Sei giorni fa - lo ricorderete, era domenica - si discuteva molto del sostituto di Fonseca: chi prende il Milan al suo posto se stasera perde il derby? Anche i vertici del club rossonero erano attraversati da pensieri simili, benché adesso (com’è normale) garantiscano di non essere mai stati sfiorati dal dubbio. Oggi, sei giorni e due partite più tardi, il cielo sopra Fonseca è diventato luminoso, splendente. E pulito: se alza gli occhi, Paulo non vede niente e nessuno sopra di sé, nemmeno un avversario. Solo il Torino è lì, accanto a lui; le altre concorrenti (almeno per ora) sono alle spalle. Già, il Milan fino a questo pomeriggio è in testa alla classifica. Poi, chissà: Udinese e Juve possono scavalcarlo oggi, ma non è detto che ci riescano, aspettando domani Torino, Napoli ed Empoli. Il calcio è un mistero buffo: a volte basta un gol, segnato o sbagliato, per scrivere un destino diverso. Mesi di progetti, programmazioni e lavoro possono essere spazzati via da pochi risultati negativi; al contrario è sufficiente una vittoria, quella giusta, per rilanciarti e trasformarti in una specie di mago. Ci sono allenatori che hanno disegnato la storia dopo essere stati a un passo dall’esonero (pensate a Gasperini, che al primo anno all’Atalanta ha salvato la panchina battendo il Crotone in una sfida disperata e poi ha costruito quello che adesso è sotto gli occhi di tutti noi).
È impossibile dire oggi se Fonseca, riemerso da un esonero quasi annunciato, riuscirà a riportare il Milan al successo. Quello che è sicuro è che, in sei giorni, ha creato un mondo rossonero tutto nuovo. Contro il Lecce il Milan ha avuto la lucidità e la freddezza dei forti. Sapeva di non poter mancare la vittoria, perché avrebbe vanificato buona parte degli effetti positivi del successo nel derby. Ha un po’ sofferto in avvio, ma non si è scomposto né si è fatto prendere dall’inquietudine: ha saputo aspettare. E, una volta trovato il varco, ha colpito: tre gol in cinque minuti, partita chiusa. La metamorfosi è quasi incredibile: la squadra meno affidabile del campionato, capace di buttare partite contro avversarie più deboli e di spaccarsi in campo davanti agli occhi del mondo (nessuno ha dimenticato il cooling break ribelle di Leao e Theo), sembra essere diventata matura, adulta, compatta. Potere del derby? Forse. Ma abbiamo la sensazione che dietro tutto questo ci sia anche il lavoro di due calciatori che prima non c’erano e che pesano tantissimo: Fofana ha dato equilibrio tattico, Morata equilibrio mentale. Nessuno dei due è un fuoriclasse, ma entrambi erano indispensabili al Milan per ripartire. Il francese ha portato stabilità in un centrocampo di piedi buoni e di corsa ma anarchico; lo spagnolo è diventato il leader di un gruppo talentuoso però incostante, discontinuo, umorale. Il Milan primo in classifica è l’immagine di un campionato strano, nel quale una squadra che parte malissimo - quella rossonera appunto - può catapultarsi al vertice in sei giorni perché le concorrenti sono incapaci di dare continuità ai loro risultati.
Non a caso la giornata di oggi diventa importantissima per l’Inter e la Juve, che sembravano destinate a costruirsi un duello tutto loro per lo scudetto e invece vivono un brutto periodo. Inzaghi ha conquistato appena un punto nelle ultime due gare, Motta non ha vinto né segnato nelle ultime tre. Le trasferte di Udine e Genova sono complicate, e mentre Simone sembra intenzionato a riaffidarsi alle vecchie certezze (Thuram e Lautaro), Thiago non si stanca mai di percorrere strade diverse (ha annunciato che giocheranno due nuovi titolari, il ragazzino Rouhi e il vecchio Danilo, ma non ancora il costoso Douglas Luiz). È triste che Genoa-Juve si giochi senza pubblico. Come sempre in questi casi, pagano anche i molti, moltissimi tifosi perbene che non c’entrano niente con quanto successo in occasione del derby di Genova. Ma quella spaventosa guerriglia urbana non poteva non generare un segnale, una risposta, un provvedimento.
Fonte: Gazzetta.it