Una sola stagione insieme, ma sufficiente per conoscerlo bene. Per ammirarlo calcisticamente e umanamente, quest'ultimo probabilmente l’aspetto di Roberto De Zerbi che più l'ha colpito: “Mi ha stupito, sa perché? Riusciva a fare sentire tutti importanti, indipendentemente dal minutaggio: mi chiamò prima dell'inizio della stagione per spiegarmi che avrei avuto poco spazio, che ero ‘abbastanza’ fuori dai piani. Nonostante ciò ero totalmente partecipe in quel gruppo”.
Lo racconta Alessandro Matri, con l’attuale tecnico del Brighton al Sassuolo nella stagione 2018-19. “Mi fece sentire un giocatore importante in ogni momento, parlavamo molto e usava sempre parole e concetti corretti. Come allenatore, invece, già all’epoca si intuivano alcune novità: stava portando un qualcosa di nuovo, innovativo”.
Rispetto agli altri, in cosa è differente?
“Porta avanti le proprie idee sempre e comunque, fa di tutto per trasmetterle. E ci riesce. In questo è il numero uno: come insegnante puro di calcio è un grande”.
Apprenderle è faticoso oppure divertente?
“Si fatica il giusto, stare sul campo con Roberto è stimolante e divertente. Ricordo che ci furono anche degli scontri, ovviamente costruttivi: le mie caratteristiche come attaccante per lui non erano quelle ideali, diciamo così. In ogni caso, lavorare con Roberto fu una grande scuola. Non mi era mai capitato di incontrare un allenatore di questo tipo: mi aprì la mente”.
A livello fisico, invece, quali erano i carichi?
“Non ci sono grosse differenze rispetto agli altri, De Zerbi univa la parte fisica al pallone. Quella senza era in programma solo una volta alla settimana. In questo è simile agli altri, in più c’erano gli esercizi sempre e comunque con la palla”.
Cosa chiedeva al Matri attaccante?
“All'epoca la punta del Sassuolo era Boateng, giocava da ‘falso nove’: gli chiedeva di venire incontro e di cercare il meno possibile la profondità. Il pericolo per l’avversario andava creato con il possesso. In ogni caso, con me fu bravo e onesto: sapeva quali fossero le mie caratteristiche, non cercò di cambiarmi. E quando mi impiegò, le sfruttò. Alla mia età imparai, comunque, qualcosa di nuovo: il bello fu questo”.
Ricorda cosa disse nel primo discorso da allenatore del Sassuolo?
“Ci parlò del calcio che avrebbe voluto proporre spiegandoci che la rosa a disposizione fosse adatta per ciò che aveva in mente: disse di avere pazienza, il tempo ripagò sia lui sia noi”.
Europa League: perché può passare il Brighton e perché può passare la Roma?
“Un doppio incrocio da 50-50%, non riuscirei a essere di parte con due allenatori che conosco così bene e con i quali ho sempre avuto un rapporto fantastico. Il gioco di De Zerbi è conosciuto, cercherà il possesso sia all’andata sia al ritorno. De Rossi sta ridando fiducia all’ambiente, recuperando alcuni uomini che prima si erano un po’ persi. La Roma, in più, ha la qualità nei singoli: può farcela grazie a qualche giocata dei propri campioni”.
Tornando a De Zerbi, dove lo immagina l’anno prossimo?
“All’estero, non credo possa tornare subito in Italia: so che è entusiasta. E tanti potrebbero pensare a lui, per esempio si parla del Barcellona: storicamente, sarebbe l’ideale per quella squadra. Oggi il migliore esponente di un certo tipo di calcio è proprio lui”