Nella storia dell’Atletico Madrid non esiste allenatore con più panchine: nella storia del calcio, in generale, diventa difficile individuare un personaggio così fedele, tanto legato a un club. Nel suo caso, però, si tratta di un rapporto capace di andare oltre il calcio, oltre la professione: per il suo popolo, Diego Pablo Simeone non è mai stato e non potrà mai essere un semplice allenatore.
Il suo carattere, la sua “garra” per i tifosi dei colchoneros sono una “guida”: in lui si immedesimano andando allo stadio e vivendo la partita come se fossero lì in panchina, a pochi passi da lui. Da anni si parla (si spera) di un suo ritorno in Italia, ma ogniqualvolta si presenta anche solo uno spiraglio il club spagnolo mette a tacere qualsiasi voce con il puntuale rinnovo di contratto: l’ultimo, in ordine cronologico, è stato ufficializzato lo scorso novembre con nuova scadenza fissata al 30 giugno 2027.
Da oggi, altri tre anni insieme: nel calcio moderno, specialmente quando si tratta di un allenatore, un’eternità. Non per il Cholo, all’Atletico dal lontano dicembre 2011.
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Diego Simeone e le due finali di Champions con l'Atletico
Come detto, il tecnico argentino (classe ’70, nato a Buenos Aires) è quello che ha diretto più gare nella storia della società spagnola. Simeone è anche il più vincente con otto titoli: due campionati, una Coppa di Spagna, una Supercoppa spagnola, due Europa League e altrettante Supercoppe europee (inoltre l’Apertura del 2006 e la Clausura del 2008, con Estudiantes e River Plate).
Un palmarès incredibile, considerando che, dal punto di vista economico, mai l’Atletico ha saputo sfidare alla pari le due super potenze, Real e Barcellona. Insomma, questi titoli hanno certamente un peso maggiore. Risultati storici, senza dimenticare le due finali di Champions League perse nel 2014 e nel 2016, entrambe proprio contro il Madrid.
Una doppia tragedia sportiva, il suo volto quando si presentò in conferenza stampa dopo la sconfitta di San Siro raccontava tanto dello stadio d’animo in quel momento: perdere due finali, in particolare contro i (ricchissimi) rivali di sempre, avrebbe steso chiunque. Non il Cholo, che oltre a non mollare (non lasciò l’Atletico Madrid, nonostante quella fase potesse apparire come la fine di un ciclo), ripartì con ricambi generazionali mirati. In vista di altri successi. Come la Liga vinta nella stagione 2020-21, per alcuni aspetti forse più importante di quella conquistata nel 2013-14.
L'esperienza di Simeone al Catania
Prima dell’Atletico Madrid, in panchina in due momenti diversi con il Racing (2006 e 2011), in mezzo Estudiantes, River Plate e San Lorenzo, ma soprattutto Catania: una delle esperienze più sorprendenti della carriera di Simeone in panchina. Il 19 gennaio 2011 tornò in Italia prendendo il posto di Marco Giampaolo e, nonostante un avvio complicato (due sconfitte consecutive contro Parma e Milan, entrambe per 2-0), il percorso fu eccellente.
Fatto anche di record, come nella seconda parte del campionato: salvezza raggiunta con due turni d’anticipo, tredicesimo posto in classifica con 46 punti (24 conquistati dal Cholo in 18 giornate) e record precedente battuto (quello di Sinisa Mihajlovic, che nella stagione precedente chiuse a quota 45). Successivamente, il 1° giugno, firmò la risoluzione del contratto con il Catania facendo ritorno in Argentina, di nuovo al Racing.
Per ora, è l’unica esperienza da allenatore in Serie A: solo il tempo dirà se ci sarà un seguito, magari all’Inter o alla Lazio. Le squadre in cui ha militato da calciatore, le piazze alle quali è tuttora estremamente legato. E il bene, in entrambi i casi, è corrisposto.
Da calciatore: alla Lazio, all'Inter, con l'Argentina
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A Roma ha totalizzato 136 presenze con 18 gol e 10 assist, vincendo molto con quello squadrone guidato da Sven-Goran Eriksson (uno dei suoi maestri): uno Scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una europea.
A Milano meno soddisfazioni, ma tanto amore ricevuto e ricambiato: 85 match ufficiali, 14 reti, 15 assist e la Coppa Uefa alzata al cielo di Parigi nella notte del 6 maggio 1998, proprio contro la Lazio. Negativa la stagione successiva (1998-99, quella dei quattro allenatori), invece tristemente indimenticabile per gli interisti il pomeriggio del 5 maggio 2002, quando la Lazio superò 4-2 i nerazzurri all’Olimpico consegnando, di fatto, il titolo alla Juventus di Marcello Lippi, vincente a Udine.
Scherzo del destino: due dei quattro gol segnati dai biancocelesti furono proprio del Cholo (che scosse la testa, come a dire: “Cosa sto facendo...”) e di Simone Inzaghi, attuale tecnico nerazzurro. Simeone era un centrocampista grintoso, resistente e con un fiato infinito, abilissimo a segnare, specialmente di testa sugli inserimenti: doti che hanno ammirato i tifosi dell’Argentina nelle sue 106 presenze con l’Albiceleste (11 gol). Ha vinto due Coppe America (1991, 1993), la Confederations Cup del 1992 e l’Argento alle Olimpiadi di Atlanta 1996.
E fu lui a indossare la fascia di capitano al Mondiale in Francia nel 1998, eliminato ai quarti di finale contro l’Olanda. Questa è la storia del Cholo: un gigante in campo, altrettanto in panchina. Sarebbe bello (ri)vederlo in Serie A, su una panchina di qualche big: lui stesso non ha mai fatto mistero di voler tornare, un giorno.