Da oggi si contano tutte perché son più di 10, ovvero delle medaglie di PyeongChang 2018. In Corea furono 3 ori (Fontana, Moioli, Goggia), 2 argenti (Pellegrino e staffetta femminile Short Track) e 5 bronzi (Windisch, Brignone, Tumolero, staffetta mista biathlon e Fontana). A Pechino sono già 11 e l’ultima è arrivata a notte fonda: un bellissimo argento in Snowboardcross per Omar Visintin, già bronzo individuale, e la portabandiera Michela Moioli, caduta e malconcia nella sua prova e oggi seconda dietro a Lindsey Jacobellis, di cui abbiam già detto tutto tranne che gli ori, a sedici anni di distanza dalla sciagurata Bardonecchia, son diventati due, il secondo in coppia statunitense con Nick Baumgartner.
Cronaca Goggia: la costruzione di una Discesa
Mancano tre giorni alla Discesa olimpica e già si provano emozioni miste per il momento olimpico forse più atteso e importante dalla Nazione Italia: il momento in cui s’aprirà il cancelletto per la campionessa olimpica Sofia Goggia. Un momento di contrasti e tormenti che ricordano Tokyo 2020 e Gregorio Paltrinieri da padrone annunciato dell’acqua a eroe della resistenza umana, ridimensionatosi a un mese delle Olimpiadi per una dannata mononucleosi e infine vincitore di due medaglie, d’argento e bronzo, più preziose del platino.
Sofia Goggia è caduta il 23 gennaio a Cortina nel SuperG delle Tofane: trauma distorsivo al ginocchio sinistro con lesione parziale del legamento crociato e una microfrattura del perone, compromettendo la sua ultima preparazione olimpica. Da quell’istante ha dedicato ogni minuto d’esercizio alla mobilità articolare e al tono muscolare facendo le X sul calendario verso un'altra missione impossibile.
In Cina c’è una neve molto dura che mina le gambe di sollecitazioni fra cambi di visibilità, scalini e zone sporche. Mentrè è in curva, anche a 120 all'ora, Sofia trasmette l'equivalente del doppio del suo peso, resistendo alle forze eccentriche. Nel primo test di oggi sulla pista pechinese, Sofia ha fatto segnare il dodicesimo tempo ma quattro più veloci di lei, compresa la migliore Priska Nufer, hanno saltato una porta.
Ha sciato in un momento di scarsa visibilità, prudente fra i dossi e le porte cieche di Silk Road, salda in atterraggio sui salti, più confidente nella parte bassa fino all’ingresso del Canyon e pure troppo veloce su una parabolica per lei inedita, che altrimenti non sarebbe Goggia e Only the brave, non avendo gareggiato in Super-G.
«Sono già felice di essere stata in grado di finire la mia discesa – dice Sofia – ed essere qui è già un successo. Pochi giorni fa riuscivo a malapena a fare le curve, ma in discesa è diverso. Il mio punto di forza è nei muscoli, nelle gambe, ecco perché durante la stagione posso fare 'linee di tigre', solo che al momento non ho più questa risorsa. Non mi sento del tutto sollevata, ci sono dei piccoli dolori, ma devo affrontarli. Le Olimpiadi sono tutto per me, non c'è nessun altro posto dove preferirei essere e non importa quale sia la mia condizione fisica».
Dicono che Sofia Goggia seguirà parametri oggettivi, che uno staff l’accompagnerà ora dopo ora a una scelta che eppure nessuno prenderà all’infuori di lei, che ha già saltato i Mondiali di Cortina e Cortina dovrà pur sfatare verso le prossime Olimpiadi. Sarà comunque un atto di coraggio e s’accettano miracoli.
Giù di testa: Valentina Margaglio
S’è lanciata giù di testa Valentina Margaglio, perché è così che si fa nello skeleton e basta voltarsi per rendere una “normale” gara di slittino qualcosa di davvero spettacolare, già a partire dalla partenza in tuffo sullo “scheletro”. Lì Margaglio, con il miglior tempo allo start, sarebbe medaglia d’oro olimpica, però il resto non è andato come s’aspettava e pazienza: a Milano-Cortina si migliorerà. Mamma Akouba Beatrice, ora assistente in una RSA, è ivoriana. Papà Francesco costruiva cisterne per il vino a Casale Monferrato e ha conosciuto la donna della sua vita facendo volontariato in Africa.
«Perché il ghiaccio? Mia mamma se lo domanda ancora. Quando le dissi che avrei lasciato l'atletica, mi rispose che non sarebbe mai venuta a vedermi per il freddo. Dieci anni fa mi chiesero se volevo fare un test con la Nazionale di bob. Cercavano braccia forti e gambe veloci e io facevo atletica, disco, giavellotto, sprint... E col bob lasciai perdere presto. Facevo la cameriera quando conobbi Andrea (il fidanzato-allenatore Gallina), mi fece provare lo skeleton e ok, aveva ragione, è il mio sport. È stato amore a prima vista per il contrasto di controllo e adrenalina, fra potenza e sensibilità. La partenza mi veniva subito, per la guida ci ho messo un po’». Unica controindicazione i capelli ricci: «Già, la príma volta sullo skeleton mi è costata sette punti al mento dentro un casco troppo grande».