Dal 2 settembre 2005 a oggi. Una storia granata. Urbano Cairo è il più longevo presidente del Torino (7.031 giorni) superando Orfeo Pianelli, che governò dal 1963 al 1982. Cairo diventò proprietario del club 19 anni fa dopo un doloroso fallimento: il Toro all’epoca era in Serie B (ripescato grazie al lodo Petrucci) e lui gli ha ridato speranze e prospettive. Un futuro e una dignità. Quando le prese in mano, quelle maglie granata erano spogliate di tutto, in pratica non c’era una squadra: venne costruita in pochissimi giorni e, nove mesi dopo (giugno 2006), con Gianni De Biasi al timone, il Toro ritornò in Serie A, là dove adesso si trova stabilmente da parecchi anni. Ovvero dal 2012-2013, quando in panchina c’era Gian Piero Ventura, uno degli allenatori a cui l’attuale presidente è più legato. Cairo, in quella calda estate del 2005, prese il comando nel momento forse più buio della gloriosa società granata, convinto dall’allora sindaco Sergio Chiamparino. "Mi chiamò perché era preoccupato per come si sarebbe evoluta la situazione del Toro – ha detto Cairo qualche giorno fa, all’evento Sport Industry Talk organizzato da Rcs – perché il club stava fallendo. Risposi alla chiamata anche perché avevo una mamma tifosissima che mi spinse molto all’acquisto. Io ero conscio dei problemi che potevano esserci. Abbiamo fatto subito benissimo, poi alti e bassi, e negli ultimi 13 anni siamo stati stabilmente in Serie A".
In questo lasso di tempo, con Cairo alla presidenza, ci sono stati alti e bassi, momenti belli e qualcuno meno. Sono arrivate gioie, soddisfazioni e qualche delusione. Però di innegabile c’è che il Torino sia diventato una società solida, sana, con nuove strutture prima inesistenti e un settore giovanile all’avanguardia. Restando sempre al passo con i tempi e occupando un ruolo stabile in un calcio in continua evoluzione, che cambia proprietà alla velocità della luce e crea debiti su debiti. Il rapporto con i tifosi nell’ultimo periodo è stato più difficile ("Io sarei disposto a ricucire" ha detto Cairo qualche tempo fa), perché c’è chi ha dimenticato sforzi e investimenti. Come quelli fatti per la rinascita del Filadelfia: era la casa del Grande Torino, la squadra forse più forte di tutti i tempi, l’unica a dare dieci giocatori su undici alla Nazionale e a unire un Paese intero, che a quei tempi cercava faticosamente di rialzarsi dalla guerra. Un pezzo di storia che era stato demolito nel 1997 e che venti anni dopo è tornato a essere la casa del Toro, dove tutta la famiglia granata si allena, a pochi passi dallo stadio. Dal quel 10 settembre 2005, prima partita da presidente (Torino-AlbinoLeffe 1-0 davanti a 30mila spettatori in estasi), sono state costruite basi solide. E sono anche arrivati due piazzamenti europei. Il primo nel 2014-2015, dopo 12 anni di assenza dalle coppe, frutto del settimo posto dell’anno precedente. Con Gian Piero Ventura in panchina, i granata in Europa League fecero l’impresa al San Mames contro l’Athletic Bilbao e poi si fermarono agli ottavi, eliminati dallo Zenit San Pietroburgo. La seconda partecipazione nel 2019-2020, al preliminare sempre di Europa League, dopo una stagione da 63 punti (record granata da quando vengono assegnati i tre punti per vittoria) con Walter Mazzarri in panchina.
Oltre al tecnico toscano, in questi anni dal Torino sono passati anche altri allenatori importanti come appunto Ventura, Alberto Zaccheroni e Sinisa Mihajlovic, la cui scomparsa nel dicembre 2022 colpì molto Cairo: "Impossibile non volergli bene, era un grande combattente dal carattere forte e deciso, ma con un cuore buono e generoso come pochi. La sua battaglia contro la malattia un esempio per tanti". E poi come dimenticare i giocatori passati in questi anni dal Toro, alcuni dei quali lanciati nel giro della Nazionale. Come successe per il Mondiale 2014, quando l’allora commissario tecnico Cesare Prandelli convocò Ciro Immobile, Alessio Cerci e Matteo Darmian per quell’avventura in Brasile poi finita prematuramente. In tempi più recenti, la maglia granata (e azzurra), l’ha vestita un giocatore come Andrea Belotti che è riuscito ad arrivare fino a quota 100 gol in Serie A, arrivando al settimo posto nella classifica “all time” dei marcatori del Torino nel massimo campionato. E come dimenticare un prodotto del vivaio come Alessandro Buongiorno, fin da bambino con la maglia granata cucita addosso e arrivato adesso a essere uno dei migliori difensori italiani. Lui non si è scordato da dove arriva: ieri, alla fine della partita, ha salutato e ringraziato chi lo ha fatto crescere e diventare quello che è ora.
Fonte: gazzetta.it