Ma che fine aveva fatto Giacomo Raspadori? Nessuna fine, è sempre stato lì, titolare del Sassuolo, anche più di prima, un anno dopo la stagione dell’amore, dei gol al Genoa, alla Roma, al Milan e alla Juventus, della Nazionale e dell’Italia campione d’Europa.
Il rodaggio del nuovo Sassuolo
S’era montato la testa? Macché anzi, da campioncino d’Europa, s’è messo in discussione nella curva tattica imposta da Dionisi: da centravanti a trequartista, o esterno, al servizio di bomber Scamacca o del Frattesi incursore. Era sembrato folle toccare quella macchina perfetta di De Zerbi, fluida e spettacolare, e in effetti c’è voluto del rodaggio prima di raccogliere 4 risultati utili consecutivi, di battere la Juventus e il Milan, di fermare il Napoli specializzandosi in rimonte.
"Come ai tempi" di Raspadori
L’ultima, con lo Spezia, firmata Raspadori “alla vecchia maniera”, da subentrato, come quando fece doppietta a San Siro. Due gol: il primo di sinistro, dal cuore dell’area raccogliendo sul contrasto aereo Amian-Scamacca; il secondo dal limite mettendo a sedere Hristov, finta mancina, destro in buca d’angolo, 2-2 finale. Una ripresa fatta così, al naturale, prima di tornare all’Olimpico di Roma, dove l’11 luglio 2020 segnò contro la Lazio per la prima volta in Serie A TIM.
Un attaccante multiforme
Classe Duemila, Giacomo Raspadori è nato a Bentivoglio, in provincia di Bologna, e la via Emilia l’ha percorsa per tirare i primi calci a nove anni nelle giovanili del Sassuolo. Imprevedibile in area, reattivo negli spazi stretti e in brevissime frazioni di tempo, il primo gol al Picco è da classico centravanti controllo e tiro, e il secondo conferma lo stile atipico e versatile di un attaccante alto poco più di un metro e settanta, baricentro basso con il fisico da fantasista e l’istinto del finalizzatore. Ma talmente originale che, fatta di rapidità e intensità ambo i lati, la conduzione palla è forse la sua migliore caratteristica.
Già sopravvissuto ad assurdi paragoni con Aguero e Tevez in campionato e con Rossi e Schillaci in Nazionale, Raspadori non s’era mica perso, non era certo in crisi, nient’affatto. Solo aveva svuotato gli spazi da esterno o rifinito trequarti per la squadra. Solo il Sassuolo è ancora il suo habitat tecnico ed emotivo. Solo gli mancava il senso del suo ruolo, il senso del gol.