Le regole valevano per tutti, anche per Diego Armando Maradona, o almeno per quella partita. 7 novembre 1990, 31 anni e qualche giorno fa. Il Napoli affrontava lo Spartak Mosca allo stadio Lenin per il ritorno degli ottavi di finale di Coppa Campioni, l'odierna Champions League per chi non lo sapesse.
C'era ansia e impazienti i russi attendevano l'arrivo del Napoli a Mosca, probabilmente per un motivo in particolare: Diego Armando Maradona. Eppure quello era un Napoli forte che aveva da qualche mese conquistato il suo secondo Scudetto della storia, poco però in confronto alla figura del numero 10 azzurro.
Erano anni d'oro per Diego, gli ultimi veri della sua carriera calcistica. La delusione del mondiale perso in finale contro la Germania, in Italia, non era stata ancora smaltita e la voglia di provare nuove esperienze sportive iniziava a farsi sentire.
L'arrivo del Napoli a Mosca
E quando il Napoli atterrò in Russia, l'uomo più atteso non c'era.
"Cosa sarà successo?", si chiesero tutti quelli che, impazienti, attendevano che Maradona scendesse le scalette dall'aereo. Nulla di preoccupante, Diego aveva "soltanto" perso l'aereo della squadra e non era riuscito a recarsi coi suoi compagni a Mosca per la trasferta importantissima.
Ma Maradona voleva esserci e così prese un jet privato per raggiungere il Napoli. All'arrivo riuscì anche a visitare alcuni dei monumeti più importanti della città russa: la Piazza Rossa, il Mausoleo di Lenin e chissà cos'altro.
La decisione di Bigon
All'allenatore del Napoli, tuttavia, non piacque il comportamento di Diego Armando Maradona, a cui la squadra e la società erano soliti perdonare tutto - e non c'è nemmeno da spiegare il perché. Quella volta, però, Bigon non gliela fece passare liscia e lo mandò in panchina per la partita contro lo Spartak.
Il giocatore più forte del mondo, in panchina in un ottavo di finale di Coppa dei Campioni a dir poco decisivo: una decisione pesante che condizionò inevitabilmente la partita in Russia.
La numero 16
All'epoca i numeri delle magliette erano fissi per ruolo, e ogni giocatore non aveva un numero assegnato. Se andavi in panchina non potevi indossare la numero 10, ovvio, e nemmeno per Maradona fu fatta eccezione.
Mentre il "suo numero" fu affidato a Gianfranco Zola, al 10 per eccellenza fu consegnata la maglia numero 16: entrò così Diego e non riuscì a cambiare il risultato di una gara molto complicata che finì ai calci di rigore, in virtù del doppio 0-0 tra andata e ritorno.
Maradona calciò uno dei cinque rigori e lo segnò, ma il Napoli venne eliminato per l'errore di Baroni. Quella fu l'ultima volta che Diego indossò la maglia azzurra in Europa.
Il peso della storia
Il Napoli torna a Mosca per disputare il quinto turno del girone di Europa League. Con una vittoria gli azzurri si qualificherebbero già alla fase successiva, considerando l'altra gara tra Leicester e Legia Varsavia, in cui almeno una delle due squadre dovrà inevitabilmente perdere punti.
Gli azzurri scendono in campo in Russia proprio il giorno prima dell'anniversario della morte di Diego Armando Maradona e siamo sicuri che, arrivati a Mosca, penseranno anche a quel momento, provando ad onorare la figura di un campione e di un uomo che per la città di Napoli continua a significare tanto.