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Calcio

Da Sheva e Bonimba a Spalletti e De Rossi: tutti i nuovi ingressi nella Hall of Fame del calcio

Andrea Ramazzotti
Da Sheva e Bonimba a Spalletti e De Rossi: tutti i nuovi ingressi nella Hall of Fame del calcioN/A
Il riconoscimento anche per Braida, Giacinti, Di Bartolomei, D’Amico e Scopigno. Il presidente Figc Gravina: "Sono degli esempi". Buffon: "Per avere un bel futuro bisogna conoscere il passato e avere senso di appartenenza"

Daniele De Rossi, Luciano Spalletti, Andriy Shevchenko, Ariedo Braida, Roberto Boninsegna, Valentina Giacinti, Agostino Di Bartolomei, Vincenzo D’Amico e Manlio Scopigno sono entrati oggi nella "Hall of Fame del calcio italiano". Un grande riconoscimento alla loro carriera celebrato anche dal presidente della Figc, Gabriele Gravina, che ha spiegato: "È un motivo di grande orgoglio l'ingresso nella Hall of Fame di questi protagonisti del calcio italiano, professionisti che hanno segnato il nostro calcio. Entreranno nella memoria e nella storia. Sono degli esempi. Il loro esempio va al di fuori del campo da calcio e celebriamo i momenti positivi che loro hanno dato fuori dal campo". Gigi Buffon, 176 presenze in azzurro (record) e attuale ds della Nazionale, ha aggiunto: "Per avere un bel futuro bisogna conoscere il passato e avere un senso di appartenenza è importante". Applausi.  Il primo è essere premiato è stato l'ex centrocampista e allenatore della Roma, Daniele De Rossi, che ha portato al Museo del calcio di Coverciano la sua maglia della prima amichevole disputata nel ciclo Ventura: "Io regalo tutto a mio padre e non ha voluto mollare nessun cimelio importante. In Nazionale, nel Mondiale vinto nel 2006, ho avuto qualche vicissitudine (l'espulsione contro gli Stati Uniti, ndr) e sono stato squalificato. Durante quel periodo ho avuto tempo di allenarmi sui rigori e non potevo sbagliare quello della finale. Lippi sapeva come stimolarci, come farci cuocere nel nostro brodo quando facevamo delle stupidaggini. Era eccezionale nella gestione del gruppo-squadra: ci ha battezzato il primo giorno dicendo che quella sarebbe diventata la nostra seconda squadra di club e gli sarò sempre grato".

De Rossi ha evitato di parlare della Roma, ma una precisazione l'ha fatta: "Non ho mai detto che non tornerò più a Trigoria, dove nella mia vita ho passato più tempo che a casa. L'esonero fa parte del mestiere di allenatore e, come sono tornato a Coverciano, tornerò anche a Trigoria". Poi è stata la volta del ct Luciano Spalletti che ha portato degli scarpini modificati ("Ho aggiunto due tacchetti: quando giocavo io si tirava qualche 'randellata' in più"), un fischietto da capostazione ("Il primo perché dicevo a tutti di andare come treni"), una maglietta celebrativa dello scudetto vinto con il Napoli ("Dietro c'è scritto 'Uomini forti, destini forti'") e il gagliardetto del mio esordio da ct con la Macedonia. "Speriamo che sia l'inizio di una bella avventura che ci porti soddisfazioni e vittorie. Per me è un'emozione essere qui con tanti grandi" ha detto il ct. In platea anche Maldini, Pisilli, Vicario ("Vogliamo toglierci grandi soddisfazioni. Spalletti è bravissimo") e Tonali. Il centrocampista del Newcastle ha spiegato: "Per me De Rossi è un'ispirazione. Tutti lo hanno amato come giocatore e mi ritengo fortunato ad averlo conosciuto in Nazionale. Shevchenko? L'ho visto per la prima volta dalla tribuna a San Siro quando aveva il Pallone d'oro in mano".  Il momento più toccante lo ha regalato Andriy Shevchenko che ha portato le scarpe del suo ultimo Europeo nel 2012 e la replica della maglia del Milan 2006-07 campione d'Europa, una maglia fatta da Fondazione Milan per un progetto di beneficenza. "Il calcio e lo sport hanno un grande valore e una grande forza per aiutare le persone. Costruiscono un ponte di relazioni e sono una sorta di terapia per le persone che soffrono per la guerra. Grazie a Gravina che dà ai bambini ucraini di venire qui a Coverciano".

Sheva ha poi letto una lettera indirizzata al calcio italiano: "Questa è la lettera di un bambino ucraino che sognava di arrivare da te. Ti ho visto da bambino in tv e ho visto i tuoi campioni: Maldini, Baresi, Maradona, Platini, Van Basten, Baggio e Vialli. Sono rimasto impietrito, come di fronte a un'opera d'arte. Vedevo stadi pieni di gente e passione. Eri quasi una religione. Mi sono sentito bene durante il mio primo viaggio da bambino a Roma e da quel momento ho voluto tornare in Italia. Ci sono riuscito grazie al Milan che mi ha fatto sentire subito uno di famiglia. Abbiamo vinto tanto e devo ringraziare la famiglia Berlusconi, Galliani, Braida e la famiglia Maldini. Sono stato milanista dal primo giorno e lo sarò per sempre: grazie a tutti i tifosi del Milan e i milanisti. Grazie a tutta l'Italia per essere vicina all'Ucraina nel momento più difficile della nostra storia. La nostra speranza è quella di esserci per sempre. Italia ti voglio bene". Ovazione. Poi a margine dell'evento Sheva ha parlato di Leao: "Rispondo da ex calciatore che ha lavorato con Lobanovsky: lui  in allenamento faceva giocare noi attaccanti da difensori per farci capire come i movimenti di chi doveva fermarci. Quando la squadra ha bisogno di un aiuto, un attaccante moderno deve aiutare". Chiaro, no?

Fonte: gazzetta.it