Marco Odermatt (sci alpino)
Un oro Gigante. Un titolo olimpico che certifica un futuro prossimo dello sci dominato da Marco Odermatt, perché l’interregno pare proprio finito. Ed è stato per tutti un Gigante instabile di neve e freddo, vento, buche, inforcate e spigolate. Per tutti tranne che per lui, il ventiquattrenne svizzero che in stagione ha vinto 4 GS su cinque e 2 SuperG (sempre in top5 di Discesa con 3 secondi posti), e da campione olimpico non concederà più nulla. Severo ma giusto. Come re Hirscher.
Aleksandr Bolshunov e Johannes Klæbo (fondo)
Di re delle nevi e imperi del fondo, a Pechino 2022 Aleksandr Bolshunov è l’unico ad aver vinto 5 medaglie e di queste 3 sono ori: in staffetta, a inseguimento e nella maratona bianca, sebbene “ridotta” a 30 chilometri. Una diarchia che il venticinquenne russo si divide con Johannes Klæbo imbattibile nello Sprint, con i titoli di PyeongChang consacrati sia nell’individuale che a squadre. E come già scritto per la connazionale norvegese Therese Johaug, le loro imprese son fatte di bellezza pratica e logica vitale.
Quentin Fillon Maillet e Johannes Bø (biathlon)
Dalla dualità del fondo a quella del Biathlon, fra i poligoni si sono spartiti tutto il norvegese Johannes Bø (10 chilometri e Mass Start) e il francese Quentin Fillon Maillet (20 chilometri e Inseguimento), ex-pretoriano di Martin Fourcade e suo erede naturale. Si sono sfidati con le loro squadre in staffetta e hanno vinto l’oro la Norvegia (sovrana del medagliere di Pechino con 16 titoli olimpici, 8 argenti e 13 bronzi) e l’Argento la Francia. Maestri.
Francesco Friedrich e i budelli tedeschi
In ambito maschile è andata così e ormai s’è capito. Le potenze del freddo si sono divide in blocchi e hanno vinto praticamente tutto: Austria e Svizzera nello sci alpino, Russia ROC e Norvegia nel fondo, Norvegia e Francia nel Biathlon. E poi c’è la Germania tiranna del signor Francesco Friedrich, campione olimpico di PyeongChang e Pechino sia nel bob a due che in quadriposto. Di fatto, dei 10 titoli messi in palio nei budelli ghiacciati fra bob (3/4), slittino (4/4) e skeleton (2/2), i tedeschi ne hanno vinti 9 (16 di 30 medaglie) con la sola Kaillie Humphries vincitrice del nuovo monobob femminile sulla strada, anzi giù per la pista della parità di genere. Sicché spaesata da tanta bontà, che prima era canadese e oggi invece sul bob ha stelle e strisce.
Nils van der Poel (pattinaggio e altrove)
Come stravincere due ori con record del mondo (5000 e 10000 metri) e ritirarsi dal pattinaggio a venticinque anni. Geniale e recidivo, visto che già dopo PyeongChang lo svedese Nils van der Poel s’era arruolato nell’esercito per fare il paracadutista tra Ironman, adventure race e ultramaratone. E ripreso a pattinare dopo un giro in bici da Riksgränsen (duecento chilometri a nord del Circolo polare artico) fino a Smygehuk (il punto più a sud della Scandinavia), ha vinto due titoli mondiali e altrettanti olimpici sulle stesse enormi lunghezze del ghiaccio.
Di nonno e disciplina olandesi, s’è dato ai pattini per amore d’un gioco svedese, il bandy, e ora ha pubblicato un dettagliatissimo documento di 62 pagine che è un dossier dei suoi rigidissimi allenamenti e riflessioni di vita sportiva. Per esser d’aiuto a chi vuole raggiungere questi livelli, che non è mica questione di talento, tirare sull’ISU e scriver pure che per farsi piacere il pattinaggio su ghiaccio, bisogna renderlo meno schifoso. Un altrove in odor di medaglie.