Un padre, un amico, una spalla su cui appoggiarsi nei momenti di difficoltà, sono solo alcuni dei modi con cui ex giocatori e colleghi hanno voluto ricordare Carlo Mazzone.
Una carriera che lo ha visto tenere a battesimo tanti grandi del calcio, che non hanno mai smesso di chiamarlo e di chiedergli consigli neppure dopo il suo ritiro dal rettangolo verde e che mai come oggi si sentono orfani del loro "papà calcistico".
Tra questi c’è anche Enrico Nicolini che con Mazzone ha intrecciato un rapporto profondo, coltivato prima nei 7 anni come suo calciatore a Catanzaro, Ascoli e Bologna e poi nei 2 successivi come collaboratore a Brescia.
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“Era un uomo con la “u” maiuscola - racconta - una persona che credeva nell'onestà e che non temeva il confronto. Voleva sempre il risultato e il massimo in campo, detestava perdere, ma allo stesso tempo aveva un profondo rispetto per gli avversari e soprattutto per i suoi giocatori. Insieme a Mazzone se ne è andato anche Francesco Scorza, suo ex giocatore all’Ascoli, la loro perdita è un dolore immenso per tutti noi”.
Una capacità, quella di costruire legami imprescindibili con i suoi calciatori, che lo ha fatto entrare nel cuore di chi lo ha avuto come mentore. “Avevamo un rapporto bellissimo – spiega Nicolini – ricordo quando venne a mancare mia sorella Luciana, era il 2 febbraio del 1984, il caso volle che il mercoledì successivo ci saremmo dovuti recare a Genova per la sfida di Coppa Italia con la Sampdoria e appena arrivammo in città portò tutta la squadra a fare visita alla sua tomba. Fu un gesto importantissimo per me e lo fece per supportarmi in momento di profondo dolore: questo era Carlo Mazzone”.
Carismatico, inarrestabile e genuino, resterà sempre nella memoria collettiva non solo per la capacità di plasmare le giovani promesse, ma anche per la spontaneità che lo ha reso protagonista di tanti momenti entrati nella storia del calcio, come la famosa corsa sotto la curva dell’Atalanta. “E chi se la scorda quella giornata – ride - si sa che tra Bergamo e Brescia non corre buon sangue e come lui ha raccontato tante volte dalla curva avversaria i cori nei suoi confronti erano continui. All’inizio conducevamo per 1-0 poi l’Atalanta ha ribaltato il risultato con 3 reti. Al raddoppio di Baggio disse il famoso “Se famo 3-3 vengo lì sotto" e il resto come sapete è storia, Baggio batte quella punizione e noi lo vedemmo partire. È stata una scena incredibile, lui non era uno che si muoveva molto, era piuttosto sedentario quindi vedere questo omone che correva sotto quel caldo per 80 metri di campo ha reso il tutto ancor più memorabile. Quando è tornato indietro Collina lo stava aspettando, non estrasse nemmeno il cartellino perchè Mazzone uscì subito. Si prese 5 giornate di squalifica per quello che era stato un gesto così eclatante per l'epoca e iconico oggi. Ricordo perfettamente che alla fine era felice perché avevamo portato a casa il risultato e per lui contava solo quello, non gli importava del resto”.
Un amore per il campo da gioco che Mazzone ha lasciato in eredità a chi come Nicolini è cresciuto al suo fianco. “Come allenatore mi porto dietro la sua grinta, la voglia di non perdere mai, il non mollare di un centimetro, il rispetto per avversario e il non avere mai paura di chi ci si trova davanti in campo - conclude - Ognuno di noi ha preso qualcosa da lui perché era una persona da cui ogni giorno avevi qualcosa da imparare”