Dai rocamboleschi bobbisti giamaicani di Calgary 1988, specialmente alle Olimpiadi Invernali ci sono stati atleti teneri e arditi, un po’ antidivi e pure tracotanti. E così, dopo il taekwondoka tongano Pita Taufatofua, celebre per le sue esibizioni in ta’ovala da portabandiera e 114° nella 15 chilometri di fondo a PyeongChang, quattro anni dopo è stato il colombiano Carlos Andres Quintana a fare la contro-impresa sugli sci e sulla stessa distanza.
Partito con il pettorale numero 97, Quintana ha tagliato il traguardo con un sorriso enorme. Un sorriso stampato in volto fin da quando, salendo a spina di pesce l’ultima salita, ha capito che ce l’avrebbe fatta. All’arrivo c’era il vincitore Iivo Niskanen, arrivato 18 minuti prima e ancora lì ad attenderlo per dirgli che sì, la medaglia d’oro può essere un concetto relativo. Anche se la Finlandia s’aspettava che un figliol prodigo glie la riportasse a casa dopo cinquantotto lunghi anni di sperperi.
Carlos Andres Quintana Morales ha lo stesso cognome del Nairo formidabile scalatore andino, vincitore (in bici) del Giro d’Italia e della Vuelta di Spagna, due volte “medaglia d’argento” del Tour de France. Sesto atleta rappresentante la Colombia nella storia delle Olimpiadi Invernali, Carlos è invece un ex-triatleta che voleva realizzare il sogno di partecipare ai Giochi. E così due anni fa guarda lontano, lasciando l’estate colombiana per la neve sui Pirenei di Andorra - sotto quelle vette ascese da Nairo - senza aver mai messo un paio di sci. Di tempo ce n’è poco e ancor meno da sprecare, visto che un mese dopo le sue prime gare di fondo tuona già la pandemia.
Ma l’ardito Quintana è già ai Mondiali di Oberstdorf, dove tenta un’impossibile qualificazione nella sprint e nella 15 km. Così dopo la rassegna iridata, Carlos riattraversa il mondo fino in Libano per ottenere quella manciata di punti FIS indispensabili per Pechino 2022. Oggi è un uomo felice che, a quasi 37 anni, ha compiuto la sua missione.
Dorothea, signora biathlon
Oggi per l’Italia c’erano due ori sperati e nelle corde di Federica Brignone, settima in SuperG, e della pluridecorata Arianna Fontana al primo dei tre appuntamenti con la storia dei primati (diventare con 11 medaglie l’atleta italiano più medagliato di sempre alle Olimpiadi), disgraziatamente caduta in finale dei 1000 metri Short Track. Ma sono le regole d’ingaggio del pattinaggio veloce.
Invece arrivano due bronzi un po’ inattesi, soprattutto quello di Dorothea Wierer data in crisi nera dopo le prime due gare. Ma se nel biathlon italiano c’è un prima e un dopo Wierer è per questi giorni qui, con uno zero al poligono in 22 secondi per vincere il primo bronzo olimpico individuale, nella 7,5 chilometri, dopo quelli ottenuti in staffetta mista a Sochi e Pyeongchang. Vincitrice di 10 medaglie mondiali di cui 3 ori, Dorothea è iridata in carica dell’inseguimento, che è la sua gara e a Pechino deve ancora disputarsi. E intanto s’è ripresa i meritati riflettori.
L'uomo che sussurra ai pattini
Poi c’è Davide Ghiotto che, dopo l’argento di Francesca Lollobrigida, fa brillare l’Italia sul ghiaccio della pista lunga. Ventottenne vicentino, Ghiotto è l’uomo che sussurra ai pattini di andare veloci un po’ come faceva Valentino Rossi accovacciato sotto la sua moto. E in effetti oggi la sua prestazione sui devastanti 10000 metri è stata una grande escalation fino alla medaglia di bronzo. È stato bello vederlo scorrere in finale con il fenomeno Nils Van der Poel, già vincitore dei 5000m e oggi firmatario del nuovo record del mondo.