Novak Djokovic è un mostro (di bravura) che migliora sé stesso e i suoi avversari in un contrasto che si disputa oltre i limiti: disumani per Nole, arditi ma estenuanti per chi ha il dannato merito di averlo in finale, dall’altra parte di una rete insuperabile.
Novak Djokovic è un mostro che migliora tutti, anche chi l’ascolta mentre solleva la coppa del suo 10° Australian Open, 22° Slam, e si rivolge a Stefanos Tsitsipas, il migliore della sua generazione, eppure sconfitto per la seconda volta in finale, da Parigi a Melbourne: «Questa è stata la sfida più grande, la vittoria più bella della mia vita. Grecia e Serbia sono paesi piccoli senza tradizioni tennistiche: il nostro messaggio per i bambini è solo di sognare in grande perché più svantaggi hai avuto da piccolo, più sfide devi affrontare e più forte sarai. Innaffiate i vostri sogni e circondatevi delle migliori persone».
Per celebrare la grandezza di questo campione sovrumano non basterebbe un giorno, nemmeno questo giorno così speciale, così passiamo alla cronaca di una finale breve ma intensa, dominata da Djokovic con il cuore e con la mente. Ad alta intensità, con servizi pieni di taglio e in pressione fin dalla risposta, per spingere Tsitsipas fuori dal campo, allontanarlo dalla riga di fondo, in attacco e accelerazione, comandare sempre lo scambio e dal quarto game il punteggio di un set dominato.
Nel primo set, la risposta d'anticipo di Tsitsipas non ha funzionato e specie dalla parte debole del rovescio, così Djokovic ha perso cinque punti nei primi sei turni di battuta prima di perdere appena un po’ di timing. Perché nel secondo il parziale il greco ritrova i suoi gran colpi di rovescio lungolinea, accelera di dritto, cerca le righe sugli schiaffi al volo, alza la traiettoria rispondendo da più lontano e insomma, replica da grande interprete del tennis alle notevoli difficoltà avute nel primo set.
Tsitsipas cambia musica, si mette le cuffiette e ascolta Kate Bush per non arrendersi a vecna arrivando fino a set-point sul 5-4, ma ancora non basta contro il mostro Djokovic perché non bastasse l’onda energetica che gli arriva dall’altra parte della rete, Tsitsipas è tradito dal dritto nel tie-break di un set giocato a tutta dal greco e Djokovic, da 4/1 a 7-6 (4), vince anche il secondo set di una finale spianata.
L’illusione continua nel terzo set, quando Tsitsipas trova il primo break del match nel primo game, ma s’imbroglia ancora di dritto e “il resto” lo fa Nole col back sempre più subdolo e in risposta di rovescio, splendida con gamba esterna d’appoggio. Poi Djokovic serve quattro volte a zero adornando la sua finale perfetta di game perfetti e punti stupendi, gemmati controbalzo di rovescio lungolinea e dritto in contropiede.
Tsitsipas aveva giocato un ottimo torneo e battuto tutti gli umani, anche quelli speciali come Jannik Sinner, ma contro i superpoteri di Djokovic anche un colpo straordinario come il suo rovescio lungolinea stinge al cospetto di quelli che Nole esplode nel terzo set. Ferite sanguinose inflitte al povero greco, passato per le armi al tie-break del terzo set: venti punti consecutivi in battuta, dieci Australian Open, ventidue Slam. Una leggenda vivissima.