Cinquanta presenze tonde (senza gol, suo grande cruccio) tra campionato, coppe italiane ed europee. Mark van Bommel, se nel frattempo non avesse accumulato altri 12 anni sulla sua carta d'identità, sarebbe uno di quei centrocampisti che i tifosi rossoneri accoglierebbero a braccia aperte. Serio, professionale, ruvido quel tanto che occorre (ma non cattivo), leader, applicato. Il compagno che ti prende per mano quando il mare si alza. Un tipo alla Giroud, insomma. E adesso che il #Nopetegui ha cambiato la strategia del club per la panchina, il nome di Mark sta diventando in pochi giorni qualcosa più di un semplice underdog. Magari non è esattamente in cima alla lista ma, insomma, tra tutta la concorrenza le sue quotazioni iniziano a essere sufficientemente rilevanti. Partendo dal presupposto che l'attuale avventura alla guida dell'Anversa sia arrivata al capolinea. Allegri nel 4-3-1-2 dello scudetto lo piazzava davanti alla difesa, tra Gattuso e Seedorf, sulle zolle nobili che erano appartenute a Pirlo. Davanti aveva Boateng, ma anche Ibra, Pato e Robinho.
Alle sue spalle Nesta e Thiago Silva. Altri nomi, altra epoca ma anche Mark, con le sue caratteristiche di campo - qualità e quantità - e temperamentali, era entrato nel cuore dei tifosi. Soprannome? Il "Generale", giusto per non lasciare dubbi. Un allenatore già da calciatore e d'altra parte lui stesso aveva chiarito di vedere per sé quel tipo di carriera una volta smesso di giocare. Si era congedato così, fra la commozione, dal mondo rossoneri: "Ricordo quando Galliani mi ha detto 'Puoi venire a Milano? Abbiamo bisogno di te'.Ora torno in Olanda con la mia famiglia: vado al Psv e poi voglio allenare. Comunque questo è un arrivederci, magari tornerò qui come allenatore".
Se Mark è stato un efficace oracolo di se stesso lo vedremo nelle prossime settimane. Intanto quel passato parla per lui. Era arrivato - voluto fortemente da Galliani - tra lo scetticismo generale, e persino Allegri era rimasto un po' stupito sulla scelta del club: Mark invece è stato uno degli uomini chiave nella conquista dello scudetto. Se davvero dovesse spuntarla lui per la panchina rossonera, si ritroverebbe di nuovo avvolto dallo stesso scetticismo. E allora occorrerebbe concedere il bis. Un evidente punto a favore dell'olandese è ovviamente la conoscenza dell'ambiente. Mark ha frequentato Milanello per una stagione e mezza, che non è un'eternità ma per quelli come lui - devozione alla causa anima e corpo - sono sufficienti per calarsi bene nella parte. Arrivato a parametro zero dal Bayern, dopo un addio burrascoso con Van Gaal.
Van Bommel ricorda ancora l'italiano e certe dinamiche del mondo rossonero - sebbene siano passati oltre dieci anni e molto sia cambiato - le conosce e riconosce. La seconda spunta verde gli arriva direttamente da qualcuno con cui in quei diciotto mesi (da gennaio 2011 a maggio 2012) ha condiviso lo spogliatoio: mi manda Ibra, potrebbe raccontare orgogliosamente Mark. Non è l'unico profilo gradito a Zlatan, ma sicuramente fra quelli più graditi. Certo, alzare insieme un trofeo aiuta. Lui e Ibra ne hanno condivisi due, prima che il Milan iniziasse la lunga fase calante: lo scudetto numero 18 e la Supercoppa italiana vinta a Pechino contro l'Inter, quando i derby non erano una condanna preventiva ma il piacere di giocarli.
Fonte: gazzetta.it