Il modo in cui hanno gareggiato, libere e fortissime, ha rappresentato esattamente lo spirito con cui Valentina Rodini e Federica Cesarini hanno affrontato queste Olimpiadi . Erano ben consapevoli di avere nelle proprie regate un pezzo di storia, eppure hanno saputo navigare leggere, concentrate e mai schiacciate dal peso delle aspettative.
La medaglia d’oro nel doppio pesi leggeri femminile, la diciassettesima della spedizione italiana in Giappone , è stato un sospiro di sollievo e un sussulto di gioia. L’apertura di un cerchio e non solo olimpico.
Rodini-Cesarini: che storia
Non hanno sbagliato una singola mossa, Rodini e Cesarini. Hanno lavorato ai fianchi delle avversarie e guadagnato un pezzo di medaglia a ogni regata. Il 6’47’’54 - record del mondo e record olimpico , per gradire - con cui hanno chiuso l’ultimo colpo di remi era semplicemente irreale: ai 1500, le azzurre erano terze e l’Olanda volava via, così come la Francia . Duecentocinquanta metri più tardi, addirittura quarte perché la Romania aveva aumentato il peso del passo. Sono bastati 100 metri. E sono diventati decisivi, contro le impressioni di tutti, non delle ragazze, da oggi per sempre incastrati nella memoria dei presenti. Malagò compreso.
Persino il Var è riuscito a diventare un amico: il fotofinish era diventato un covo d’attesa e si è trasformato nel luogo del trionfo. Quando l’incertezza è diventata storia, Cesarini e Rodini hanno urlato il groppo in gola accumulato da adrenalina e suspance. Sono scese nella pedana più vicina, nel Sea Forest Waterway più azzurro del solito: si sono abbracciate dopo aver pianto, hanno nuovamente pianto dopo l'ennesimo abbraccio. Hanno ritrovato nei loro occhi il lavoro di ogni giorno, sempre insieme, condividendo sogni e sonni. Infine, dall’acqua si è tornati in acqua: un tuffo per celebrare un salto in avanti nel mondo del canottaggio. Nessuno, nel DPL , era riuscito nella stessa impresa.
Solo a Sidney , nel 2000, il canottaggio femminile aveva portato a casa il metallo più prezioso: era il quattro di coppia, tutt’altro racconto, così come diversissimi sono i volti rigati dalla fatica e dall’emozione. “Anche se a volte bisticciamo, è solo perché ci teniamo. Felice di averti come socia”, si scorge dalla pagina social di Valentina Rodini . Quella semplicità di ragazze, mista alla disciplina di donne, è stato il motore della libertà e della forza con cui hanno superato persino le loro alte aspettative . Del resto, per le campionesse olimpiche, ha sempre parlato il percorso . Dentro e fuori dal tracciato sportivo.
La tesi sulle Olimpiadi e l’esempio quotidiano
A fine gara, chissà se Federica Cesarini ha ripensato a cosa le capitava solo qualche mese fa. Non solo si era laureata in Scienze Politiche , ma l’aveva fatto con una tesi proprio sui Giochi. Il fuoco che ardeva dentro di lei era lo stesso visto in televisione, nel 2006: una foto con la torcia olimpica che le regalò inconsapevolmente l’obiettivo di una vita. Aveva appena 10 anni, oggi ne ha 25 e pure un sogno già realizzato sotto forma di medaglia d’oro .
Anche Valentina Rodini è laureata, in Economia. Era andata a Rio con Laura Milani e la delusione era stata molto forte: fuori ai ripescaggi e tredicesimo posto finale. Per Tokyo, con Federica, si sono praticamente scelte dopo la vittoria negli ultimi Mondiali . Oggi entrambe parlano di “una liberazione”. Ora entrambe si dicono "in pace". Perché è questo l’effetto che fa, un oro Olimpico. Ti dà la dimensione del massimo possibile, di aver superato persino l’ultimo ostacolo. Solo tu sai quant'è stata dura e ogni briciola necessaria per giungere al percorso.
Non c’è ritorno: c’è solo gloria. Per chi è abituato a giocare sui limiti, è il grado massimo di felicità .