Boicottate diplomaticamente dagli Stati Uniti d’America, in attesa dell’appuntamento di Shaun White con la storia, le Olimpiadi di Pechino sono ancora indigeste al Team USA, una superpotenza ferma al decimo posto del medagliere con un solo oro.
Un oro annunciato oggi in Slalom per Mikaela Shiffrin e che invece è giunto con sedici anni di ritardo al collo di Lindsey Jacobellis, trentaseienne del Connecticut. Sedici anni che la separavano e ci separano ormai da Torino 2006, quando la snowboarder americana cadde in fondo a una finale di Cross praticamente vinta.
Trattasi infatti il Boardercross d’una disciplina affollata, tavola contro tavola e talvolta di contatto, con certe ambigue eppure bellissime variabili estranee a molti sport invernali. Ne sa qualcosa la nostra Michela Moioli che, da campionessa olimpica in carica di PyeongChang 2018, ha perso la semifinale cadendo poi rovinosamente in finalina. Lo sapeva eccome Lindsey Jacobellis che, debuttante a Bardonecchia nel 2006 da bionda ultravincente con al collo una raccolta di titoli Xgames, ha vinto una medaglia d’oro attesa da sempre dall’altra parte del mondo fra salti, wu tang, step down, roller e paraboliche pechinesi.
Una medaglia d’oro "già vinta" a Torino 2006 a due paraboliche dall'arrivo, seminate Tanja Frieden e Maelle Ricker di 43 metri, tradotti in oltre 3 secondi. Già vinta e proprio buttata se è vero che Lindsey volle imitare Shaun Palmer, il più grande interprete del Boardercross preolimpico, volando sull’ultimo salto con il suo grab più celebre: una mano sulla tavola, l’altra che “spara” per i fotografi. Lindsey ha sempre detto di aver afferrato la tavola per mantenere l’equilibrio del salto, ma lei l’ha sempre presa a due mani. Di fatto il grab fu uguale, lo sparo pure, ma l’atterraggio no, disastroso sulla neve. Eppure valevole una medaglia d’argento al debutto olimpico del cross, però che beffa olimpica.
Chissà se oggi, liberati i fantasmi di Torino 2006 e gli spettri dell’inforcata di Vancouver 2010, della caduta di Sochi 2014 e del quarto posto di PyenogChang 2018 a soli 2 centesimi dal bronzo… Diventata donna, smaltite le scorie acrobatiche, si dichiarerà colpevole. Colpevole d’aver sparato a vuoto, quel giorno di gioventù, mancando i Cinque Cerchi a Bardonecchia.
Il rovescio della medaglia infinita di Lindsey Jacobellis è la caduta della connazionale Mikaela Shiffrin. Vincitrice di 73 gare di Coppa del Mondo e ancora destinata, a ventisei anni, a battere i record di Lindsey Vonn (82) e Ingemar Stenmark (86), così come ad almeno un’altra Olimpiade: meno male perché da stella polare di Pechino 2022 ha fallito sia in Gigante che nel suo Slalom, scivolando e inforcando nelle rispettive prime manche. Non è ancora una disfatta prima del SuperG (a cui non è detto partecipi), anche se gli ultimi suoi successi “veloci” son datati due anni fa a Bansko. Non è ancora una disastro prima della Combinata, che in Coppa del Mondo “pandemica” non s’è più disputata, ma di cui Shiffrin è campioessa mondiale a Cortina.
Eppure non è una lotteria olimpica, nel senso che sugli sci stanno vincendo i migliori: Beat Feuz in Discesa (vincitore delle ultime 4 Coppe del Mondo di Specialità!), Matthias Mayer alla terza medaglia d’oro in uguali edizioni, Sara Hector padrona dell’inverno in Gigante e la più grande rivale della carriera di Mikaela: Petra Vlhova detentrice della Coppa del Mondo e da oggi campionessa olimpica dello Slalom.
Dal suo ritorno, Shiffrin ha vinto 7 gare di Coppa e non son poche, però la scomparsa di papà Jeff ha lasciato un solco profondo. E' una ferita invisibile che non le ha più permesso di dominare.
«Come mi sento? È orribile. Le cose torneranno alla normalità, ma ora a caldo sto davvero male. Il mio sci è stato molto solido per tutta la carriera e ho sempre avuto fiducia nelle mie capacità. Mi trovo in una situazione che non avevo mai conosciuto. Non so cosa sia successo, vorrei poter chiamare mio padre e parlare con lui, probabilmente mi direbbe di andare avanti, ma non è più qui per dirmelo e dunque sono piuttosto arrabbiata anche con lui (ride). Ho deluso me stessa, ho deluso le persone intorno a me, quelle che speravano o si aspettavano che avrei vinto. Le Olimpiadi non sono finite, ma è vero che il gigante e lo slalom erano le mie due migliori occasioni. So che non dovrei essere troppo dura con me stessa, però sono stata in gara cinque porte in gigante e cinque in slalom. Nonostante ciò, la giornata è magnifica, ho dei compagni di squadra fantastici, il mio ragazzo (il collega pluridecorato Aleksander Aamodt Kilde) ha una medaglia di bronzo al collo e io ne ho tre nell’armadio. Resto molto delusa perché ho motivo di esserlo, ma ho vissuto cose più terribili nella mia vita e quindi cercherò di essere positiva per il futuro».