Com’era la storia dell’Inter di un’altra categoria e del testa a testa con la nuova fiammante Juve? Il Milan non era già in crisi profonda? Il Napoli da ricostruire da zero o quasi? L’Atalanta non aveva esaurito il ciclo? Come no. Servite con gli interessi tutte le profezie d’inizio stagione e dintorni, meglio non avventurarsi in altre predizioni che sanno di oroscopo. Questo campionato indecifrabile fa su e giù per una classifica in mutazione continua. L’Inter rallenta come la Juve, il Napoli stravince come il Milan, l’Atalanta ribalta due volte la Fiorentina. Soltanto la Roma è coerente: non riesce più a vincere. Un anno fa, di questi tempi, i nerazzurri viaggiavano a punteggio pieno, adesso sono già inciampati con Genoa e Monza. Non risolvono più la situazione sempre e comunque. Inzaghi esce dal campo con lo stesso sguardo perplesso di Motta che però è più bravo a dissimulare. Se cercava una motivazione per non concedersi troppo al turnover potrebbe averla trovata: all’Inter-B mancano ferocia e concretezza dei presunti titolari. Così va in fuga a sorpresa il Napoli dato per finito dopo la partenza horror con il Verona e le puntate infinite del melodramma Osimhen. Il Napoli è primo da solo, l’ottava squadra diversa al vertice del campionato dopo quattro giornate. Quattro gol al Cagliari sono un’esagerazione che non rispecchia la partita, ma i quattro gol segnati dopo il 90’ nelle ultime tre giornate spiegano che il carattere di Conte è già stato trapiantato. Il bello è che l’Udinese dello sconosciuto Runjaic stasera potrebbe superarlo e lo stesso Verona, travolto dalla Juve, raggiungerlo. Difficile, in teoria, giocando in trasferta rispettivamente contro Parma e Lazio. Ma chi si azzarda più a prevedere un risultato, almeno in questa fase della stagione? Alla lunga i valori assoluti emergeranno, come sempre, ma la discontinuità sembra il segno particolare di questo campionato, in linea con le ultime stagioni. In Inghilterra la lotta al vertice è serrata, ma da tempo vince sempre il City. Il Bayern ha ceduto strada al Leverkusen, ma veniva da undici “scudetti” consecutivi. In Spagna è un’eterna partita a due Real-Barça. In Francia c’è solo il Psg, se De Zerbi non s’inventa qualcosa per restituire senso a un torneo assegnato prima di cominciare. Invece negli ultimi cinque anni la Serie A ha sempre cambiato padrone: Juve, Inter, Milan, Napoli, Inter. Sotto a chi tocca nel 2025. Le novità sembrano anche strutturali: sembrava, per esempio, che il fattore campo e la media inglese fossero ormai concetti pensionabili e invece i successi fuori casa sono fin qui soltanto sette. Si avvertono sintomi di pareggite di ritorno, per fortuna senza risparmiare sullo spettacolo. Non c’è logica. L’Inter calpesta l’Atalanta (in emergenza, va detto) e poi esita. La Juve sembra il Bologna dell’anno scorso e poi ritorna Juve. Il Milan, beh, il Milan farà meglio a tenersi stretti i punti e il morale guadagnati con il Venezia, dimenticando tutto il resto, perché c’è la sensazione della grande illusione (come per la Juve dopo il Como). E lassù resiste il Torino che fa un passo indietro nel gioco ma non nella solidità di squadra pronta a confermarsi nella parte alta della classifica. La prossima giornata non ci sono soltanto Juve-Napoli e Inter-Milan, che qualche verità dovranno rivelarla, magari sotto tortura, con in mezzo la Champions che non mente mai. Presto per parlare di zona retrocessione, anche se è chiaro che Como e Venezia qualcosa devono registrare. In bassa classifica restano le immagini pietose dei petardi lanciati in campo a Cagliari. Qualunque spettatore normale, giornalisti compresi, affronta vari controlli e apre lo zaino per mostrare se, tra un panino e un pc, ci sia per caso un ordigno. In curva entra impunemente un arsenale da guerra, come se prima fosse stato smaterializzato o atomizzato. Ma davvero non ci sono connivenze e responsabilità a tutti i livelli all’entrata degli stadi?
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Che altalena in vetta, nemmeno l'Inter si sente al sicuro
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