È Wembley il vero teatro dei sogni del Manchester United. Davanti a 84.814 tifosi, equamente divisi tra estasiati (la parte rossa) e increduli (quella blu), i Red Devils giocano la partita quasi perfetta, stendono 2-1 il peggior Manchester City della stagione e si prendono dalle mani del Principe William la 13ª FA Cup della loro storia. Un risultato a sorpresa viste le premesse della vigilia, compreso il fatto che il destino di Erik Ten Hag è già segnato, ma ampiamente meritato per lo United: ha colpito nel primo tempo con la sua meglio gioventù, i 19enni Alejandro Garnacho e Kobbie Mainoo (prima volta con due teenager in gol in una finale di Coppa d’Inghilterra), ha controllato la reazione del City nella ripresa. E si è guadagnato un giorno di festa, con una coppa e un posto nella prossima Europa League da celebrare, una bella variante rispetto ai drammi che continuano ad essere di casa a Old Trafford.
Un dramma sportivo lo vive per una volta anche il Manchester City: Guardiola sognava di diventare il primo a fare “double Double”, a vincere campionato e coppa per due anni di fila, ma quell’idea è naufragata in un primo tempo orribile e in una squadra mai vicina ai suoi livelli abituali, in partita solo dall’87’ quando Doku ce l’ha riportata. Lo United per una volta è stato quello che Ten Hag aveva in mente da tutto l’anno: attento in difesa, pronto a colpire in attacco. Merito di Lisandro Martinez, il migliore in campo fino a quando i crampi lo hanno costretto a uscire che con personalità e carattere ha dato sicurezza all’intero difesa (non a caso i Red Devils hanno sofferto dopo che l’argentino è uscito per crampi al 73’). Merito di Garnacho e Mainoo, senza dubbio la certezza che il futuro dei Red Devils è migliore del grigiore attuale: l’argentino sul lato destro dell’attacco ha fatto i danni maggiori, il centrocampista votato uomo partita ha segnato un bel gol e contribuito ad annullare De Bruyne. Lo United ha vissuto su di loro, sull’intelligenza di Bruno Fernandes, sulla voglia di dimostrare che sì, il 2023-24 è stato un disastro, ma in questa squadra ci sono le basi per essere presto migliori, come vuole Ineos (Jim Ratcliffe era in tribuna, seduto davanti ad Alex Ferguson).
Il City non perdeva dal 6 dicembre, da 35 partite in cui, con l’eccezione dei quarti di Champions persi ai rigori col Real Madrid, non era mai andato in difficoltà come nel primo tempo di Wembley. Guardiola per una volta ha sbagliato le scelte, poi non ha trovato il modo di far cambiare marcia alla sua squadra. Si salva solo Doku, pericoloso bene oltre il gol del 2-1, all’87’, hanno deluso tutti i pezzi migliori: Haaland è stato murato da Martinez, De Bruyne per una volta ha spento la lampadina delle idee, Foden ha fatto flop anziché fare la differenza e Gvardiol, il difensore croato migliore dopo l’mvp della Premier in questo finale di stagione, è stato un disastro che assieme al portiere Ortega ha spalancato allo United la porta del primo gol. E del Paradiso.
Lo United passa dopo mezz’ora di studio grazie ad un clamoroso regalo di Gvardiol, che di testa anticipa l’uscita di Ortega al limite dell’area spalancando a Garnacho la via del gol. Il City va in tilt e i Red Devils ne approfittano, con Mainoo che al 39’ fa 2-0 sfruttando un assist intelligente di Bruno Fernandes. Guardiola riparte sotto di due gol, con Akanji e Doku al posto di Ake e Kovacic, e il City prova a svegliarsi: Haaland colpisce una traversa clamorosa al 55’, Onana fa un miracolo su Walker poco dopo. Pep nel frattempo aveva tolto anche De Bruyne, rimpiazzato da Álvarez che dopo 5’ ha già creato e sprecato due ottime occasioni. Il City riapre il match all’87’, quando Doku trova l’angolo giusto per infilare Onana. Gli assalti nel recupero non cambiano la situazione: l’FA Cup è dello United.
Fonte: gazzetta.it