de Janeiro.
Una simmetria perfetta. Anzi, quasi. Ma il cerchio con più urgenza di essere chiuso, la scorsa estate in Brasile, era un altro. Quello di Neymar, invece, è ancora in divenire. Sempre più vicino alla sua conclusione, eppure non ancora una linea giunta al suo compimento.
Qui non si parla di titoli. Non pensiamo a trofei. Non c’entra una partita o una finale da vincere. C’è in ballo uno dei tabù del calcio mondiale. Il record di reti segnate con la maglia del Brasile. Quello stabilito l’11 luglio 1971 da Pelé con il gol numero 77, alla penultima apparizione con la “canarinha”. Qui si fa la storia e di questo si parla in “Neymar jr. and the line of kings”, ultima produzione targata DAZN Originals disponibile in Italia dal 10 ottobre.
La linea dei re
Ci sono due modi per capire il peso della vicenda a cui ci riferiamo. Un approccio statistico, se volete anche più freddo, eppure impressionante. E un altro emotivo, in grado di fuoriuscire dai confini della logica e del tempo per metterci di fronte ai calciatori che hanno segnato non soltanto la storia del movimento negli ultimi sessant’anni, ma hanno soprattutto trafitto i cuori di generazioni di appassionati. Brasiliani in primis, mondiali a dirla tutta. È questa “la linea dei re”, la storia di una successione impossibile e per questo appassionante.
Pelé, come lui nessuno mai
Su tutti, il re. Pelé, il diciassettenne che ha preso per mano un movimento di eterni perdenti e lo ha portato al primo trionfo mondiale nel 1958. Protagonista parziale nel bis cileno di quattro anni dopo ed epico trascinatore all’apice della propria grandezza a Messico ’70. Tre titoli mondiali in quattro partecipazioni (e chissà come sarebbe andata in Inghilterra senza le botte incassate con Bulgaria e Portogallo), come lui nessuno mai.
Nessuno è arrivato – e probabilmente arriverà – così in alto. Per immaginare l’altezza della sommità toccata da “O Rey” riguardatevi l’ultimo gol da lui segnato in un Mondiale, la finale vinta a Messico ’70 contro l’Italia, quello stacco su Tarcisio Burgnich divenuto icona. Pelé avrebbe chiuso il proprio ciclo un anno dopo, con altre quattro amichevoli e due gol. Il totale? 77 in 92 match.
In questi tempi frenetici di partite a getto continuo, però, l’approccio statistico rischia di dirci poco. E di minimizzare l’impresa a cui si sta avvicinando Neymar, l’ultimo nella linea di successione al re dei re. Per capire, è necessario rivolgere attenzione innanzitutto allo sguardo di “O Ney”, quando nel format DAZN racconta il proprio rapporto con i grandi che hanno trionfato ovunque, ma hanno fallito nel tentativo di diventare il miglior marcatore nella storia della Seleçao.
Ronaldinho, il mago
Si parte dall’ultimo in linea temporale, Ronaldinho. Il Gaucho fermatosi a quota 33 gol in 97 presenze con il Brasile, ottavo marcatore all-time. “Ronaldinho è uno dei miei idoli – dice Neymar, sorridendo -. Era un mago, con la capacità di fare numeri che ti lasciavano a bocca aperta. Mi paragono molto a lui per lo stile di gioco che ci accomuna. Partire larghi per cercare il centro del campo, cercando di dribblare molto”. Spettacolo puro, come nello storico Santos-Flamengo 4-5 che ha da poco compiuto dieci anni in cui il giovane Neymar incrociò le armi con il crepuscolare Ronaldinho.
Zico e il primo "joga bonito"
Il loro, del resto, è un “joga bonito” come quello portato ai massimi livelli da Zico (48 gol in 71 partite, quinto marcatore nella storia del Brasile). Incapace – come sinora Neymar – di vincere un Mondiale, ma in grado di esportare gioia in tutto il mondo. “La sua era ha lasciato un marchio – ricorda Neymar -. Giocava con felicità, cercando sempre il dribbling”. Diverso per caratteristiche tecniche, simile per carattere invece Romario (55 reti in 70 caps, quarto marcatore di sempre). Un altro incapace di resistere alle provocazioni. “Ma il mio problema è che non so come lottare – ammette Neymar -. Quindi penso sempre a farti male con il prossimo dribbling”.
Ronaldo, il fenomeno
Il cerchio, anzi la linea, si chiude con l’uomo in grado di avvicinarsi maggiormente alla grandezza di Pelé, Ronaldo (62 gol in 98 partite con la Seleçao, terzo marcatore). Formalmente campione del mondo nel 1994, eroicamente nel 2002. L’unico insieme a Ronaldinho ad aver incrociato il piccolo Neymar da avversario. “Fu molto strano giocare contro Ronaldo – ricorda “O Ney” -, perché vederlo in tv era una cosa ma giocarci contro un’altra. Mi sono detto ‘wow, sto giocando contro uno dei miei idoli più grandi’. Alla fine mi diede anche la sua maglietta. Certo, perdemmo quella partita e la finale. Ma non poteva essere tutto perfetto, no?”.
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Il sogno di Neymar Jr
Già, la perfezione. Se Dio è davvero “una linea che si apre” - come nel “Young Pope” di Paolo Sorrentino - e se davvero “si scrive Pelé, ma si legge G-O-D” - come titolò il Sunday Times all’indomani di Brasile-Italia 4-1 -, allora anche questa storia avrà il suo compimento. Ma non è detto che questo coincida necessariamente con il sorpasso di Neymar ai 77 gol di Pelé. Il finale perfetto, molto probabilmente, avrà il sapore intenso e nuovo delle prime volte.
Lo stesso che l’attuale numero dieci verdeoro ha assaporato nel giorno del primo gol, una rete nella quale era ben impresso il segno del destino. “Il primo a parlarmi di Pelé è stato mio nonno – racconta commosso Neymar -. Mi ha sempre detto ‘Pelé è stato il miglior giocatore di tutti i tempi’. Io sono diventato professionista a 16 anni e ho fatto il mio debutto ufficiale due settimane dopo averne compiuti 17. Così quando ho segnato il mio primo gol, ho deciso di esultare come Pelé in tributo a mio nonno. La gioia di quel momento non si può descrivere”.
Era il 15 marzo 2009, una data che – a questo punto – aggiunge ben poco alla nostra storia. Se non fosse che quel giorno Neymar si è messo in marcia sulla lunga linea dei re. Un percorso non lineare, fatto di gioie e delusioni, di cadute e di riscosse. Una linea aperta verso tutto ciò che di appassionante c’è nel calcio.