Muhammad Ali, o Cassius Marcellus Clay Jr. se preferite - ma fareste bene a non chiamarlo così, perché a lui non piaceva - è stato probabilmente l'uomo più influente della storia dello sport e uno dei più grandi pugili mai esistiti.
Chi almeno una volta nella sua vita non ha sentito parlare di lui? Delle sue battaglie, sul ring e fuori, soprattutto. Della sua personalità, del suo carisma e della sua determinazione: un esempio di vita per qualsiasi generazione.
La sua dichiarazione "vola come una farfalla, pungi come un'ape" è più di una semplice frase relativa alla boxe. Senso di libertà e voglia di prendere in mano il proprio destino, questo è stato per il mondo Muhammad Ali.
Chi è Muhammad Ali
Cassius Marcellus Clay Jr. nasce a Louisville, nel Kentucky, il 17 gennaio del 1942. Suo padre aveva il suo stesso nome, Cassius Marcellus Sr., e Odessa Lee Grady, invece, era sua madre, da cui derivava la discendenza afroamericana che tanto stava a cuore al pugile.
Cassius aveva un fratello minore, Rudolph Valentine (doveva essere in principio il nome proprio del primogenito), che poi cambiò il suo nome in Rahman Ali dopo la conversione all'Islam.
Un'infanzia complicata
Cassius Clay crebbe in un contesto storico realmente complicato e difficile. Negli Stati Uniti la segregazione razziale era un elemento fortissimo a quei tempi e il ragazzo ne soffrì molto. La madre raccontò che una volta venne vietato al figlio di comprare una bottiglietta d'acqua in un negozio perché di "colore".
Un altro episodio che sconvolse parecchio il giovane Cassius fu l'assassinio di Emmett Till nel 1955: un ragazzo afroamericano che venne brutalmente ucciso per motivi razziali dopo aver salutato una ragazza bianca. Successivamente i due assassini furono assolti da una giuria composta di soli bianchi.
Un evento che colpì così tanto Clay che, insieme a un amico, fu protagonista di atti vandalici per dar sfogo alla frustrazione accumulata.
I primi allenamenti
Ed è proprio in quegli anni che Cassius ha un primo approccio col pugilato, grazie ad un episodio che, inevitabilmente, gli cambiò la vita: a dodici anni gli venne rubata la bicicletta e mentre discuteva col ladro, minacciandolo di colpirlo e picchiarlo forte, un poliziotto di Louisville, Joe E. Martin, gli consigliò di imparare la boxe.
Lo stesso agente lo accompagnò alla palestra Columbia dove Clay iniziò ad allenarsi e a mostrare a tutti il suo talento.
La carriera
La carriera dilettantistica di Cassius Clay iniziò nel 1954. Sin da subito il pugile statunitense fece capire di essere differente, di avere qualcosa, molto anzi, in più degli altri.
E così nel 1960 arrivò la sua prima grande vittoria: alle Olimpiadi di Roma Cassius conquistò l'oro nella categoria di pesi mediomassimi. Quella medaglia che, stando a quanto dichiarato nella sua autobiografia del 1975, fu gettata dal pugile nel fiume dell'Ohio come protesta contro la discriminazione razziale.
Secondo alcuni, invece, Clay aveva soltanto smarrito quella medaglia. Tuttavia alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 gliene fu consegnata un'altra, un gesto permesso soltanto per una leggenda come lui.
Il professionismo
Il 29 ottobre del 1960 iniziò la carriera da professionista di Clay. Il primo incontro lo combatté contro Tunney Hunsacker al Freedom Hall di Louisville: vinse ai punti e ottenne la prima di 31 vittorie consecutive.
L'incontro del 13 marzo del 1963 contro Doug Jones fu uno dei più complicati dei primi anni di carriera di Cassius Clay. I due si sfidarono al Madison Squadre Garden di New York e Clay vinse per decisione unanime della giuria: la decisione, però, fu pesantemente contestata dal pubblico. Tuttavia quello tra Cassius e Jones fu nominato match dell'anno.
Nella prima parte di carriera fu ispirato dal wrestler Gorgeous George da cui derivavano quegli atteggiamenti che a molti appassionati di boxe non piacevano: Clay sminuiva sempre gli avversari, prima, durante e dopo gli incontri, arrivando anche ad offenderli per l'aspetto estetico. Divenne un personaggio istigatore, provocatorio e stravagante e lo rimase fino alla fine della sua carriera.
Il primo grande titolo
"La caccia al grande brutto orso". Fu nominata così la campagna che avviò Cassius Clay per ottenere la possibilità di combattere contro Sonny Liston, quello che nel 1964 era il campione in carica dei pesi massimi, avendo battuto il temuto Floyd Patterson per ben due volte.
E proprio durante la rivincita tra questi due, dopo il match, Cassius Clay salì sul ring prese il microfono e iniziò a dire a tutti che quell'incontro era una farsa e che doveva essere lui ad affrontare il campione in carica, Liston appunto.
Lo stesso Liston fu oggetto di pesanti critiche da parte di Clay nei giorni successivi a quell'incontro ma il guanto di sfida non terminò in quei giorni. Successivamente Cassius creò alcune attività per promuovere un incontro e alla fine il match fu fissato il 25 febbraio 1964, a Miami.
Clay vs Liston: "I'm the greatest"
La rivincita
Ad Ali fu tolto il titolo di campione del mondo dei pesi massimi perché a causa di un'operazione non riuscì a difenderlo per un po'. Così la rivincita Ali-Liston si tenne per la sola WBC e si disputò il 25 maggio del 1965 a Lewistone, nel Maine.
Non c'era il pubblico delle grandi occasioni e questo perché si temeva addirittura un attentato durante il match: prima dell'incontro Muhammad Ali aveva ricevuto minacce di morte a causa delle sue scelte politiche e religiose.
Il pugno fantasma
L'incontro, comunque, si concluse al primo round: un destro di Muhammad Ali colpì alla tempia Liston che cadde al tappeto e rimase a terra oltre i dieci secondi. L'arbitro, impegnato a placare l'ira di Ali che inveiva contro il pugile a tappeto, fece tuttavia riprendere l'incontro e soltanto in un secondo momento capì l'errore e fermò l'incontro assegnando la vittoria ad Ali.
Quel pugno passò alla storia come "fantasma" perché per molti, e a caldo anche per lo stesso Ali, il colpo non era stato sufficientemente forte da far terminare l'incontro al primo round. Per altri, invece, il colpo fu molto forte e si discusse per molto tempo su quell'episodio, tant'è vero che Ali ne riparlò anche nel 2004:
"Voglio bene a Sonny. Era un brav'uomo. E il pugno l'ha colpito. Non so bene quanto buono fosse il colpo, sebbene io abbia sentito il contatto. Se avesse voluto fingere un KO, non l'avrebbe mai fatto al primo round".
La salita sul trono
E come se non bastasse a capire che ci si trovava di fronte al più grande pugile della storia, Muhammad Ali iniziò a difendere il proprio titolo con una serie di vittorie impressionanti: prima Floyd Patterson e George Chuvali negli Stati Uniti, poi il tour in Europa per difendere la sua cintura.
Henry Cooper a Londra, Brian London a Kensington, Karl Mildenberger a Francoforte, il campione d'Europa in carica: vittorie che resero Ali ancora più grande prima del suo ritorno negli States.
Ali vs Terrell: la famosa frase "come mi chiamo?"
Una volta in patria, il pugile statunitense batté a Houston Cleveland Williams prima di ottenere la possibilità di riconquistare il titolo WBC contro Ernie Terrell che l'aveva ottenuto dopo che fu tolto ad Ali.
L'incontro si tenne il 6 febbraio del 1967 all'Astrodome di Houston e Ali fu costretto ad arrivare fino all'ultima ripresa da un instancabile Terrell. L'incontro è passato alla storia per la domanda che Ali faceva ripetutamente al suo avversario colpendolo forte: "Come mi chiamo?", visto che Terrell si era rifiutato di chiamarlo col suo "nuovo nome" dopo la conversione.
Successivamente Ali affrontò Zora Folley, battuto e umiliato sul ring e fuori.
La squalifica e il ritorno
“Nessun Vietcong mi ha mai chiamato ‘negro'". La carriera di Muhammad Ali si interruppe a causa di una squalifica inflittagli dopo aver rifiutato di combattere in Vietnam e 5 anni di prigione per renitenza alla leva.
Così facendo, tuttavia, Muhammad Ali conquistò anche quel pubblico che lo aveva allontanato dopo la sua conversione all'Islam. Il suo era stato un "atto di sfida", scrisse Jill Nelson, e quella scelta lo fece diventare un'icona ancora più importante a livello mondiale.
Ali vs Frazier: l'incontro del secolo
Nel 1970 Muhammad Ali ottenne nuovamente la licenza per combattere, mentre i suoi titoli WBC e WBA gli furono tolti, rimessi in palio e conquistati da Joe Frazier.
Dopo aver battuto prima Jerry Quarry e poi Oscar Bonavena, Muhammad Ali ottenne la possibilità di combattere per il titolo mondiale dei pesi massimi contro Frazier, in quello che fu battezzato come l'incontro del secolo.
Il match si tenne a New York e fu visto da milioni di persone in TV. Ali, tuttavia, non riuscì a battere Frazier e perse ai punti per decisione unanime, perdendo per la prima volta nella sua carriera. Dopo diversi incontri e un'altra sconfitta, contro Ken Norton, Ali ottenne una rivincita contro Frazier che, nel frattempo, aveva perso il titolo dei pesi massimi contro George Foreman. L'incontro che si tenne il 29 gennaio 1974 fu vinto da Ali che riuscì al secondo tentativo a battere Frazier.
Ali vs Foreman: "The rumble in the jungle"
Nel 1974 George Foreman, dopo aver battuto Frazier e Norton (gli unici capaci di battere Ali fino a quel momento), decise di voler combattere contro Ali e dimostrare la propria forza a tutti.
L'incontro divenne noto come "The Rumble in the Jungle" e avvenne il 30 ottobre del 1974 a Kinshasa, nello Zaire. Prima dell'incontro Ali non fece mancare gli insulti e le critiche verso l'avversario, appoggiate dal pubblico e dai suoi tifosi, così come poi fece durante il match stesso.
La tattica Rope-a-dope
Nonostante i presupposti e le intenzioni dichiarate di voler far ballare il suo avversario, Ali preferì una tattica d'attesa (nominata Rope-a-dope), provando a resistere alla furia dell'avversario per diversi round favorendosi dell'elasticità delle corde che attutivano i colpi che gli venivano inflitti.
All'ottava ripresa, così, Foreman arrivò stanchissimo e il pugile statunitense riuscì ad imporsi mandandolo a tappeto e vincendo per KO.
Cos'è la tattica Rope-a-dope?
La tecnica Rope-a-dope servì, dunque, a Muhammad Ali per battere Foreman a Kinshasa. Dopo aver sofferto particolarmente la rabbia del suo avversario nel primo round, il pugile di Louisville dalla seconda ripresa iniziò ad attuare questa nuova strategia: rifilandosi sulle corde del ring i colpi di Foreman non riuscivano a danneggiare Ali, nonostante fossero violenti.
Questa tecnica sfiancò il suo opponente e così Ali riuscì poi a vincere proprio a causa delle condizioni fisiche di George Foreman. Con Rope-a-dope, infatti, oggi ci si riferisce alla strategia di saper incassare per poi sfruttare la stanchezza dell'altra persona.
Una strategia rischiosa, utilizzata oggi non soltanto nella boxe ma in diversi ambiti della nostra vita.
Ali vs Frazier: "The Thrilla in Manila"
Per la terza e ultima volta, per stabilire chi fosse il più forte in maniera definitiva, Muhammad Ali affrontò Frazier il 1 ottobre del 1975 a Manila, nelle Filippine. Un incontro che molti sostennero essere uno dei più brutali di sempre, dovuto al fatto che entrambi volevano vincere ad ogni costo.
Ma vinse ancora una volta Muhammad Ali, con il ritiro di Frazier prima dell'inizio dell'ultimo round. Quello fu l'ultimo grande incontro del pugile statunitense, considerando anche l'avanzare dell'età che gli portò problemi successivamente.
Gli ultimi incontri e il ritiro
Dopo aver battuto ai punti per decisione unanime sia Alfredo Evangelista che Earnie Shavers (considerato da Ali il più potente pugile mai affrontato), Ali Muhammad iniziò a perdere colpi sul ring e ottenne un'altra sconfitta contro Leon Spinks, perdendo il titolo nel 1978. Lo stesso, però, Ali riuscì a riconquistarlo nella rivincita contro Spinks.
Dopo quell'incontro annunciò il suo ritiro ma proprio non ce la fece a rimanere lontano dal ring per molto tempo. Nel 1980 provò a riconquistare il titolo WBC contro Larry Holmes ma fu sconfitto e successivamente tenne il suo ultimo incontro l'11 dicembre 1981 alle Bahamas contro Trevor Berbick, perdendo per decisione unanime.
Dopo il ritiro
Nel 1984 a Muhammad Ali fu diagnosticata la malattia di Parkinson. Nemmeno quest'ultima lo fermò nelle sue attività per il sociale e iniziò a combattere anche per sensibilizzare il male che lo aveva colpito, insieme a Michael J. Fox, anche lui colpito dal morbo di Parkinson.
Apparì come ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e presenziò anche a quelle di Londra come uno dei portatori ufficiali della bandiera olimpica alla cerimonia d'apertura. Il 3 giugno 2016, martoriato dalla malattia, Muhammad Ali morì, lasciando un'eredità importantissima dal punto di vista sportivo e sociale.
Tutti gli incontri
Incontro | Data | Risultato |
1. vs Tunney Hunsaker | 29 ottobre 1960 | Vittoria |
2. vs Herb Siler | 27 dicembre 1960 | Vittoria |
3. Tony Esperti | 17 gennaio 1961 | Vittoria |
4. Jim Robinson | 7 febbraio 1961 | Vittoria |
5. Donnie Fleeman | 21 febbraio 1961 | Vittoria |
6. LaMar Clark | 19 aprile 1961 | Vittoria |
7. Duke Sabedong | 26 giugno 1961 | Vittoria |
8. Alonzo Johnson | 22 luglio 1961 | Vittoria |
9. Alex Miteff | 7 ottobre 1961 | Vittoria |
10. Willi Besmanoff | 29 novembre 1961 | Vittoria |
11. Sonny Banks | 10 febbraio 1962 | Vittoria |
12. Don Warner | 28 febbraio 1962 | Vittoria |
13. George Logan | 23 aprile 1962 | Vittoria |
14. Billy Daniels | 19 maggio 1962 | Vittoria |
15. Alejandro Lavorante | 20 luglio 1962 | Vittoria |
16. Archie Moore | 15 novembre 1962 | Vittoria |
17. Charlie Powell | 24 gennaio 1963 | Vittoria |
18. Doug Jones | 13 marzo 1963 | Vittoria |
19. Henry Cooper | 18 giugno 1963 | Vittoria |
20. Sonny Liston | 25 febbraio 1964 | Vittoria |
21. Sonny Liston | 25 maggio 1965 | Vittoria |
22. Floyd Patterson | 22 novembre 1965 | Vittoria |
23. George Chuvalo | 29 marzo 1966 | Vittoria |
24. Henry Cooper | 21 maggio 1966 | Vittoria |
25. Brian London | 6 agosto 1966 | Vittoria |
26. Karl Mildenberger | 10 settembre 1966 | Vittoria |
27. Cleveland Williams | 14 novembre 1966 | Vittoria |
28. Ernie Terrell | 6 febbraio 1967 | Vittoria |
29. Zora Folley | 22 marzo 1967 | Vittoria |
30. Jerry Quarry | 26 ottobre 1967 | Vittoria |
31. Oscar Bonavena | 7 dicembre 1970 | Vittoria |
32. Joe Frazier | 8 marzo 1971 | Sconfitta |
33. Jimmy Ellis | 26 luglio 1971 | Vittoria |
34. Buster mathis | 17 novembre 1971 | Vittoria |
35. Jürgen Blin | 26 dicembre 1971 | Vittoria |
36. Mac Foster | 1 aprile 1972 | Vittoria |
37. George Chuvalo | 1 maggio 1972 | Vittoria |
38. Jerry Quarry | 27 giugno 1972 | Vittoria |
39. Alvin Lewis | 19 luglio 1972 | Vittoria |
40. Floyd Patterson | 20 settembre 1972 | Vittoria |
41. Bob foster | 21 novembre 1972 | Vittoria |
42. Joe Bugner | 14 febbraio 1973 | Vittoria |
43. Ken Norton | 31 marzo 1973 | Sconfitta |
44. Ken Norton | 10 settembre 1973 | Vittoria |
45. Rudie Lubbers | 20 ottobre 1973 | Vittoria |
46. Joe Frazier | 28 gennaio 1974 | Vittoria |
47. George Foreman | 30 ottobre 1974 | Vittoria |
48. Chuck Wepner | 24 marzo 1975 | Vittoria |
49. Ron Lyle | 16 maggio 1975 | Vittoria |
50. Joe Bugner | 30 giugno 1975 | Vittoria |
51. Joe Frazier | 1 ottobre 1975 | Vittoria |
52. Jean-Pierre Coopman | 20 febbraio 1976 | Vittoria |
53. Jimmy Young | 30 aprile 1976 | Vittoria |
54. Richard Dunn | 24 maggio 1976 | Vittoria |
55. Ken Norton | 28 novembre 1976 | Vittoria |
56. Alfredo Evangelista | 16 maggio 1977 | Vittoria |
57. Ernie Shavers | 29 novembre 1977 | Vittoria |
58. Leon Spinks | 15 febbraio 1978 | Sconfitta |
59. Leon Spinks | 15 settembre 1978 | Vittoria |
60. Larry Holmes | 2 ottobre 1980 | Sconfitta |
61. Trevor Berbick | 11 dicembre 1981 | Sconfitta |
Il palmares
Titolo | Anno | Categoria |
Oro Olimpiadi Roma | 1960 | Pesi mediomassimi |
Titolo mondiale unificato | 1964 | Pesi massimi |
Titolo mondiale WBC | 1964-1969 | Pesi massimi |
Titolo mondiale WBA | 1967-1969 | Pesi massimi |
Titolo mondiale WBC | 1974-1978 | Pesi massimi |
Titolo mondiale WBA | 1974-1978 | Pesi massimi |
Titolo mondiale WBA | 1978-1979 | Pesi massimi |
Caratteristiche tecniche
Muhammad Ali ha fatto della velocità e dell'agilità due elementi fondamentali, tecnicamente parlando, della sua boxe. I suoi jab precisi e potenti sono stati un vero problema per gli avversari ma la verità è che l'aggressività di Ali viene fuori dal contesto che lui stesso riusciva a creare prima e durante ogni incontro.
Famoso per essere un grande provocatore, Ali è sempre stato uno stratega della boxe, capace di preparare gli incontri prima dal punto di vista comunicativo e poi da quello tecnico.
La scheda
Nazionalità | Americana |
Altezza | 192 cm |
Categoria | Pesi mediomassimi, pesi massimi |
Incontri disputati | 61 |
Incontri vinti | 56 (37 per KO) |
Incontri persi | 5 (1 per KO) |
La vita privata
Nella sua vita Muhammad Ali si è sposato ben quattro volte e ha avuto nove figli in totale, sette femmine e due maschi. La prima moglie fu Sonji Roi con cui si sposò nel 1964. Divorziarono però nel 1966 perché considerata dal pugile come una donna che non riusciva ad opporsi alle "regole" occidentali, come portare obbligatoriamente i capelli stirati anziché crespi.
Nel 1967 sposò Belinda Boyd da cui ebbe quattro figli prima di divorziare nel 1976. I due si separarono a causa di una relazione tra Ali e Veronica Porsche, con cui il pugile si sposò successivamente nel 1977.
L'ultima moglie di Ali fu Yolanda Lonnie Ali, figlia di due vecchi amici dei suoi genitori.
Una forte personalità
Quella di Muhammad Ali fu una vita condotta con grande lucidità e carisma. Non era facile diventare un personaggio così influente, soprattutto per le condizioni in cui viveva negli Stati Uniti della sua epoca.
Eppure "The Greatest" riuscì a farsi strada da solo, trascinando con sé le persone a lui più vicine e non.
Una vita salvata
Come quando riuscì a salvare la vita di un uomo il 20 gennaio del 1981, a Los Angeles. Un ragazzo aveva intenzione di suicidarsi lanciandosi dal nono piano di un palazzo del Wilshire Boulevard. Nessuno riuscì a convincerlo di non farlo, fin quando non arrivò Muhammad Ali che si trovava in zona per puro caso.
Il pugile salì nell'edificio e riuscì a parlare con il ragazzo impedendogli di buttarsi giù. Un gesto straordinario che contribuì a rendere Ali ancora più grande, qualora ce ne fosse bisogno.
La poesia più breve di sempre
E Muhammad Ali è stato anche l'autore della poesia più breve di sempre. Lo sapevate? Se no, adesso sì.
Durante un discorso a degli studenti in un campus americano, al pugile statunitense, dopo aver annoiato i ragazzi con alcuni comportamenti morali che bisognava seguire, fu chiesto di comporre una delle sue solite poesie - quelle che interpretava prima di ogni incontro davanti le telecamere.
Due semplici parole: "Me, we". Letteralmente io, noi. Ma il senso di queste due rumorosissime parole di certo non è quello letterale. Dietro c'è una storia, c'è un presente difficile che gli States stanno vivendo, c'è un contesto storico che continua a creare differenze tra chi ha la pelle di un colore e chi di un altro. E c'è Muhammad Ali, cinico e pungente come sempre, anche con due sole semplici parole.