Racconta orgogliosamente di essere sempre fedele a se stesso - nel modo di lavorare, nelle sue idee - ma, insomma, quando un allenatore si ritrova a pochi centimetri dalla ghigliottina è normale provare a cambiare - almeno in parte - la terapia da somministrare alla squadra. La rinascita del Milan passa ovviamente dal lavoro tattico di Fonseca, ma questa è solo una parte della ricostruzione. Dietro le quinte c'è anche un lavoro sulle teste, sull'autostima, sullo spirito collettivo. A pensarci bene, in fondo, anche la novità dei due centravanti ha risvolti che vanno oltre i benefici strettamente di gioco: è un messaggio a tutta la squadra per dirle che occorre coraggio. E averlo fatto nel derby è un moltiplicatore di questo concetto. Anche perché i sistemi di gioco restano scatole vuote se la testa è bloccata. I sussurri di Milanello tra l'altro nelle primissime settimane di Fonseca raccontavano di un allenatore che non stava riuscendo - come si dice in questi casi - a entrare nella testa dei giocatori.
Una sorta di difficoltà empatica, spina piuttosto aguzza da maneggiare con molta cautela. I giorni che hanno condotto al derby sono stati quelli cruciali per svoltare anche sotto questo aspetto. La cronaca riporta una grigliata organizzata dall'allenatore nella giornata di venerdì, antivigilia della stracittadina ed evento che a Milanello viene accolto sempre con particolare entusiasmo. Un'idea che in qualche modo ha rotto gli schemi: chi ricorda iniziative simili a 48 ore da un derby? Ma non è tutto. A "referto" è finita anche una lunga chiacchierata plenaria del tecnico con i suoi ragazzi a metà settimana. Un'ora e mezza di colloquio, praticamente una partita di calcio. E poi la scelta - anche in questo caso forte, particolare, controcorrente - di non mostrare alla squadra video dell'Inter. Obiettivo: focalizzarsi soltanto su se stessi. La prossima frontiera nelle pieghe della mente di Fonseca è la gestione della fascia di capitano, destinata a passare con una certa frequenza di braccio in braccio a seconda dei momenti, delle opportunità e delle esigenze. Significa responsabilizzare. Con il Lecce è toccato a Leao, ma di potenziali capitani in pectore ce ne sono diversi.
Non resta che attendere l'effetto che fa. Pioli amava chiudersi in ufficio con i suoi giocatori per confrontarsi e annusare l'aria che tirava. Fonseca magari preferisce maggiormente le analisi di gruppo, ma anche lui cura parecchio la parte psicologica. Una riflessione ha colpito in particolare alla vigilia del Lecce. Cruda, diretta, quasi spietata per essere stata sillabata pubblicamente pochi giorni dopo il derby: "Siamo ancora lontani dal Milan che ho in mente io. Difensivamente non siamo cresciuti tanto, mi piacerebbe avere altre cose. E anche offensivamente dobbiamo crescere tanto, abbiamo parecchio da migliorare. Parlo del gioco. Con l'Inter abbiamo avuto palla ma solo come momenti di transizione, non di organizzazione. Dobbiamo essere una squadra che domina in avanti, dobbiamo giocare più tempo nella metà campo offensiva". Era un modo, anche, per tenere a bada eventuali eccessi di sicurezza generati dall'adrenalina del derby. Fonseca peraltro non ha fatto che ribadire i concetti espressi il giorno in cui era stato presentato: calcio dominante, fase difensiva correndo in avanti, possesso palla. Tutto questo si è trasformato in una parola sola: quel "coraggio" declinato in tutte le lingue della rosa rossonera e piazzato in ogni angolo dello spogliatoio del Meazza prima della stracittadina. Com'è stata la partita del Diavolo? Coraggiosa, appunto.
Fonte: Gazzetta.it